Roma è una città estremamente provinciale, che di Capitale ha soltanto il titolo ma che nella sua anima più profonda nasconde una mentalità talmente piccola e limitata da far sì che la zavorra involutiva, ormai parte della sua esistenza, non la lasci più. Facendola rimanere inesorabilmente indietro. Chiusa nelle sue convinzioni effimere e bombardata dallo spiccio moralismo di quattro giornaletti insipidi che si divertono a modulare avvenimenti e notizie a seconda dei propri interessi, creando scalpore laddove non serve e lasciando in sordina fatti e misfatti ormai endemici.

Per quanto la masnada di articoli che, descrivendo la sporcizia lasciata dai supporter del Betis in Piazza del Popolo, hanno parlato di “gravi atti di vandalismo” non mi sorprenda, riesce ancora a generare in me rabbia e irritazione. Ipocrisia allo stato puro, che fa leva solo ed esclusivamente sullo stereotipo del tifoso calcistico brutto, sporco e cattivo. Ancor peggio se straniero.

Vorrei sapere da lor signori quali sarebbero stati questi gravi atti di vandalismo? Sono stati sfregiato monumenti? No. Sono stati assaliti negozi con relativi furti? No. Sono state aggredite persone? No. È stato semplicemente lasciato un cumulo d’immondizia in terra. Niente di impossibile per il lavoro della nettezza urbana, che pure dovrebbe essere abituata a situazioni simili essendo al servizio di una metropoli, da sempre teatro di grandi manifestazioni che – come tutti sappiamo – lasciano alle proprie spalle un “naturale” disordine. Se questo fosse il problema negli anni non si sarebbe mai dovuto organizzare la “Notte bianca” e persino un normalissimo sabato sera a Trastevere, Testaccio e Monti dovrebbe divenire fonti di ispirazione per taluni fantasiosi articoli.

Ma soprattutto: in una città che ormai da tanti anni ha un palese problema di smaltimento dei rifiuti, i riflettori vanno puntati davvero sui tifosi spagnoli? La normalità è invece accogliere quotidianamente turisti e romani con nauseabondi miasmi dovuti a sacchetti di spazzatura lasciati marcire ormai anche in diversi angoli del centro storico? Se a qualcuno piace utilizzare a sproposito il termine “vandalizzare” almeno ammetta candidamente che Roma viene ogni giorno vandalizzata, resa pattumiera a cielo aperto e stuprata da incapacità e menefreghismo di chi nella sua gestione vede soltanto una grande mangiatoia.

In una città che lascia i suoi abitanti respirare roghi tossici nelle periferie e che nelle ingenti e annose carenze delle sue aziende municipalizzate – quelle addette quindi allo smaltimento dei rifiuti ma anche al trasporto pubblico – si è talmente incartapecorita da non saper garantire servizi essenziali, il dito va puntato su qualche migliaio di bottiglie lasciate in Piazza del Popolo?

E perché nessuno si permette di porre qualche domanda sulla gestione dei tifosi ospiti? Errare è umano, perseverare è diabolico, verrebbe da dire pensando alle stesse moine lette e sentite qualche anno fa relativamente ai supporter del Feyenoord lasciati a Piazza di Spagna in balia dell’alcol. La prossima volta si potrebbe pensare a un bel rendez-vous tra i corridoi della Galleria Borghese, magari qualcuno riuscirebbe a portar via la statua di Paolina Bonaparte. A mo’ di souvenir. Così poi ci si potrebbe scandalizzare e gridare all’inciviltà. Non di certo prendersi la responsabilità per scelte talmente idiote che farebbero drizzare i capelli anche a un alieno.

Eppure quando si va all’estero – proprio per prevenire qualsiasi genere di problema – si assiste a una vera e propria ghettizzazione dei tifosi. Aree adibite ad hoc da cui non si può uscire, se non nel momento in cui ci si avvia allo stadio. Posto che non mi piacciono e che anche in veste di tifoso ho sempre cercato di evitare le fan zone per muovermi liberamente all’interno delle città, è chiaro che la maggior parte dei convenuti ne prende comunque parte. Tra l’altro spesso e volentieri i tifosi stranieri in trasferta a Roma vengono concentrati nella zona di Villa Borghese, potendo contare su molto più spazio e molte meno cose “danneggiabili”. Anche se – ripeto – devo ancora capire, nella fattispecie, cosa sarebbe stato danneggiato rispetto a un normale sabato sera in una delle tante piazze romane.

Fatta questa dovuta premessa mi preme parlare anche della sfida sugli spalti, una volta tanto interessante e accesa anche in campo europeo. Sono quattromila gli aficionados del Betis giunti nella Capitale al seguito di un club che – assieme ai concittadini del Siviglia – può vantare una delle migliori tifoserie organizzate di Spagna. In terra iberica il movimento ultras non ha mai raggiunto picchi sensazionali, questo va detto, tuttavia ci sono alcune eccezioni che risultano alquanto godibili. Pur con tutti i loro limiti.

Quando faccio il mio ingresso sulle gradinate dell’Olimpico i biancoverdi sono già intenti a realizzare una sciarpata. Come da loro tradizione quasi tutti indossano maglie con i colori sociali e questo restituisce davvero un bell’impatto visivo. Gli ottimi numeri portati a Roma e il palpabile entusiasmo fanno sì che sin da subito si verifichino schermaglie con i vicini tifosi romanisti della Curva Nord. Addirittura uno dei primi cori partiti dal settore ospiti è un “Roma, Roma, vaff…”.

Ora, proprio in virtù del modo di essere ultras in Spagna, la loro prestazione canora sarà sicuramente buona e rumorosa (bello rivedere materiale pirotecnico in uno stadio italiano), ma non certo intensa e granitica come quelle viste in passato da parte dei ragazzi di Spalato, dell’Olympiakos, del Panathinaikos o di altre realtà che possono vantare una tradizione ultras radicale e ormai ultra decennale. Soprattutto nel secondo tempo i sivigliani dedicheranno più tempo a folkloristici teatrini con la Nord che a sostenere la propria squadra. Diciamo che a livello di rumore e “caciara” sono ampiamente promossi, in fatto di approccio alle gradinate sembra esserci parecchio da rivedere.

Comunque su di loro mi soffermerò in occasione della gara di ritorno, quando avrò avuto opportunità di averli visti sia in casa che in trasferta. Tuttavia Gol Sur 1907 rappresenta uno dei nomi più attivi e rispettati in ambito nazionale e malgrado l’eccessiva boria si carpisce che dietro le pezze biancoverdi esiste un rispettabilissimo germoglio ultras. Va anche ricordato che fare vita da stadio in Spagna è tutt’altro che facile a causa di una repressione oculata e un servizio d’ordine garantito dalla Guardia Civil, celebre per essere tra le forze pubbliche più cruente e spietate d’Europa.

Di contro c’è uno stadio Olimpico su cui oggi voglio “ragionare” nel senso più ampio del termine. Il pubblico italiano all’estero porta con sé ancora una nomea di passione sconfinata, calda e assidua. Cosa che in parte è vera, innegabile. Sia chiaro. Se poi parliamo di Roma – sponda giallorossa – siamo all’ennesimo sold out, per una piazza a cui le si può contestare poco in termini di attaccamento e seguito. Ma se vogliamo essere un attimo più obiettivi e critici, va detto che al pubblico italiano nel suo complesso da qualche anno manca un po’ la cattiveria. E qua non si parla di ultras, ma di tifosi in generale.

Spesso e volentieri capita di andare in stadi esteri, in Paesi per giunta “freddi”, e imbattersi in ambienti talmente partecipativi da risultare un tutt’uno con la curva. Questo in Italia – soprattutto se si parla di grandi città e Serie A – ormai è quasi sempre un lontano ricordo. È come se il “veleno” attorno al calcio, la rabbia per una sconfitta, il cuore che si spezza a un gol subito, la gioia immensa a una vittoria e la voglia di partecipare alla contesa sia annacquata da una sorta di indolenza. C’è quasi sempre una zavorra attaccata alle nostre tifoserie, un freno a mano che non le fa esprimere appieno.

E si badi bene, non sto facendo un discorso specifico sui oggi (sebbene la prestazione della Sud sia stata alquanto altalenante). È una constatazione figlia dell’entusiasmo riscontrato nel settore ospiti ma anche in tanti stadi del Vecchio Continente, che mai un tempo avremmo creduto così caldi e passionali.

In campo la Roma dapprima passa in vantaggio con un rigore di Dybala, facendosi però rimontare e battere, con il 2-1 ospite siglato all’88’. Una sconfitta che mette a serio rischio il discorso qualificazione e che costringe ora i giallorossi a non fare più passi falsi nelle ultime tre partite. Cominciando da quella che si disputerà al Benito Villamarin la settimana prossima.

Quando gli spettatori dell’Olimpico defluiscono attoniti la festa è tutta per i supporter ospiti, che ormai sentono a un passo la qualificazione e che sicuramente ricorderanno per lungo tempo questa trasferta. Il freddo pungente è calato attorno allo stadio e tutta l’umidità proveniente dl Tevere rende ancora più fastidioso il cammino verso casa. Tra una settimana saranno i trenta gradi di Siviglia a giocare unr uolo chiave per la stagione romanista.

Simone Meloni