Ho iniziato a scrivere per Sport People che da poco si era insidiata la proprietà americana in Piazzale Dino Viola. Ho raccontato perlopiù le vicissitudini della tifoseria giallorossa in questi anni, non mancando però focus sull’aspetto calcistico/gestionale. Anche perché le due cose sono giocoforza collegate. Almeno per quelli che ancora credono che ultras voglia dire tifare innanzitutto la propria squadra.

In questi anni sulla panchina della Roma si è avvicendato un discreto numero di allenatori, sono cambiate intere rose quasi a ritmo stagionale e gli insuccessi sportivi si sono a dir poco accatastati l’uno sopra l’altro. All’orizzonte però c’è sempre stato il grande sogno americano: quello di una società dall’ego mondiale, dalla fama internazionale. In virtù di questo dream è stato addirittura cambiato il logo eliminando lo storico acronimo ASR in favore della sola parola Roma. Come se la gloria di una squadra calcistica possa passare da ciò. Come se il nome di una città conosciuta pure nell’angolo più sperduto delle Isole Vanuatu abbia bisogno di essere diffuso.

In compenso, forse non volontariamente (mantengo il beneficio del dubbio), al tifoso della Roma è stato chiesto di cambiare. Di imparare il bon-ton, di non essere più il cialtrone di una volta, quello che seguiva la squadra sempre e comunque ma si “permetteva” addirittura di contestarla se non andava bene. Al tifoso della Roma il cambiamento è stato anche imposto da barriere fisiche prima ed economiche poi. Con i prezzi dei biglietti esorbitanti si è andata ad escludere una buona fetta di tifosi “rustici” che magari occupavano saltuariamente le gradinate non comprando gli abbonamenti in luogo dei cosiddetti occasionali. Soprattutto turisti ai quali, giustamente, poco possono interessare le sorti della squadra. Non si possono certo pretendere da loro la rabbia, la passione e gli attacchi di bile.

Ai tifosi della Roma, in particolar modo a quelli che senza nessuna garanzia di successo (anzi!) si sono sobbarcati esosi viaggi in Ucraina, Russia e Bielorussia è stato dato dei “Fottuti idioti” dal proprio presidente. Uno troppo spesso rapido nel parlare. Ovviamente dalla sua comoda postazione d’oltreoceano. Troppo complicato raggiungere con una certa costanza la Penisola e seguire da qua le sorti di un club che anno dopo anno fiacca qualsiasi sogno e qualsiasi speranza dei propri seguaci. Volendo fare una provocazione: ma non è meglio un campionato a salvarsi o addirittura una retrocessione? Almeno hai qualcosa da festeggiare poi. Che sia una salvezza o una promozione.

Ma peggio ancora: chi in questi anni ha amministrato l’AS Roma ha sempre capito poco (quasi niente) dei suoi tifosi. Non ha mai capito che nessuno ha chiesto coppe e trofei. Per conquistarsi la tifoseria bastavano arcigne cavalcate nelle coppe europee, qualche campionato veramente di vertice e magari un paio di Coppe Italia. Nulla di davvero impossibile. Invece quello che non è mai mancato è stata una certa e ingiustificata spocchia tramutata in anonimato e assenza di grinta: i marchi di fabbrica di quasi tutte le squadre scese in campo durante questa gestione.

La vera costante di questi anni è stata una: la mediocrità. E voglio mantenermi solo e soltanto sul campo. Sull’aspetto sportivo. Insuccessi, figuracce, sconfitte cocenti su campi storicamente avversi (oltre alle numerose squadre passate con nonchalance all’Olimpico), derby persi in finale. Per questo nessuno si sorprende stasera quando il Bologna sbanca meritatamente l’Olimpico. Un risultato che va anche stretto ai felsinei. Mentre all’ombra del Colosseo ricominciano i soliti processi, i soliti discorsi. Probabilmente, se l’attuale crisi di risultati continuerà, pagherà l’allenatore mentre come sempre i giocatori rimarranno al loro posto. E, cosa ancor più triste, in caso di rush finale con raggiungimento del quarto posto alla piazza verrà fatto credere che si tratti di un traguardo da festeggiare.

Perdonatemi, forse sarò rimasto troppo indietro io, ma da tifoso festeggio le vittorie della mia squadra e sono soddisfatto dopo averla vista sudare la maglia anche non vincendo nulla. Di sicuro me ne guardo bene dall’esultare per un piazzamento che giova al club solo a livello prettamente economico. Nelle bacheche e nei palmares, così come nei libri di storia del calcio e nei momenti indimenticabili, non ci vanno le qualificazioni in Champions League!

Per quanto riguarda il tifo: nell’insolito e ormai incommentabile anticipo del venerdì l’Olimpico presenta una buona cornice di pubblico. La Sud si mette in mostra con una discreta prestazione. Da segnalare striscioni e cori di solidarietà per alcune diffide piovute di recente e legate all’amichevole disputata a Perugia in estate. Da Bologna il solito manipolo di tifosi che durante il match fa il suo esultando per l’importante successo.

Simone Meloni