In una Serie A sempre più piatta e priva della sua spinta folkloristica che per decenni l’ha messa sul piedistallo europeo per seguito e passione, la sfida tra giallorossi e viola rappresenta sempre una felice eccezione. Grazie a due tifoserie che storicamente fanno dell’esibizione dei propri colori e del tifo passionale un marchio di fabbrica. Inoltre quest’anno, quella tra Roma e Fiorentina è una partita importante anche per la classifica, in chiave europea. Non a caso in riva all’Arno sono stati venduti circa 1.300 biglietti, con l’Olimpico che di contro si presenta sold out. In settimana la Sud ha emanato un comunicato invitando tutti i romanisti a riportare con loro le bandiere cucite, comprate e realizzate per il match europeo contro l’Athletic Bilbao, in modo da colorare al meglio lo stadio, nella maniera più antica e semplice possibile. Così già diversi minuti prima del fischio d’inizio, la curva (come anche buona parte degli altri settori) offre un gran colpo d’occhio, scaldando i motori già durante il prepartita. Quando partono le note di “Roma, Roma, Roma” migliaia di bandiere si levano al cielo, con la Tevere che offre anche una bella fumogenata giallorossa. Per densità, forse, l’effetto non è quello – impareggiabile – ottenuto in Europa League, ma resta comunque un impatto notevole, che conferma ancora una volta un mio pensiero: bandiere, sciarpe, torce e fumogeni sono le scenografie immortali, che quasi sempre battono l’esigenza odierna di mettere in scena spettacoli mastodontici ma poco reali, poco veraci. Gli strumenti eterni, popolari e basici del tifoso di calcio non moriranno mai e vanno oltre qualsiasi estetica dell’apparire.
Proprio mentre le note dell’inno romanista stanno scemando, i gruppi della Fiesole fanno il loro ingresso nel settore ospiti, richiamando l’attenzione dei dirimpettai con cui scambiano subito diverse invettive. Si tratta di una rivalità antica, che negli anni ha conosciuto importanti momenti di tensione – soprattutto a Firenze – e che contrappone due modi viscerali di vivere il calcio. Come mi è spesso capitato di dire negli ultimi anni, questa generazione di ultras viola ha avuto il grande merito di riportare a grandi livelli la tifoseria fiorentina sotto ogni aspetto: azioni, tifo, presenza e linea di pensiero. Basta dare un’occhiata alle movenze dei presenti per intuire il lavoro fatto e capire come – malgrado la recente valanga di diffide – il ricambio generazionale della Fiesole sia inesorabilmente subordinato alla visione collettiva che gli ultras toscani hanno attualmente della curva e dell’essere ultras. Sta di fato che da un punto di visita prettamente canoro, assieme ai doriani, sono senza dubbio i migliori visti all’Olimpico: manate compatte, voce sempre in alto, bandieroni incessantemente sventolati e una sciarpata nel finale. Ben al di sopra della media a essere onesti.
Su fronte casalingo la Sud si produce in una buona performance, aiutata anche dalle varie entità ultras sparse tra Tribuna Tevere e Curva Nord, dove l’attività del gruppo lato ospiti aiuta sempre a rendere vivo un settore tradizionalmente più mite (ma in passato protagonista di “guerriglie” con le tifoserie avversarie). In campo i padroni di casa la spuntano per 1-0, grazie al gol realizzato da Dobvyk allo scadere del primo tempo. Un successo fondamentale in chiave europea, che rischia di tagliar fuori proprio la compagine toscana. Nel post partita la scena è tutta per Edoardo Bove, che già durante il match era stato oggetto di striscioni da parte di curva e Tevere. L’ex giocatore romanista, sfortunato protagonista della vicenda che lo ha visto accasciarsi al suolo durante la sfida con l’Inter, trattiene a stento le lacrime, portandosi sotto la Sud e salutando quello che per diversi anni è stato il suo pubblico. Sicuramente una scena umana poco congrua a questo calcio, che ci restituisce ancora una volta quel lato emozionale prodotto e “difeso” dai tifosi. Finisce dunque tra gli applausi dell’Olimpico, con il sole che ancora bacia flebilmente la Capitale, testimone di una primavera ormai ampiamente inoltrata e di un campionato che sta volgendo al termine.
Simone Meloni























































































