Va detta una cosa, scanso equivoci: personalmente ritengo che il tifoso abbia sempre e comunque il diritto di esprimere il proprio parere attraverso le più differenti forme esistenti. Che siano striscioni, cori o fischi poco importa.

Si è voluto impacchettare il supporter calciofilo in uno stretto recinto per bestie, additarlo come cliente e trattarlo un po’ come l’uno e un po’ come l’altro. All’evenienza.

Si fa troppo spesso un utilizzo distorto dell’ambiente da stadio. Serve per giustificare debacle sportive o scelte sbagliate. Serve per avere sempre e comunque un salvagente a cui attaccarsi in caso di naufragio.

Quante volte – anche chi non è di queste parti – avete sentito parlare del famigerato “ambiente romano”? Quante volte con questa terminologia vi hanno impressionato, facendo passare il messaggio che all’ombra del Colosseo non solo non è possibile fare calcio, ma è addirittura controproducente? Già, poi tralasciamo il fatto che molto di quelli che sbandierano queste sciocchezze sono gli stessi pronti ad elogiare proprio i tifosi per una coreografia o un pienone allo stadio pur in situazioni negative.

Ieri sera i tifosi della Roma hanno fischiato alcuni dirigenti, inquadrati dalle telecamere nel pre partita. Non è stato un caso isolato e non riguardava solo la Curva Sud. Una reazione spontanea, dopo un inizio difficoltoso e, soprattutto, dopo il susseguirsi quasi scientifico e sistematico di veri e propri cali (a volte crolli) tecnici/mentali in questi ultimi anni. Stagioni in cui i giallorossi hanno senza dubbio sempre tenuto un buon tenore in campionato, ma dove (forse a qualcuno sfugge) oltre a non riuscire mai a vincere nulla, si sono dovuti spesso “cibare” di dichiarazioni trionfalistiche declinate al futuro, o prese di posizione fin troppo tronfie di presunzione.

Se un anno dici ai tifosi che diventeranno la regina d’Europa e l’altro che a fine stagione si ritroveranno al Circo Massimo per festeggiare, ma poi non solo non succede né l’uno e né l’altro, ma si fa mediamente difficoltà ad ultimare il percorso in Coppa Italia, può essere legittimo che gli stessi siano leggermente irritati? Se dopo aver disputato una semifinale di Champions League ed aver dunque “alzato l’asticella”, vendi buona parte della squadra che avresti dovuto puntellare e in cinque partite racimoli cinque punti, il tifoso avrà il diritto di non apprezzare queste scelte? Tifoso che, a prescindere dai malumori, c’è sempre. Ed anche in maniera cospicua. Checché ne dicano i tanti detrattori.

Contestare non è un reato, né un abominio. Ma un qualcosa di assolutamente legittimo (soprattutto finché rimane nei binari della civiltà). Se c’è, invece, chi vorrebbe accentrare l’opinione, chi vorrebbe dei soldatini ammaestrati e delle menti omologate, credo che debba farsene una ragione. Nella società di tutti i giorni siamo costretti a chinare la testa troppo spesso, accettando accordi e patti spesso e volentieri a nostro scapito. Se neanche per il calcio è possibile dissentire, allora giocatevelo a porte chiuse o con i teloni raffiguranti gli spettatori finti. Almeno quelli vi daranno sempre ragione!

Parlo raramente di calcio ed affini. Lo lascio fare ad altri. Più bravi e preparati di me. Però una cosa la voglio evidenziare: se il problema di queste ore è il libro di Francesco Totti, con le “accuse” a Franco Baldini e Luciano Spalletti – rei di aver spinto per il suo ritiro – penso che storcere il naso sia normale non solo per un tifoso della Roma, ma anche per il semplice amante del pallone.

Sarebbe ora di vedere le cose in maniera retta, anche con un certa obiettività se possibile. Il football ormai sarà anche solo business e plusvelenze, ma quando chiamate a raccolta i tifosi nei momenti cruciali, ricordatevi che gli stessi meriterebbero la conservazione di una piccola percentuale di quel romanticismo che li ha fatti avvicinare al calcio e allo stadio. Quando gli chiedete 35/40 Euro per una curva, pensate che una loro reazione rabbiosa in caso di tracollo ci può anche stare. Anche perché a Roma “reazione rabbiosa” non ha mai fatto rima con “stadio deserto”. Anzi, l’esatto contrario.

Totti, di cui spesso nella mia vita non ho condiviso i modi di fare o i silenzi in determinate situazioni, non potrà mai essere definito “un peso”. Soprattutto a Roma. Evidentemente qualcuno ha dimenticato le stagioni in cui senza i suoi 14/15 gol d’ordinanza la squadra sarebbe arrivata ampiamente nella parte destra della classifica. Oppure dà fastidio che oggigiorno, appesi gli scarpini al chiodo, sembri l’unico a volersi prendere la responsabilità di non illudere la gente che per oltre vent’anni l’ha seguito e osannato.

Concludo questo discorso: in tanti ricorderanno un “celebre” Roma-Slovan Bratislava di qualche anno fa. Stadio pieno e figuraccia in eurovisione contro una squadra non certo eccelsa che riuscì ad eliminare i capitolini ai preliminari di Europa League. Totti fuori, dentro Okaka. “È pigro”. Così lo definì un celebre personaggio, forse dimissionario (anche se sembrano più dimissioni di facciata). Dopo tanti anni mi viene spontanea una domanda: era pigro Totti o fu ambigua la presentazione di un dirigente che, al suo ritorno in società, affermò: “Perché sono tornato? Me lo sto chiedendo da qualche mese anche io”.

Ordunque, esaurita la “maleducata” bordata di fischi nel prepartita, l’Olimpico si prepara ad accogliere la squadra con l’intenzione comunque di spronarla e sostenerla.

È la prima partita giocata in casa dopo la morte dello storico massaggiatore Giorgio Rossi, che viene ricordato con un paio di striscioni dalla Sud. Serata di commemorazioni anche per Federico Aldrovandi, con i Fedayn che espongono sulla loro vetrata soltanto la pezza raffigurante la faccia del giovane ragazzo ferrarese, ucciso da alcuni agenti della polizia esattamente tredici anni fa.

Come sempre l’ingresso in campo è salutato dalla bella sbandierata della Sud, in mezzo a cui fa capolino anche una torcia. Salutare e ben augurante di questi tempi.

Per i 90′ il settore popolare romanista offrirà una prova luci e ombre. Diciamocelo chiaramente: si può fare molto meglio, come dimostrano i cori eseguiti tutti assieme. So che nell’Italia curvaiola ormai conta molto il genere di partita, l’umore dei tifosi e il momento della squadra. Ma continuo a ritenere queste motivazioni alquanto superflue. E un potenziale come quello della Sud andrebbe sempre e comunque sfruttato. L’esito del campo, con i giallorossi in vantaggio per 3-0 dopo 35′ e un Frosinone incapace di reagire, fa sì che nei restanti 60′ si giochi una sorta di amichevole. E questo, effettivamente, non invoglia l’ardore dei tifosi a venire a galla.

Quello che però voglio sottolineare sono i troppi spazi vuoti presenti in Sud. Ok il limite di capienza, ok i tanti posti non venduti appositamente, ma in serate come queste è palese che più di qualcuno opti per non uscire da casa e lasciare il proprio abbonamento nel portafoglio. E – passatemi il giudizio personale – la cosa è assai mortificante se si pensa ai tanti che non sono riusciti a trovare un titolo stagionale a causa del sold out e soprattutto allo spirito di presenza assolutistica che dovrebbe irrorare un settore come la Sud.

Voltando lo sguardo alla mia sinistra ci sono invece i circa 800 tifosi del Frosinone giunti a Roma per la seconda volta in meno di un mese. Anche qui voglio partire da subito con una critica (sebbene non indirizzata ai presenti). Per quanto si giocasse in infrasettimanale, il loro numero mi è parso francamente esiguo. La distanza tra le due città è alquanto irrisoria e per questa partita la Roma ha anche imposto dei prezzi decenti (settore ospiti a 25 Euro). Quello numerico è forse il difetto maggiore per la tifoseria ciociara in trasferta. Non saprei dire di cosa è figlio (imborghesimento? Scoraggiamento di fronte a una squadra sinora impalpabile?) e quali motivazioni adducano molti a non seguire il Leone lontano da casa, ma posso tranquillamente dire che questo è un trend che ha trovato riscontro soprattutto negli anni post tessera. Non a caso ricordo sempre buone presenze negli anni duemila (periodo in cui posso esercitare la mia memoria).

Di contro c’è da dire che chi ha deciso di sobbarcarsi il viaggio nella Capitale ha onorato al meglio la presenza. I giallazzurri hanno cantato dal primo all’ultimo minuto, realizzando un paio di belle sciarpate e finendo con un goliardico “E tanto già lo so che l’anno prossimo gioco di sabato”. Un coro che la dice lunga sulla percezione sportiva che in questo momento vige a Frosinone, dove tuttavia la Nord non sembra voler cadere nella facile tentazione di voltare le spalle alla squadra. Anche in questo caso potrei ricollegarmi ad alcuni passaggi precedenti, asserendo con fermezza quanto sovente solo i tifosi credano in determinate “guerre” e non si lascino vincere dal passare degli eventi che inesorabilmente volge a loro sfavore.

In campo finisce 4-0, con Kolarov che nella ripresa sigla il poker.

Simone Meloni