Il vero punto cardine di questa Roma stars and stripes è quello di saper sorprendere laddove nessuno potrebbe mai credere. Sia sportivamente che a livello di ambiente e attaccamento alle tradizioni, di fatto, le storture e le delusioni per il popolo romanista – almeno per quello ancora attaccato alle proprie radici e modo d’essere – si sono succedute di anno in anno. Sarebbe persino pleonastico star qui a rimettere in piedi un elenco trito e ritrito, che va dal cambiamento dello storico stemma, passa per l’allucinante rincaro dei biglietti casalinghi e finisce (col botto) con l’assurda e insensata cessione dell’ultimo uomo simbolo di questo club: Daniele De Rossi.

Eppure, per non farsi mancare nulla, si cerca sempre un nuovo mattoncino da mettere in quel muro che anno dopo anno ha separato corposamente e ineluttabilmente gran parte del pubblico (almeno quello “stadiarolo”) e la società.

L’ultimo “colpo di genio” è il “copia e incolla” di quanto avviene allo Juventus Stadium durante la presentazione delle formazioni. Giochi di luce, buio alternato a faretti sparati a casa e tutto un bel pacchetto in stile Football Americano. Mentre durante l’inno, durante il classico “Roma, Roma, Roma”, si è ben pensato di oscurare totalmente l’Olimpico. Uccidendo praticamente la festa di colori, sciarpe e bandieroni per cui il pubblico capitolino è famoso in Italia e non solo. Non hanno oscurato solo la Curva Sud, ma tutti i tifosi romanisti che in quel momento decidono di alzare una sciarpa. Come avviene da decenni.

Chissà se chi ha preso questa somma decisione ha pensato a quanto i presenti potessero gradire (ma dubito, i supporter non sono stati interpellati prima di sfregiare lo stemma storico, figuriamoci in questo caso). Chissà se questo fine esteta ha mai messo piede in uno stadio di calcio, conoscendone minimamente le dinamiche e sapendo – ad esempio – che uno dei piatti forti delle curve nostrane sono le coreografie realizzate a inizio partita. Ci sarebbe da ridere (se non venisse prima voglia di abbandonare baracca e burattini) nel pensare a una coregrafia (con la classica settimana di lavoro per realizzarla) oscurata dal gioco di luci.

A quando i cartoncini poggiati sui seggiolini di ogni settore e la scenografia realizzata da qualche “capoccione” istituzionale? Magari prima possiamo fare un bel party con drink e pop-corn. Ma solo per chi acquista le prevendite dai gentili P.R. posti attorno al perimetro dell’impianto.

Che poi, passatemi la battuta di parte, ma se allo Juventus Stadium l’alternarsi psichedelico dei faretti bianchi e neri ben si confà ai colori del club sabauda, perché a Roma si dovrebbero deliberatamente uccidere due tonalità cromatiche accese come l’oro e il rosso pompeiano in luogo del buio e della luce da Disco Dance anni’80?

Ma soprattutto: perché scimmiottare tutto ciò? Se si emulasse la Juventus nella gestione sportiva nessuno potrebbe proferire verbo, essendo di gran lunga l’unico modello vincente in Italia. Ma in tutto il resto una piazza come Roma cosa dovrebbe avere da copiare a una società ormai divenuta il nonplusultra del cosiddetto calcio moderno? Una società che perlopiù non ha un bacino di tifosi legati alla propria terra, ma uno stuolo di clienti interessati a comprare il pacchetto (luci comprese). C’è possibilità che non si compia, per una volta, un passo avverso alle usanze e tradizioni dei tifosi?

Non si chiede una campagna acquisti faraonica, magari con due centrali di ruolo che evitino alla gente di recarsi allo stadio col pallottoliere (l’Italia pallonara, alla fine, è celebre per il catenaccio e l’accortezza difensiva. Ma qualcuno, forse troppo impegnato nell’allestimento dei faretti e nel gioco di luci, se lo è completamente dimenticato credendo di essere nel campionato paraguaiano). E non si chiedono manco trofei e vittorie schiaccianti (anche perché, con questo registro intrapreso ormai da quasi dieci anni, l’Olimpico dovrebbe essere deserto). Ma almeno l’identità, quel poco che resta, può essere lasciata là in pace?

Almeno una sciarpata, una sbandierata, pure qualche fumogeno furtivo, le coreografie e il prepartita li potete lasciare come sono sempre stati? Non bastano gli ostacoli interposti dalla repressione, le urla gallinacee dello speaker a ogni gol e tutte quelle inutili, ridondanti e stucchevoli clip video fatte passare già quaranta minuti prima del fischio d’inizio affossando e azzittendo i classici cori da prepartita? Almeno una volta l’unica voce che proveniva dagli altoparlanti era, di tanto in tanto, quella degli sponsor. Vi prego, ridateci la concessionaria “Rosati Lancia” e “Rubei Moto”! E, se vi ci scappa, ridateci pure quei begli sfottò con il settore ospiti!

Ma dubito che qualcuno ascolti tali istanze. L’unica coerenza avuta in questi anni è stata quella di abbattere, sistematicamente, ogni totem che rappresentasse la romanità, il romanismo e il folklore di una tifoseria celebre per il suo modo di essere. Di una squadra che molti conoscono per il proprio pubblico. Non certo per un palmares scarno e ormai da troppo tempo in attesa di essere rimpinguato.

Che poi, se non avessi dovuto attaccare tutto questo pistolotto, sarebbe stato pure interessante parlare di questo Roma-Genoa sugli spalti. Con una Sud tutto sommato in buona forma, soprattutto nel primo tempo, e i tifosi ospiti autori di un’ottima performance. Ma ci sono casi in cui simili scempi vanno sottolineati e rimarcati. Mica per niente, ma è sempre un po’ antipatico tentare di oscurare qualcosa o qualcuno. Ma soprattutto è sgradevole pensare che in un mondo, quello del calcio e degli stadi, si pensi anche lontanamente che un imbarazzante e pagliaccesco gioco di luci possa essere più bello, interessante e calamitante dello show creato spontaneamente da migliaia di donne, uomini, ragazzi e ragazze.

Com’è la storia che la Lega di tanto in tanto ci propina con le sue pubblicità “regresso”? Tipo quella con cui da qualche tempo si vuol combattere la pirateria perché “uccide il calcio”. Ecco, giusto per darvi un’informazione: se “il calcio è di chi lo ama” – sempre seguendo i vostri idioti slogan – sono proprio queste le corbellerie (e sono educato) che lo uccidono.

Se poi l’obiettivo è vendere biglietti a gitanti, turisti e neofiti del calcio…beh, complimenti. Ci state riuscendo. Vi consiglio comunque di migliorare quello squallido spettacolo che si vede in campo da qualche anno. Là sì che servirebbe davvero oscurare gli stadi…

Testo Simone Meloni

Foto Cinzia LMR