La deontologia, l’informazione…e altre baggianate simili!

Di tanto in tanto bisogna mettere i punti sulle “i” riguardo al lavoro di noti giornalisti. Che con inesattezze, colate di sterco e comportamenti poco deontologici hanno costruito la propria carriera e i propri successi. Va fatto, mica perché serve a cambiare qualcosa, ma per ricordar loro chi sono, da dove vengono e quanto siano invisi alle persone dotate di un briciolo di cervello.

L’occasione adatta è l’articolo del sommo Paolo Berizzi di Repubblica che – partendo da una scazzottata avvenuta nella Nord milanese la scorsa settimana – ha ben pensato di tracciare il suo solito, patetico e visionario quadretto sul mondo delle curve, sui suoi legami con la malavita, sugli intrecci con la politica e su fantomatiche “scalate” al vertice. Per farlo ovviamente si è servito dei classici stereotipi su cui taluni giornalisti fanno leva e, soprattutto, su vere e proprie menzogne nella descrizione di determinati ambienti.

Ancor prima di iniziare qualsiasi analisi, la domanda che sorge spontanea è: come può un giornalista di Repubblica (uno dei quotidiani più letti in Italia) realizzare uno pseudo approfondimento infarcendolo di stupidaggini, senza un minimo lavoro d’informazione antecedente?

Del resto un’idea sulla sua credibilità e professionalità la avemmo già a ridosso dei mondiali 2006, quando ci offrì un delizioso resoconto di un’immaginaria riunione nazista svoltasi in Germania, a Branau, a cui – secondo il Berizzi – parteciparono anche i notoriamente nazistissimi ultras del Marsiglia e del Bayern Monaco (sic!). Lo scritto si rivelò poi il riadattamento fantasioso di un pezzo che parlava di naziskin su una rivista tedesca. Com’è triste mentire e sparlare nell’era di internet, quando prima o poi la verità viene sempre a galla!

Non pago delle sue imprese, in questa occasione il nostro eroe ha ben pensato di prendere di mira alcuni gruppi della Sud. Facendosi ovviamente altri clamorosi autogol. Nella fattispecie, scrivendo un articolo su gruppi ultras che svolgono la propria attività come azienda o S.p.a., ha ben pensato di ficcarci in mezzo i Fedayn, che da sempre hanno fatto del “no profit” una loro bandiera. Per non far torto a nessuno ha poi messo un paio di nomi et voilà, il “capolavoro” è stato servito!

Per non parlare del passaggio in cui descrive Giuliano Castellino come capo di Ultimo Baluardo (cosa chiaramente non vera). L’utilizzo spasmodico del “folk devil” per accalappiare l’interesse del lettore. Soprattutto di un lettore privo di qualsiasi domanda insita e senso critico. Un’accozzaglia di luoghi comuni e inesattezze da far venire i brividi. Berizzi, Berizzi… ma prima di scrivere ti vuoi almeno vedere quattro foto in croce per capire di cosa stai parlando? Oppure chissà, lo fai apposta. Magari da ragazzo hai preso qualche scappellotto in curva e negli anni hai voluto vendicarti esattamente come quel Giudice nella canzone di Fabrizio De André.

Ah, ultima cosa. Visto che nel “sublime” articolo si parla di metodi mafiosi e biglietti estorti alle società, invito il Berizzi a tirar fuori inchieste o condanne che riguardano tagliandi passati impropriamente dal club giallorosso alle mani degli ultras. Purtroppo questi personaggi difficilmente accettano il contraddittorio, conoscendo la loro malafede. Tuttavia sarebbe bellissima una tavolata con lui, Fulvio Bianchi e altri esimi personaggi del mondo editoriale che in questi anni si sono sperticati nello scrivere scemenze e cattiverie sul tifo organizzato senza conoscerne minimamente la storia, gli usi e i costumi. Se questo è fare informazione, allora penso che tutti possiamo aspirare a diventare giornalisti d’assalto!

Funziona così. Le curve sono diventate aziende, o spa. E le aziende e le spa si scalano. E siccome i criminali hanno metodo, lo fanno meglio di chiunque altro. E non smettono. Ogni curva ha un amministratore delegato (il capo che comanda), un cda (il “direttivo” che ratifica), dei dirigenti (i colonnelli del leader). E i dipendenti: spesso inconsapevoli. Questi ultimi, gli ultrà “normali”, sono gli “operai”, la manovalanza. I “signori del tifo” sono anche picchiatori, perché in curva il potere si conquista pestando, col metodo squadrista. Non è un caso che l’ultradestra spadroneggi. Spietati nel regolare conti, abilissimi nel farli. Specializzati, oltre che nel controllo militare degli spalti, anche nel ricattare le società: l’affare più lucroso – come testimoniano gli arresti di Torino -, più della gestione del merchandising e delle trasferte, sono ancora i biglietti “pretesi”. Un business che sopravvive al biglietto nominativo”.

Ammesso che in alcuni casi queste situazioni sussistano veramente, il dovere di chi fa informazione sarebbe anche e soprattutto quello di creare dei distinguo, indagare la realtà dei fatti, comprendere dove sta il “bene” e dove il “male”. Troppo facile così. Come dire che siccome molti mafiosi sono di origine siciliana allora tutti i siciliani sono mafiosi!

La partita

18.000 sono i tagliandi staccati per questa sfida. Una cifra sicuramente non impressionante se si pensa alla serata ancora mite e all’esordio europeo per i giallorossi. Eppure, a fronte di un distacco ormai annoso dei tifosi dallo stadio, permane la piaga del caro prezzi. Un settore popolare quest’oggi costava la bellezza di 25 Euro, mentre un Distinto 35. Chi se la sente di dire che con questi prezzi dimezzati allo stadio non ci sarebbero stati almeno 35/40.000 spettatori? Basta guardare i numeri del primo turno di Coppa Italia dello scorso anno, quando all’Olimpico arrivò l’Entella. Una sfida tutt’altro che fascinosa a cui però parteciparono in 22.000. Costo delle curve? 10 Euro intero, 5 per gli abbonati!

Il caro biglietti fa la differenza eccome. E in partite come queste è davvero ingiustificato mantenere determinati prezzi. Sembra quasi che si voglia tenere lontano dagli spalti la maggior parte di quei tifosi appartenenti alle classi popolari, per cui 25 Euro non sono certamente una spesa contenuta. Senza contare tutto lo stuolo di studenti, ragazzetti e disoccupati che debbono giocoforza rinunciare alla parte. Oggi la prima discriminazione allo stadio è proprio questa. Quella che verte sul ceto e sull’estrazione sociale dei tifosi.

Di contro c’è da dire che chi questa sera ha scelto lo stadio Olimpico, lo ha fatto con lo giusto spirito. La Sud mantiene l’ottima forma delle gare precedenti ed offre una prestazione ben oltre la sufficienza: tanto colore, voce possente soprattutto nel primo tempo e una continuità che troppo spesso le manca.

La squadra in campo gira e rifila una quaterna alla malcapitata compagine di proprietà del Ministero dello Sport e della Gioventù. Una neanche tanto celata propaggine di Erdogan sui campi di calcio, che spesso ha fatto discutere per la sua legittimità. Sta di fatto che negli ultimi anni il club ha portato a termine ottime stagioni, divenendo assiduo frequentatore del palcoscenico europeo.

Su tutta la sua storia andrebbe aperto un capitolo a parte. Solo il fatto che al loro seguito non ci sia praticamente nessuno (salvo una decina di famiglie posizionate in Monte Mario con qualche bandiera turca al seguito) la dice lunga sulla simpatia che il club abbia riscosso in patria e in riva al Bosforo, dove le squadre storiche hanno sempre goduto di un seguito in aperta contestazione al governo Erdogan.

Termina sulle note di “Grazie Roma”, con un leggero fresco che ricorda a tutti quanto l’autunno sia ormai alle porte. Nel prossimo match i giallorossi saranno impegnati a Graz, contro la novità Wolfsberger. Settore ospiti alla modica cifra di 45 euro. Tanto per rimanere in tema…

Simone Meloni