Ultimo turno della fase a girone di Europa League che assume un valore fondamentale per la Roma. I giallorossi, infatti, per accaparrarsi la qualificazione devono necessariamente battere il Ludogorec, avversario ostico, che all’andata ebbe la meglio sull’undici di Mourinho con un rocambolesco 2-1. L’Olimpico si presenta sold out e nel pre partita – come ormai di consueto – va di scena l’ormai stucchevole copione fatto di musichette, spettacolini di luci e urla gracchianti dello speaker. Americanate a tutto tondo di cui faremmo sinceramente a meno, al pari delle canzoncine dopo i gol.

Ma questa serata passerà alla storia anche per la ricorrenza (che in realtà cade precisamente il 27 novembre) dei cinquant’anni del gruppo Boys, fondato nel 1972 presso il quartiere Balduina da Antonio Bongi e tornato da qualche anno in grande spolvero sul proprio muretto, ricreando seguito e aggregazione successivamente alla difficile transizione dopo la morte di Paolo Zappavigna. Un gruppo che entra di diritto nella lista di quelli più longevi in Curva Sud (solo i Fedayn, sempre del 1972, resistono tutt’oggi alla prima masnada di striscioni apparsi in curva a inizio anni settanta) e che stasera ha celebrato cinque decenni di militanza esponendo un grande telone raffigurante la propria effige, ricevendo l’applauso da parte di tutti gli altri gruppi giallorossi.

Ai Boys va riconosciuto di esser stati tra i primi organizzatori del tifo romanista. Sistematisi originariamente in Curva Nord, come ricorda Antonio Bongi: Nel 1972, avevo 14 anni, con l’aiuto di Renato Faitella e Fausto Josa, dirigenti del Centro Coordinamento Roma Club,fondai i Boys – Le furie giallorosse.Noi Boys eravamo tutti teen agers, con simpatie di destra. Stavamo in Curva Nord e avevamo diritto allo striscione e a quattro ingressi a partita. Si arrivava allo stadio all’apertura dei cancelli, per obbligo perché dovevamo piazzarci con lo striscione al nostro posto. Ero affascinato dagli ultras del Toro, che avevano già una cinquantina di striscioni in curva. Li presi ad esempio. Attaccavamo l’incitamento al fischio d’inizio della partita, per risparmiare la voce. Avevamo venti tamburi, megafoni, trombe elettriche alimentate dalle batterie delle automobili, che facevano un chiasso infernale. Organizzavamo i pullmann per le trasferte e ogni tanto veniva la mamma di qualcuno di noi…”.

E ancora: “Ricordo i treni giallorossi a 4.500 lire (Roma-Genova-Roma) biglietto compreso. Curve piene di bandiere per un Roma-Lanerossi Vicenza 0-0 con 65.000 spettatori; o per Roma-Torino, quando Renato Cappellini segnò un gol dopo 980 minuti scacciando lo spettro della B. (Inserisco a questo punto un ricordo personale di Leo, n.d.L.: Abbonato Curva Sud – Roma Junior Club, non dimenticherò mai ROMA-TORINO di Marzo 1973. Avevamo appena perso il derby per 2-0 ( unica consolazione i lazieli “respinti”, dai grandi, verso la Tevere e lo striscione Lazio Club Villalba sequestrato”) e rischiavamo la serie B. Inoltre non segnavamo da oltre 900 minuti. Primo tempo: incrocio dei pali di Ciccio Cordova. Inizio secondo tempo: rigore per la Roma. Tira Morini, il portiere del Toro Castellini respinge, riprende Cordova e il portiere blocca. A quindici minuti dalla fine Renato Cappellini in tuffo schiaccia la palla di testa che rimbalzando supera Castellini. GOOOL!!! Dopo oltre dieci giornate. Delirio giallorosso. Dieci minuti consecutivi di ESULTANZA. Vincemmo 1-0″). Era un tifo casinista ma pulito, non violento. Da sinistra a destra, così stavano piazzati gli striscioni sulle sei uscite principali delle due curve: Aficionados H.H. Viale Somalia, Fedelissimi Viale Marconi, Cinecittà Alberto Ginulfi in Sud, poi in Nord: Giuliano Taccola Primavalle, R.C. Aurelia e Boys”.

Diversi aneddoti: “A quei tempi i laziali dividevano ancora la Sud con i romanisti. Prima di un derby dell’11.03.1973 la S.S. Lazio invitò con un  comunicato i propri tifosi a prendere la Sud, in quanto società ospitante. L’anno prima avevano vinto i due derby, si sentivano forti. Decidemmo di fare una spedizione: alle 11 del mattino li trovammo sul muretto di Dante, erano pochini. Cominciammo a dargli fastidio e, aumentando il pubblico, il gruppetto di laziali si trovò isolato. Fra cori e pernacchi, si trasferirono in blocco verso la rete attaccata alla Tevere, in un cantuccio. Il derby successivo li ritrovammo alla Nord. Da poco tempo avevo avuto l’inevitabile impatto con la violenza. I primi scontri mi colpirono molto. Fu a Torino nel ‘73. Gli ultras granata, notoriamente di sinistra, si presentarono all’improvviso nella nostra curva, con bastoni e caschi. Ci rubarono lo striscione, qualcuno di noi prese dei colpi. Strapparono e bruciarono in Curva Maratona lo striscione del R.C. Giuliano Taccola, forse il più bello della storia della tifoseria giallorossa, idato da Marcello “il Kid”. Erano le prime avvisaglie degli anni di piombo, con le diversificazioni politiche anche negli stadi. In Curva Sud presto spuntarono gruppi di tifo organizzato simili al nostro. Sul muretto già da tempo c’erano i Guerriglieri della Sud, di destra. Al lato opposto stavano i Fedayn di Quadraro-Cinecittà, comunisti; il loro capo era Roberto Rulli, un militante piuttosto noto e un ragazzo idealista. La Fossa dei Lupi era di Monte Cervialto, guidata da Stefano Scarciofolo e Vittorio Trenta. Le Brigate Giallorosse provenivano da Torrespaccata. Il Commandos Lupi era organizzato dai ragazzi di Monteverde. Poi sorsero le Pantere Giallorosse, i Panthers e altri gruppi minori”.

Un percorso che, come detto, ha vissuto anche momenti travagliati e importanti cambi generazionali, che ha visto i Boys dapprima aderire al progetto CUCS salvo poi uscirne (in calce riportiamo un’intervista datata 1992 in cui due personaggi di spicco del direttivo ne spiegano le motivazioni) arrivando fino ai giorni nostri con un grande bagaglio storico e curvaiolo da narrare e tramandare.

Tornando all’attualità, forse con un po’ di disincanto e crudezza rispetto alle storie lette poc’anzi, bisogna dire che l’Olimpico di questa serata non sarà propriamente memorabile. A fronte di una squadra che fatica tremendamente nei primi 45′, andando anche sotto in gol, l’ambiente risulta un po’ spento. A tratti manca quella cattiveria utile e necessaria a essere il dodicesimo e, malgrado lo sforzo immane dei lanciacori, il tifo stenta a decollare. L’impressione è che in coppa, spesso e volentieri, ci sia un pubblico diverso da quello del campionato. Con un palato più sopraffine e dalle reazioni ondivaghe, troppo legate al risultato.

L’aria cambia nella ripresa, quando la Roma entra in campo con il giusto piglio e ribalta il risultato grazie a due gol siglati da Pellegrini su calcio di rigore. La curva si scuote e trascina la squadra in quello che è senza dubbio uno dei momenti fondamentali della stagione. In realtà i bulgari riuscirebbero anche a pervenire nuovamente al pari, ma il Var annulla. È l’episodio che probabilmente fiacca mentalmente il Ludogorec, con Zaniolo che pochi minuti più tardi mette la firma sul definitivo 3-1. Regalando alla Roma il passaggio del turno.

Poco da segnalare nel settore ospiti. Circa 300 i bulgari, che tuttavia non evidenziano grande organizzazione ultras, facendosi sentire di tanto in tanto, armati di megafono e tamburo. Qualche scaramuccia con il pubblico della Monte Mario, ma niente di rilevante oltre all’aspetto folkloristico.

Intervista ad Antonio Bongi ripresa da asromaultras.org.

Simone Meloni

Intervista rilasciata dai Boys nel 1992 (fonte asromaultras.org):

Gallery di Roma-Ludogorec