La paura di nuove chiusure, il terrore di rivedere l’Olimpico chissà dopo quanto tempo e la ringiovanita voglia di seguire da vicino i colori giallo ocra e rosso pompeiano regalano una grande cornice di pubblico a questa partita pre natalizia. Sono infatti poco meno di cinquantamila i presenti, con la manciata di doriani fatti accomodare in Monte Mario, permettendo la vendita ai tifosi romanisti anche del Distinto generalmente occupato dagli ospiti.

Il finale di un anno che ha suggellato il parziale rientro dei tifosi sulle gradinate e che un po’ tutti ci auguriamo possa essere il viatico al ripristino di una vita non più scandita dal numero di contagi, dal colore delle nostre regioni, da indici sanitari, dalle restrizioni e dalla costante incertezza in ogni campo delle nostre vite. Un periodo buio in cui è innegabile che lo stadio – seppur con il suo accesso ormai a dir poco cervellotico – sia stato uno dei pochi momenti di evasione sociale. Un luogo in cui in questi mesi in tanti siamo riusciti ad incanalare un po’ di spensieratezza, tenendoci legati a ciò che abbiamo sempre amato e visto con fanciullesca passione.

Certo, lo dico con un pizzico di goliardia e forse un po’ di cinismo,: non riesco proprio a farmi piacere quel vecchio agio che vorrebbe tutti più buoni a Natale. Così come sento un po’ di glicemia salire quando nell’intervallo la Roma decide di mandare in campo gli elfi di Babbo Natale per portare regali ad alcuni bambini delle tribune. Sì, sarà senz’altro una bella iniziativa, un bel modo di coinvolgere i più piccoli, ma anche in ciò vedo quella vena di show-business che ormai da anni mi fa vivere con un certo distacco il pallone. Per me il regalo vero i bimbi ce l’hanno quando salgono le scale e lentamente vedono il campo materializzarsi davanti ai loro occhi. Rendersi conto di esser protagonisti di un qualcosa che fino al giorno prima si era visto solo in tivvù, vedere la curva imbandierata e sentire i canti dello stadio personalmente penso sia il più grande dono natalizio. Ma comprendo che su questo si siano un po’ invertite le priorità, anche se mi auguro che il portare un ragazzino allo stadio non diventi mai come portarlo al Christmas Village per vedere Babbo Natale. Una volta l’anno. Anche perché andare allo stadio e coltivare una fede significa avere un valore parossistico più ampio di quello natalizio: significa credere a vita in Babbo Natale! Sì perché il tifoso questo è da principio: un illuso, un credulone, un sognatore pure dove di sogni non dovrebbe più esservi spazio. Ed è tutto molto bello, è proprio questo credere che prima o poi Santa Claus arriverà con i suoi regali a rendere il frequentatore dello stadio unico nel suo genere. Ben diverso dal supporter di qualsiasi altro sport.

Mi viene in mente il bambino del celebre Febbre a 90. Ora ditemi voi se quello era un tipo da elfi e regalini in tribuna o un tipo da partita in prima fila, rabbia per una sconfitta, voglia di non parlare nelle ore successive e – in caso – maledire anche quel Babbo Natale calcistico a cui ormai aveva deciso di affidarsi? Considerato che la risposta è scontata e che in quel bambino quasi tutti ci rivediamo, ognuno tragga le proprie conclusioni!

Oh sia chiaro: neanche la sfilata degli elfi comunque è paragonabile allo speaker che urla i nomi dei calciatori o ne chiama il nome al gol aspettando la risposta circense del pubblico, sia chiaro!

Ovviamente si colga l’ilarità di quanto scritto: nulla contro l’iniziativa di Roma Cares succitata ma soprattutto contro la raccolta fatta nel pre partita presso appositi punti per i malati del Bambin Gesù (a cui chiaramente non era proprio riferito il mio commento). Mi trovo costretto a specificare onde evitare stupidi e fuori luogo commenti.

Ciò che sicuramente col Natale e i suoi regali poco ci azzecca è la Roma, che come spesso le accade steccherà miseramente la partita non andando oltre un pareggio scaturito dal vantaggio dei Shomurodov e dal pareggio ospite siglato da Gabbiadini. Curva Sud dal tifo altalenante, con la scelta del repertorio corale dopo il pareggio che forse non aiuta a fomentare i presenti al fine di spingere la squadra in attacco. Bello rivedere ogni tanto qualche torcia. Su fronte ospiti presenti solo i Fieri Fossato (per ora unico gruppo della Gradinata Sud che ha deciso di rientrare) che cercano di farsi sentire per tutta la partita mostrando diverse volte anche sciarpe, bandierine e bandieroni.

Vista la pubblicazione estemporanea di questo articolo voglio chiudere porgendo le mie condoglianze a tutta la tifoseria blucerchiata per la scomparsa di Bek, esponente degli UTC che troppo presto ci ha lasciato e che in questi giorni è stato ricordato da quasi tutte le curve italiane. A volte non ci sono parole per descrivere la crudeltà di una vita che sembra scivolarci dalle mani troppo frettolosamente!

Testo Simone Meloni