L’umida calura di metà settembre avvolge come una cappa lo stadio Olimpico. Fa quasi impressione pensare che, fino a qualche anno fa, di questi tempi i campionati avevano inizio mentre oggi ci troviamo già alla terza giornata con un turno di riposo per le nazionali all’attivo. Una corsa all’omologazione con il resto del vecchio continente che non ha mai tenuto ben presente le esigenze e i costumi di un Paese tradizionalmente in vacanza di questi tempi, né del suo clima: tutt’altro che fresco e gradevole a cavallo tra agosto e settembre. Ma tant’è.

Da troppi anni – soprattutto in Serie A – a comandare sono conclamati interessi televisivi e di show-business. Quasi inutile (ormai) lamentarsi: se si accetta il pacchetto poi risulta stantio e ridondante perdersi in patetiche guerre combattute con slogan e frasette sputtanate. Non è un caso che molte delle contraddizioni del mondo ultras ruotino proprio attorno a questo snodo: battaglie campali e inizialmente sfrenate che, con il tempo, si sono afflosciate su loro stesse per finire nel dimenticatoio e far spazio all’accettazione dell’imposizione tanto contestata (dai biglietti nominali ai tornelli, passando per la tessera e altre eresie simili). La coerenza difficilmente fa parte del genere umano, figuriamoci in un mondo variegato e complesso come quello ultras!

Sempre cavalcando l’argomento “calcio moderno” (mi scoccia usare questa definizione inflazionata ma non mi viene altro) oggi i giallorossi si ritrovano di fronte il Sassuolo. Chi ha avuto l’onere (sic!) di leggermi qualche volta, forse avrà colto la mia poca simpatia nei confronti del club neroverde. Sottolineo: nulla contro la città e i tifosi storici (ultras in primis) per i quali non ho motivo di nutrire astio. La mia idiosincrasia nasce ovviamente nei confronti della società, del suo modus operandi e della sua totale (almeno per me) decontestualizzazione da quello che dovrebbe essere il calcio, il senso di appartenenza, il rispetto per realtà storiche (il riferimento alla Reggiana è puramente casuale) e anche il buon gusto.

Tempo fa mi trovavo a discorrere con un amico che sosteneva come in Italia non esistano ancora realtà plastificate o sotto scacco di aziende e multinazionali come avviene altrove con i vari RB Lipsia o Red Bull Salisburgo. Mi sono sentito in dovere di contraddirlo: anche noi abbiamo il nostro club divenuto giocattolo di un imprenditore: il Sassuolo. E mi viene l’orticaria quando qualcuno osa descrivere gli emiliani come una “favola” o un “modello”. Ci manca solo che qualche bontempone gli appioppi la contiguità al cosiddetto “calcio popolare”. Ma quello sarebbe facilmente smentibile dalle tristi e desolanti immagini dello stadio vuoto. Salvo poi leggere i dati truccati sui giornali dell’indomani dove l’impianto reggiano è sempre miracolosamente gremito da 7/10.000 spettatori.

Tornando alla partita di oggi, l’Olimpico registra circa 40.000 spettatori. Un’affluenza ormai quasi standardizzata, che resta comunque buona se si pensa all’allucinante prezzo dei biglietti e allo scarso appeal che ha ormai lo stadio in Italia.

Il tifoso romanista tiene botta, seppur affiancato dagli ormai immancabili turisti che ogni settimana prendono d’assalto le gradinate di Viale dei Gladiatori. Ora, lasciate passare il mio lato poco tollerante, vi prego: posso dire con tutta franchezza che li sopporto davvero poco? Ma proprio poco, poco, poco. Mica per niente, ma veder concepito e “utilizzato” un sentimento come per molti è la Roma, ridotto a mo’ di prodotto commerciale, come una bevanda alla moda da bere una volta e via, non è esattamente estasiante.

A tal merito mi sembra anche innegabile che questo genere di strada sia stata tracciata dall’attuale proprietà, sempre in prima linea quando si è trattato di foraggiare iniziative e campagne volte ad accalappiare un pubblico occasionale. Il modello finale per loro – inutile negarcelo – rimane la Juventus. Con i suoi tifosi intercambiabili, disposti a comprare pacchetti esosi una volta l’anno. Un modello che ovviamente – qualcuno mi contraddica se ci riesce – è attualmente perseguito solo a livello commerciale. Di certo non sportivo.

Al pari di tutto ciò però c’è da constatare uno strano e neanche tanto nascosto entusiasmo che in queste giornate si è venuto a creare attorno alla squadra di Fonseca. C’è come la consapevolezza che tutti i limiti di questa rosa (rinfoltita negli ultimi giorni) possano esser colmati dalla filosofia di un mister che qualcuno, forse troppo frettolosamente, ha definito un “nuovo Zeman”.

La Sud ripropone le buone prestazioni messe in mostra con Genoa e Lazio e offre alcuni momenti di tifo davvero notevoli. Durante l’inno il gruppo Roma festeggia i suoi cinque anni di attività, mentre Nel Nome di Roma mostra una piccola coreografia. Da sottolineare, su tutti, il coro della “12” del Boca Juniors, “El fantasma del descenso”, ripreso e “adattato” dai Fedayn, che in breve tempo viene seguito da tutta la curva per diversi minuti.

In campo la Roma passeggia nel primo tempo, rientrando negli spogliatoi sul 4-0. Nella ripresa, pur avendo diverse opportunità per arrotondare il risultato, cala leggermente di concentrazione dalla cintola in giù finendo per subire due gol da uno scatenato Berardi.

Ci sono comunque gli applausi convinti di tutto lo stadio per questa prima vittoria stagionale che porta i capitolini a 5 punti, permettendo loro di superare i cugini biancocelesti contemporaneamente sconfitti a Ferrara.

Da Sassuolo una trentina di tifosi tra cui si registra un ritorno del tifo organizzato, anche se da un confronto impegnativo come quello odierno, date le sproporzioni numeriche e la vastità dello stadio, è difficile trarne ulteriori considerazioni.

Simone Meloni