Mi lascio alle spalle Notaresco e la festa per una salvezza quasi insperata, per percorrere i circa dieci chilometri che mi separano da Roseto degli Abruzzi, dove alle 20 la compagine locale di basket maschile scenderà in campo contro il Faenza per gara 1 dei quarti di finale dei play-off di Serie B. Interessante è anche il tragitto in macchina per arrivarci, lungo il quale, più mi avvicino alla città costiera e più si intensificano gli adesivi, alcuni dei quali ricalcano praticamente gli stessi stendardi che vengono affissi al palazzetto, da quelli dedicati ai diffidati a quelli dei ROSETO YOUTH.

È la prima volta che metto piede al PalaMaggetti. Dal febbraio 2004, la struttura è dedicata a Remo Maggetti, storico giocatore rosetano scomparso nel 2003. Con una capienza di circa 4.500 spettatori, è uno tra i palazzetti più grandi d’Abruzzo. Al mio arrivo trovo già gli ultras rosetani che alzano bandiere e canti al cielo assieme a qualche torcia, per poi partire in corteo fino all’ingresso del loro settore. Benché Roseto degli Abruzzi sia un comune di circa ventiseimila abitanti, può vantare una notevole tradizione cestistica. La squadra infatti, fondata nel 1946, ha al suo attivo diverse stagioni in massima serie e pure qualche apparizione europea, contraltare ai vari fallimenti e alle successive rifondazioni della società biancazzurra. La particolarità è che la squadra locale di calcio, come raramente avviene in Italia, non ha nemmeno lontanamente lo stesso seguito ultras, la passione, la longevità, la quantità e la qualità di tifo che invece può vantare la pallacanestro rosetana.

Messo piede sul parquet, mi colpisce la vastità del PalaMaggetti, dotato di due tribune e due curve. Gli ultras prendono posto in curva, compattandosi ottimamente: i lanciacori e il tamburo sono nella parte bassa, dietro i tre stendardi appesi in balaustra, mentre il gruppo ultras si dispone più in alto, dietro la balconata.

Spicca la pezza “DIFFIDATI VANTO NOSTRO”, testimonianza dell’affetto e dell’importanza attribuita a chi non può assistere alla partita: un gesto di solidarietà fondamentale per qualsiasi gruppo ultras, specialmente dopo i noti incidenti avvenuti a Livorno contro Montecatini durante le Final Four di Supercoppa. Fatte le debite proporzioni tra gruppi ultras calcistici e cestistici, oppure tra metropoli e provincia, è facile capire quanto sentiti e fuor di retorica siano questi messaggi. Stessa profondità che si può riconoscere nello striscione affisso nella parte alta della curva: “SENZA ULTRAS NON C’È PARTITA”.

Vedendoli per la prima volta in casa, dopo averli visti già all’opera in più occasioni in trasferta, mi aiuta a comprendere la reputazione che i rosetani si portano dietro. Sugli spalti non c’era un vero e proprio confronto ultras, dato che sono presenti solo una decina di tifosi del Faenza, senza alcuna pezza, seppur qualcuno indossi magliette che ammiccano a questa sottocultura.

In curva noto davvero un buon numero di giovani, ma anche ultras più attempati: questo crea un bel mix generazionale, che rende ancora più interessante questa realtà. Ovviamente anche la squadra dà il suo contributo, visto che già in stagione regolare è stata un’autentica schiacciasassi, conquistando la prima piazza del Girone B con ben 62 punti, frutto di 31 vittorie e solo 5 sconfitte, distanziando Ruvo di Puglia, seconda classificata, di ben 12 punti.

Nel primo tempo i rosetani incitano la squadra con un gran numero di battimani a supportare i cori, bandiere che sventolano incessantemente, anche se si nota qualche breve pausa. Nel secondo tempo, oltre a bandiere e manate che si ripetono con ottimi picchi, sono decisamente più continui, e non so davvero come riescano a mantenere ritmi così elevati. Il lanciacori li sprona più volte a non mollare e a tenere duro, e il risultato è davvero impressionante.

La squadra li incentiva ulteriormente in questa gara 1, dimostrando tutto il suo valore con un inappellabile 101-62 finale. Alla sirena finale tutto il palazzetto esplode in festa, con i giocatori che girano il perimetro del campo per salutare e dare il cinque a tutti.

Tra due giorni gara 2 sempre a Roseto, per cercare di chiudere la serie e qualificarsi alle semifinali il prima possibile. Non pago di questa serata che vorrei non finisse mai, mi concedo un ultimo giro intorno al palazzetto, questa volta però al suo interno, dove vedo – dalla parte della curva – tante targhe affisse in ricordo dei tifosi e degli ultras scomparsi. Un altro segno tangibile di quanto radicata sia la tradizione sportiva e ultras in questa comunità, segnali che fanno sempre ben sperare nel futuro di questo movimento messo ciclicamente all’angolo da repressione e speculazioni mediatiche.

Nelle mie parafilie, non posso riprendere la strada di casa prima di aver rivisto lo stadio della Rosetana, dove ero già stato per la prima ed unica volta nel 2001-02 per assistere alla gara di Coppa Italia fra i locali e il Nettuno. I ricordi di tanti anni fa si susseguono in questi pochi minuti e si fanno via via più sfocati nel buio della notte abruzzese. La chiudo concedendomi un peccato di gola con gli arrosticini, la specialità della zona, riponendo così nel personale scrigno dei ricordi esperienze e curiosità che si affastellano, prima di riprendere la via di casa. Un tale bagaglio di umanità e partecipazione, in una società votata all’individualismo, va davvero preservato come un tesoro.

Marco Gasparri