Sono all’incirca un centinaio gli spettatori che si assiepano sugli spalti dello stadio “Gabrielli” di Rovigo per questa amichevole precampionato fra i padroni di casa e la Clivense di Pellissier, ex bandiera del Chievo Verona che si è gettato a capofitto in questa nuova avventura per rilanciare la compagine fallita per mano di Luca Campedelli. Artefice e carnefice al tempo stesso di questo piccolo grande capitolo della storia del calcio italiano di provincia. Proprio quest’estate lo stesso Campedelli, che ha sempre contestato l’esclusione della sua società da parte dei vertici calcistici e giudiziari, ha provato a rilanciarla in Serie D attraverso la fusione con il Sona, compagine di un paesino della provincia veronese che nel recente passato era balzato agli onori della cronaca per l’ingaggio dell’ex interista Maicon. L’operazione ha però ricevuto il netto stop da parte del tribunale di Verona, i cui curatori fallimentari hanno giudicato illegittimo l’uso di qualsiasi denominazione o marchio riconducibile all’ex Chievo Verona.

Chi non ha mai avuto dubbi sono i ragazzi del North Side che fin da subito hanno appoggiato il progetto del loro ex attaccante Sergio Pellissier e il verdetto del campo ha premiato la loro scelta e la bontà del progetto calcistico visto che la Clivense ha vinto tutto quello che c’era da vincere nella scorsa stagione e in quella prossima ventura invece, si ritrova ai nastri di partenza dell’Eccellenza veneta. Resta invece alla finestra il Gate 7 la cui posizione è sempre stata chiara e riassumibile in un motto visto più volte su loro striscioni o comunicati: “Seguiamo solo l’AC Chievo Verona”. Quindi, prevedibilmente, fino a quando non tornerà il vecchio nome e il vecchio marchio non sarà dato vederli.

Tornando all’attualità, a Rovigo i clivensi arrivano in una ventina circa, età media molto giovane, dato in controtendenza in un mondo ultras che sta invecchiando molto e in fretta. Si compattano a cavallo di una balconata dietro lo striscione del gruppo e presentandosi tutti in maglia nera, conferiscono ulteriore compattezza alla loro presenza. Buon tifo per loro con diversi battimani e un paio di bandierine di contorno. Nulla di eclatante ma quanto basta per rodare le ugole in vista del campionato. Si potevano fare mille critiche su questa realtà ai tempi della A e della B, sulla loro inadeguatezza numerica in relazione alle categorie, ma alla luce dell’Eccellenza in cui si ritrovano sono invece molto più che positivi sia per quantità che per qualità. A dirla tutta, già da decenni ormai, la consistenza di una tifoseria il più delle volte nulla dice e nulla cambia nell’ottenimento dei traguardi calcistici, quindi non era una colpa ascrivibile ai tifosi di una piccolissima compagine quella di essersi trovati improvvisamente proiettati ai massimi vertici del calcio. Rilanciandosi parallelamente ad un progetto calcistico più misurato rispetto a chi vuol bruciare le tappe con fusioni o altre scorciatoie, incapace di imparare dagli errori del passato, potrebbe essere la strada migliore per crescere anche come tifoseria.

Sono invece meno di una decina i tifosi di casa raccolti dietro lo striscione dei “Fedelissimi”, artefici di un tifo ovviamente non clamoroso con una bandiera a far da accompagnamento costante (più un’altra che sporadicamente si aggiunge) oltre ad un fumogeno a inizio partita. Il verdetto del campo li mortifica con un pesante 0-6 che arride dunque agli ospiti ma è solo calcio d’estate: c’è ancora una lunga stagione alle porte pronta a regalare riscatti e/o ulteriori sofferenze.

Luigi Bisio