Salernitana-Benevento 2-1, Lega Pro 1/B 2013/14

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LUI che parte con le luci dell’alba per compiere una manciata di chilometri. LUI che della Campania Ultras tiene in mano le redini e muove i fili senza pietà. LUI che ti contatta senza sapere di farlo. LUI. È il principale motivo della mia levataccia per raggiungere Salerno. Non me ne vogliano granata e giallorossi. Non me ne voglia chi del tifo ha fatto uno stile di vita. Chi non lo conosce e non l’ha mai visto, non può capire. E mai capirà.

Il gioco vale la candela. L’alba irradia i suoi primi raggi di sole dopo una settimana di ennesimi nubifragi che hanno letteralmente sconquassato quelle poche strade integre che ancora resistevano dentro al Raccordo Anulare. Non mi interessa. La destinazione è la Stazione Termini. So che lo Stregone mi attende. Ho sonno, vorrei fare colazione e rimettermi nel letto. Ma non posso. Una missione di vita mi chiama, l’appuntamento con la storia riecheggia più forte di qualsiasi stanchezza fisiologica dopo una settimana a dir poco allucinante. Il freddo è pungente. Ma non intacca la volontà. Quella è ferma e decisa: arrivare alla meta trionfanti e

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sapientemente morigerati. Metropolitana e poi, giusto in tempo di qualche minuto, treno della morte. Pochi cuori forti e giovini reggerebbero l’urto di un’emozione simile che metro dopo metro si fa sempre più concreta e reale. Ci sono. Ci siamo. Io, la mia macchinetta ed il mio zainetto che tante ne ha viste e tante ne vedrà. Un brivido scuote i passeggeri. Un lampo squarcia il cielo ed una pioggia prima fina, poi sempre più fitta sommerge letteralmente il convoglio mentre fuori dal finestrino si apre il panorama di Formia e Gaeta. Sono inquietato. Chissà se con questo meteo avverso LUI ha deciso ugualmente di serrare i ranghi e partire per il fronte. Ma un guerriero non si pone certi interrogativi. Un soldato Sannita è fedele al gonfalone, memore di come i suoi avi difesero Maleventum da invasori e nemici. Sessa Aurunca, Villa Literno, Aversa. Il Vesuvio alla mia sinistra. Il treno rallenta. Un cartello blu con la scritta bianca: Napoli Centrale. Nessuno sa chi sta accogliendo questo scalo ferroviario. La città prosegue nella sua vita. I turisti si dirigono verso le mete più ambite. Coppie di ragazzi si scambiano romantici baci. LUI è là. Custode di una fede, orgoglioso flagello di una modernità mai accettata. Il telefono squilla. È la storia che chiama,

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non si può non rispondere. Cosa racconterei ai miei figli? Con quale faccia gli direi di aver tradito un Generale tanto onesto e tanto bello (pare)? Non posso. Sfioro con il mio pollice il tasto verde. L’appuntamento è davanti al McDonald’s di Piazza Garibaldi. So che là dovrò tenere a bada l’emozione. Controllare ogni singolo muscolo del mio corpo. Contenere eventuali lacrime e salutare con deferenza chi in questo mondo di omologati ed arrendevoli cuori di latta, ha deciso di essere. Non tessere.  La camminata è felpata. Potrebbe essere l’ultima se LUI lo volesse. Una roulette russa in piena regola. Giacca rossa a quadrati neri. Elmetto di battaglia rappresentato da una lungimirante coppola. Occhiali da intellettuale combattente e pronto a tutto pur di arrivare a dama. Tuta che rappresenta l’Essex con orgoglio. Quattro borse contenenti provvigioni e medicine utili per sopperire alle difficoltà del lungo viaggio. Ci si saluta. Rispetto. Tanto rispetto ed altrettanta ammirazione. La stessa che si può provare osservando un quadro di Caravaggio. Uno scenario cupo, nero, misterioso. Ma al contempo avvincente e stimolante. Il gigante dal cuore tenero. Il Generale dal cuore d’oro. Questi potrebbero essere solo alcuni dei nomignoli che i libri di storia delle prossime generazioni gli potranno affibbiare. Dalle sue mani, mentre acquista con fare regale un biglietto del treno, esce anche qualche pensiero per chi se la passa male ed è costretto a mendicare. Non è il suo mondo. Gli si legge negli occhi. Vorrebbe che tutto ciò finisse e che l’uguaglianza e la giustizia trionfassero anche in questo fazzoletto d’Italia. In questi pochi metri quadri di stazione. Cibo, sfarzo e lusso. Così vicini, ma così lontani per chi vive alla giornata. La nobiltà prima di tutto è nell’animo. E LUI lo sai bene.

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Il treno è pronto al binario. Terminerà la sua corsa in Calabria. A Paola. Ma è la Napoli-Salerno a calamitare l’interesse di tutti. Questi quaranta minuti in cui dei semplici sedili in plastica ospiteranno la storia, non colui che la racconta. La banchina si ferma ad osservare la sua camminata regale. Il suo portamento maestoso. Il suo modo di salire le scale come stesse salendo sul trono. Perché ogni posto dove LUI va, diviene un trono. Anche il personale di bordo è esterrefatto ed emozionato. Non vuol saperne di partire. Ed allora passano diversi minuti prima che la locomotiva si sposti dalla stazione. Sono minuti avvincenti e costruttivi per me. Lo guardo e capisco perché i Sanniti vengono narrati come una popolazione dedita alla guerra ed alla difesa del territorio. Potrebbe esplodere in qualsiasi momento e far suo quello scalcinato treno. Ma la sua vera forza è quella di saper controllare i bollenti spiriti rispetto a noi comuni mortali. Inarrivabili per le sue credenziali, reverenziali nei confronti della sua regia presenza. Le nuvole si spalancano. Esce il sole mentre Salerno si avvicina inesorabilmente. Anche le divinità atmosferiche hanno voluto dare il benvenuto al solo personaggio in grado di sovrastarle. Il solo che con uno schiocco di dita può cambiare le sorti del mondo. Obama? Putin? Renzi? Barbara Berlusconi? Caterina Balivo? No. LUI. La diligenza lo saluta tristemente mente LUI, dandole le spalle, esce dalla stazione. È arrivato in riva al mare. In una giornata qualunque di inizio Marzo. Nessuno lo aspettava forse. Tutti lo vogliono sicuramente. È come quando a casa trovi un piatto di bucatini all’amatriciana al posto di un triste spezzatino in umido. Oggi la fortuna ha baciato il Golfo di Salerno.

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L’Arechi è uno stadio che ha fatto la Serie A. Vero. Verissimo. Ma LUI non lo ha mai accolto. Tutto è ridimensionabile se rispetto ad un evento grande ne accade uno immenso. Le porte vengono aperte. Il segnale viene dato. Il mondo si è fermato. LUI è entrato. Recito in rima questo momento, perché rende l’idea dell’idillio che si viene a creare tra terra, cielo e mare. Il cerchio si è chiuso. Il Guerriero è entrato indomito. Lui e le sue 13.478.596 borse. Si apposta subito là, davanti al settore occupato dai tifosi giallorossi. Non vuol perdere tempo. Ma non vuole neanche far pesare la sua presenza in campo. Cerca di camuffarsi con una buffa pettorina rosa shock. Ma capite bene. Se la Gioconda si vestisse di fucsia, voi non la riconoscereste ugualmente? C’è chi si porta le mani alla testa, chi si strappa i capelli, chi osserva incantato. LUI è dentro al terreno di gioco. “…e il sogno realtà, diverrà!”. Molti pensano a questa piccola strofa della sigla di Cenerentola. Ma oggi non c’è nessuna scarpetta, nessun bacio della mezzanotte. Oggi c’è molto di più e molto più incredibile ed unico. Chi si da un pizzicotto sulle guance, chi si svuota un bicchiere d’acqua minerale in faccia per vedere se si tratti di un sogno. Le squadre sono in campo e stanno giocando. Le curve cantano. I beneventani sono circa 700. Ma l’attrazione non è in nessuno di questi elementi. L’attrazione è a bordo campo. Lo

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Stregone veste Adidas. I fumogeni, le torce ed i bomboni della Sud si alzano al cielo imperioso. Così come i canti ritmati dal perfetto rullio dei tamburi. Le manate, le sciarpate ed i cori a rispondere dei giallorossi riempiono il settore ospiti con costanza e potenza. LUI ha tirato fuori il suo fucile. Anzi, il suo bazooka che punta ora da una parte, ora dall’altra. Incurante di ciò che lo circonda. Ma egli può. Costui è il detentore del potere millenario della mentalità. Detiene lo scettro di capo indiscusso dentro e fuori il perimetro del campo. “Silenzio. Parla LUI” verrebbe da dire parafrasando una vecchia pubblicità della Pasta Agnese. Il Benevento segna, il settore ospiti crolla esibendosi in un boato di gioia. Il calcio fa da cornice al vero avvenimento. Si va avanti. C’è l’intervallo. Lo speaker detta i risultati degli altri campi, mentre carta stampata e tv si accalcano davanti alla star del momento. Maradona? Pelè? Olivares? Lantignotti? No. LUI!

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Comincia la ripresa. Qualche goccia di pioggia cade. Bagna divinamente l’ospite d’eccezione. “Io c’ero”. Un vezzo, un vanto, un privilegio che in pochi potranno vantare ed esibire negli anni al bar con gli amici. La Salernitana spinge sull’acceleratore. I ventidue in campo diventano un tutt’uno con la fanghiglia. Ma il Generale non si scompone. Pulito, lindo, ordinato e fermo sulle sue posizioni. La pioggia non lo bagna, il vento non lo scalfisce. Tanto. Troppo pure per i fenomeni naturali. Lui è il fenomeno. Da sempre e per sempre. Rigore per i granata. Espulso il portiere ospite. Benevento in dieci e costretto a schierare un giocatore tra i pali. Pareggio dei padroni di casa. Boato della Sud. “Jamme a verè”. Il suo cuore palpita. Precipita. Incassa il colpo senza mostrarlo. Gli uomini veri sanno reagire virilmente a tutto ciò che li circonda. L’Arechi spinge, diventa un catino ribollente. 6 minuti di recupero. Quando mancano una manciata di minuti al fischio finale, Gustavo pensa bene di scaricare sotto il sette un sinistro preciso ed imprendibile. È l’apoteosi per il popolo granata. Un gol che condanna oltremodo i sanniti ma che premia la caparbietà dei salernitani. Un’esultanza a dir poco da brividi. Incuranti dei sentimenti altrui. Il Guerriero dal cuore ferito giace sconfitto ma non arreso al confine del campo di battaglia. Non tutto è perduto. La sua bella lo attende a casa. La sua Penelope sta tessendo una sciarpa per la prossima battaglia. Sicura che il suo amato scenderà di nuovo in trincea. Obiettivi, accrediti e borse alla mano. C’era, c’è e ci sarà.

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Lo stadio sfolla. Il suo ritorno è forse triste. Forse inaspettato. Ma non per questo meno orgoglioso e meno dignitoso. Una battuta d’arresto non intacca il cammino. Si è persa una battaglia. Non la guerra.  “Generale dietro la stazione, lo vedi il treno che fermava al sole, non fa più fermate neanche per pisciare, si va dritti a casa senza più pensare, che la guerra è bella anche se fa male…”. Forse neanche un poeta come De Gregori saprebbe descrivere al meglio la situazione emotiva nel nostro idolo incontrastato. Arriva anche per me il momento di congedarmi. Una giornata intensa. Lettere dal fronte. Una faccenda per pochi. Ma questa giornata, iniziata con l’emozione e la consapevolezza di un incontro storico, non verrà dimenticata. Ed anche Sport People potrà annoverare una pietra miliare tra le sue pagine. LUI ha presenziato. LUI si è spostato. LUI ha combattuto. E soprattutto LUI rimane LUI. E se vi chiedete di chi si stia parlando vuol dire che di ultras, di guerra, di storia, di fotografie e soprattutto di West Ham, non ci avete mai capito un cazzo! Suonino le note del Silenzio. Cali il sipario. Il nostro leader Massimo tornerà per La Ragione di essere il sultano di questa amletica società. Fine.

Testo e foto di Simone Meloni.