Se si fa eccezione per l’amichevole disputata nell’agosto del 2012, i laziali non mettevano piede all’Arechi dalla stagione 1998/1999. Praticamente un’era geologica fa. Eppure si può dire che il casus belli, la miccia che ha fatto poi deflagrare le successive restrizioni e i relativi divieti, sia stata in primis proprio quell’amichevole di undici anni fa, con incidenti nel piazzale antistante lo stadio. Benzina sul fuoco la gettarono anche i disordini registrati dentro e fuori l’Olimpico nel novembre del 2021, nella stagione del ritorno in A dei campani. Da quel momento in poi: Salerno vietata ai biancocelesti e lo scorso anno soli cinquecento biglietti (con fidelity card) ai granata per il settore ospiti di Roma. Il classico atteggiamento, ormai ben consolidato, delle nostre autorità. Abituate da tempo a non gestire, preferendo l’interdizione a uno svolgimento oculato del proprio lavoro.
Nella determinazione dell’Osservatorio che riguardava la gara di quest’oggi, tuttavia, una piccola apertura veniva concessa ai supporter laziali, per i quali si consigliava l’apertura del settore ospiti ai soli tesserati e nei limiti numerici predisposti dalle autorità. Tradotto: cinquecento biglietti a disposizione. Un’altra “classica” scelta con cui le istituzioni se ne lavano le mani, non assumendosi indirettamente la responsabilità di gestire, lanciando il subdolo messaggio dell’aver comunque aperto la trasferta. Cinquecento biglietti per un settore che ne contiene duemila sono ovviamente una ridicola miseria, soprattutto se si pensa a quanto l’impianto di Via Allende sia sicuro e ben strutturato per l’afflusso e il deflusso delle tifoserie ospiti. Chiaro è il tentativo di far desistere i diretti interessati.
Altrettanto chiaro, per quanto mi riguarda, che queste situazioni vadano analizzate volta per volta. Se il numero di biglietti è davvero irrisorio trovo giusto disertare la partita, se invece lo stesso permette almeno a tutto il contingente curvaiolo di presenziare, beh – perdonatemi l’egoismo nei confronti del tifoso “normale” – penso che mettersi in viaggio e seguire i propri colori sia cosa buona e giusta. Certamente un modo per far lavorare chi di dovere e non dargliela vinta per l’ennesima volta. Mi par ovvio che tutta questa non può essere una situazione normale o accettabile, ma da ormai diversi anni assistiamo a scelte spesso e volentieri illogiche e controproducenti in fatto di ordine pubblico. È chiara dunque la necessità – laddove possibile – di mettere il bastone tra le ruote a un sistema che neanche troppo silentemente vorrebbe il tifoso organizzato a casa. Comprendo le scelte di tutti, ma spero sempre che davanti a esse più che una diffusa autoreferenzialità, spesso ci sia ancora la voglia di ribellarsi e dar fastidio. Ergo: condivido la decisione dei laziali.
Per l’occasione i supporter romani hanno deciso di affrontare la trasferta in treno. Scelta retrò e per questo sicuramente apprezzabile. La stazione di Salerno è a dir poco blindata, me ne accorgo scendendo dal mio convoglio e trovando uno stuolo di poliziotti già a presidio dei binari. La disabitudine nel gestire eventi “a rischio” spesso finisce col produrre ansia e agitazione anche presso le forze dell’ordine, quando probabilmente una maniera più distesa e intelligente di vivere e interagire con il tifo, porterebbe a evitare tantissimi problemi da ambo i lati. Ma questo è pura utopia, nonché un tassello mancante nel nostro DNA di burocrati e “controllori”, anziché organizzatori.
La Salernitana si trova pienamente impantanata nelle sabbie mobili della zona retrocessione, cosa che rende questa partita quasi un crocevia per il prosieguo della stagione, mentre la Lazio è reduce dal pareggio nel derby e ancor prima dalla sconfitta di Bologna. Una fase balbettante per la squadra di Sarri, che sicuramente paga anche gli sforzi di Champions League, dove il passaggio del turno appare possibile grazie alle vittorie ottenute contro Celtic e Feyenoord. I cinquecento biglietti a disposizione degli ospiti sono stati polverizzati in pochi minuti, mentre al fischio d’inizio si conteranno in totale 16.700 spettatori.
Un vento freddo, che poi diventerà freddissimo, spira su Salerno, rendendo a dir poco fastidiosa la permanenza all’interno dello stadio. Quando entro la Sud si sta finendo di popolare, mentre nel settore ospiti manca ancora il contingente ultras. Gli steward, a differenza di altre volte, sembrano essere molto puntigliosi circa il rispetto del posto scritto sul biglietto. Nei mesi passati, infatti, non sono mancate le polemiche seguite a continue liti per avere il proprio seggiolino, tanto da arrivare a un comunicato con cui la società ha minacciato di sanzioni chiunque non sedesse al posto assegnato. Serie A, ahinoi, è anche e soprattutto questo: istituzionalizzazione del tifo, tanta apparenza e malcelata lotta alla genuinità che ha sempre contraddistinto determinate piazze. Per qualcuno il massimo campionato rischia di diventare come una sala da ballo viennese dove si pretende di entrare vestiti da discoteca. O almeno questo è ciò che lo showbiz vorrebbe!
I laziali fanno il loro ingresso e l’Arechi si fa sentire, con i primi cori che vengono respinti al mittente dai biancocelesti. Come sempre in questi casi, molto attivi i Distinti granata, dove la presenza di gente con un certo modo di vivere lo stadio è consolidata e lapalissiana. Percependo l’astio con cui le tifoserie si beccano, mi viene quasi da ridere nel pensare a quegli scontri del 2012, quando Lotito – allora presidente di ambo i club – a fine partita si presentò scandalizzato ai microfoni condannando l’accaduto e sostenendo come sia vergognoso il fatto che “il fratello piccolo aggredisca il fratello grande”. Affermazioni che lasciavano intendere, ancora una volta, quanto chi amministra società, leghe e federazioni, capisca davvero poco di questo Mondo e difficilmente riesca ad andare oltre i propri discorsi burocratici o al massimo tecnici.
Nel frattempo la partita inizia e con essa il tifo delle due fazioni. I biancocelesti partono subito bene, con tante manate e cori secchi, che spesso suscitano i fischi dei dirimpettai, sintomo che il tono di voce è quello giusto. Diversi due aste tenuti in mano e tutti dietro alle pezze che contraddistinguono la Curva Nord versione trasferta. Appare chiaro come il confronto con una tifoseria rivale dia sempre quella motivazione in più a far bene, rimanendo pertanto il sale di questo mondo. Sul finire del primo tempo la Lazio passa in vantaggio grazie a un rigore trasformato da Immobile, che approfittando della bella conformazione dell’Arechi, attaccato al campo, esulta abbracciando letteralmente la propria gente. Rabbia e contestazione su fronte granata, con i tifosi che non hanno mandato giù il penalty assegnato in seguito al VAR.
Ma la rabbia dei salernitani, come da costume odierno, viene soffocata dagli altoparlanti dell’Arechi, che irrorano musica a tutto volume sopendo tristemente i rumori da stadio. Sarò ripetitivo, lo so: ma questa usanza mi fa davvero schifo. Si tratta di una di quelle trovate da sport americano che ormai da diversi anni contaminano i nostri stadi, favorendo palesemente la disgregazione e annientando il contatto sociale. Basti pensare che sono costretto ad interrompere a metà una tranquilla chiacchierata con un ragazzo appena conosciuto sugli spalti, pena dovermi operare alle corde vocali considerando quanto dovevo gridare per farmi sentire!
Andando invece all’unica musica che merita considerazione, vale a dire quella degli ultras, devo dire che la performance dei padroni di casa va in crescendo, esattamente come l’esito della partita. Dopo un primo tempo discreto, nella ripresa la Sud – in particolar modo dopo l’immediato pareggio di Kastanos – sale in cattedra, comprendendo le difficoltà dell’avversaria e subodorando la possibilità di portare a casa la prima vittoria della stagione. Tanti i cori tenuti a lungo e i battimani che coinvolgono quasi tutto il settore. Al 66′ l’ex Candreva trova il jolly da fuori e fa esplodere lo stadio. Si tratta del gol che darà ai campani i tre punti. Una rete siglata ancora dall’uomo simbolo di questa Salernitana. Il tifo si impenna sulle hit ormai consolidate da anni, mentre a mio avviso, se devo muovere una critica, trovo sempre un peccato che ad una tifoseria come quella granata manchino un po’ di elementi che nel recente passato l’hanno contraddistinta, vedasi sciarpate massicce e in generale un po’ più di colore. Il materiale umano a disposizione è di quelli importanti, anche se capisco che la Serie A e la perenne chiusura della Curva Nord hanno favorito l’afflusso in Sud di tante persone che più che essere interessate al tifo sono interessate a spendere qualche Euro in meno!
Come detto, il match finisce 2-1 per i padroni di casa, con l’Arechi che al triplice fischio può liberare l’urlo di soddisfazione. Delusione, ovviamente, in casa Lazio, dove si attendeva un successo per dare un cambio di marcia a un campionato sin qui contraddistinto da luci e ombre. C’è ancora spazio per gli ultimi sfottò tra le due tifoserie, atteggiamento che segna finalmente il ritorno di questa sfida alla presenza di ambo i contingenti ultras, cosa che ormai non si può più dare per scontato.
Chiudo con una riflessione: l’arrivo e la partenza dei cinquecento laziali sono stati gestiti complessivamente con ordine e senza patemi d’animo. Il che vuol dire – come dico sempre – che ogni partita può esser fatta giocare a piena capienza e con tutte le tifoserie. Il che vuol anche dire che la stessa cosa poteva esser fatta aprendo l’intero settore ospiti e non utilizzando i soliti mezzucci per cercare di far disertare lo stadio. Il perenne clima emergenziale di questo Paese ci ha convinti che anche la più semplice delle situazioni che richiedono impiego di forza pubblica, debba esser per forza pompata e paragonata al contenimento di un’invasione militare. Il tutto sempre e comunque foraggiato da un certo tipo di stampa. Ecco, quando si porrà l’accento sul ritorno a una vera e propria normalità (parola che negli ultimi anni è spesso risuonata beffarda) sarà sempre troppo tardi. Intanto, quando si può mettere in difficoltà questo discriminatorio sistema di restrizioni e limitazioni, bisogna farlo senza indugio.
Testo Simone Meloni