C’è clima di grande attesa a San Benedetto: il ritorno in C dopo diversi anni, il buon inizio di campionato, l’approssimarsi del tanto atteso – quanto probabilmente rovinato dalle vergognose e medioevali istituzioni italiane – derby con l’Ascoli e, più in generale, una grande voglia di indossare la sciarpa e portare all’interno del “Riviera delle Palme” tutto l’orgoglio di una comunità, serpeggiano vistosamente in città. Non si giudica una tifoseria solo in base ai numeri portati in casa e fuori, vero, ma con la moria di passione e interesse per il pallone, le limitazioni sempre più stringenti e la totale perdita di fascino che il calcio ha avuto negli ultimi anni, trovarsi di fronte alle cifre con cui viaggiano i marchigiani dallo scorso anno è senza dubbio sintomatico e non può passare inosservato. Così come fanno notizia i cinquecento biglietti staccati a Ravenna, una piazza letteralmente rinata negli ultimi due anni, dopo un lungo tempo di apatia, sia sportiva che curvaiola. Tutte ragioni che inducono a presentare in modo appetitoso il confronto di questa sera.
La strada scorre veloce sulla dorsale adriatica, riuscendo a mettere in secondo piano anche i perenni lavori che interessano l’A14 grazie al suo magnifico paesaggio, che in un fazzoletto di terra digrada quasi poeticamente dall’Appennino al mare, assumendo i colori rossastri del tramonto e perdendosi poi nelle tenebre della notte autunnale. Al “Riviera”, laddove solerti questori sono riusciti a fare l’unica cosa di cui sono capaci, vale a dire vietare trasferte e discriminare in base alla città o alla regione di provenienza, il posto per la macchina si trova facilmente. Questo perché l’impianto sambenedettese, inaugurato nel 1987, è stato magistralmente posizionato per accogliere le tifoserie ospiti, tenerle separate dal pubblico di casa e favorire, in modo agile, anche l’afflusso di quest’ultimo. Peccato che tutti sembrino averlo dimenticato e torni più facile accampare scuse autoritarie per non gestire (vedasi derby con l’Ancona dello scorso anno, sempre aperto negli anni precedenti e senza alcun problema di ordine pubblico…vergognosi incompetenti lazzaroni!).
Tra le due tifoserie esiste una rivalità alquanto datata, accesa anche dall’amicizia dei rossoblù con i riminesi. Pertanto il servizio d’ordine (stasera ben approntato, almeno i soldi dei contribuenti sono stati spesi per far lavorare qualcuno e non per tenerli braccia conserte a guardare l’ultimo Tik Tok di qualche scappato di casa) è distribuito in modo massiccio, rendendo praticamente impossibile qualsiasi contatto. Quando manca meno di un’oretta al fischio d’inizio, i gruppi della Nord cominciano a convogliare verso il proprio settore, così anche per me è tempo di entrare sul manto verde e cominciare a respirare aria di sfida fra le due fazioni. Mentre preparo la mia attrezzatura noto, sulla panchina del Ravenna, una vecchia conoscenza della Serie A, e in particolar modo della Roma: Stefano Okaka Chuka. Cresciuto calcisticamente a Trigoria, è passato agli annali per uno storico (e decisivo) gol di tacco contro il Siena nella stagione 2009/2010. Rete propiziata dall’assist al bacio di tale Adrian Piț, centrocampista romeno arrivato nella Capitale per ragioni ancora sconosciute ai più e tornato poi in patria a svernare. Chiusa suddetta simpatica – ma anche grottesca – parentesi, posso continuare a dedicarmi alla cornice di questo incontro, con le gradinate che vanno man mano riempiendosi, registrando alla fine 8.389 spettatori.
La Curva Nord si presenta alquanto spoglia, almeno rispetto alla passata stagione. Gli ultras adriatici hanno deciso di non esporre il lungo (e oggettivamente bello) striscione Curva Nord Massimo Cioffi per non dover chiedere le autorizzazioni del caso (e che sei matto? Addirittura vuoi far portare uno striscione allo stadio senza burocratizzare pure quello?), limitandosi a esporre le pezze di Bandaraia e Futili Motivi (su cui spicca il materiale dei romanisti e di Schickeria), nonché i tantissimi stendardi e due aste di altri gruppi e compagnie. Sicuramente a livello estetico la Nord perde qualcosa, ma onestamente non mi sento neanche di criticare questo genere di scelte, soprattutto sapendo il tipo di pressione e ricatti di cui sono capaci determinati personaggi. E comunque oggi i rossoblù dimostreranno con i fatti che un impatto estetico non strabiliante può esser ampiamente sopperito da una grande prova canora, che poi è alla base di tutto. La famosa sostanza che viene prima dell’apparenza.
Su fronte ospite, bello l’ingresso dei cinquecento romagnoli, che entrano nel loro settore insultando i dirimpettai e creando sin da subito un clima incandescente. Non vedevo i ravennati in trasferta dalla stagione 2004/2005, per la precisione da un playoff di Serie C2 giocato al Flaminio di Roma contro la Cisco. Quindi i miei ricordi sono un po’ sfocati, sebbene abbia nitidamente in mente lo striscione degli Ultras Ravenna 1994 esposto al centro della curva alla mia sinistra. Altri tempi per tutti noi e anche per il calcio. Ma altri tempi anche per il tifo organizzato giallorosso, che dal 2021, con lo scioglimento degli UR ’94, ha lentamente cambiato fisionomia e, dopo un periodo di appannamento, ha ripreso quota dietro alle sigle di Ravenna 1913 e Bella Situazione. Il grande entusiasmo creato dall’ottimo inizio di campionato e dall’ambizioso progetto societario, ha riportato il grande pubblico sugli spalti del “Benelli” e ha giovato anche lontano dalle mura amiche, dove tutte le componenti del tifo sembrano marciare nella stessa direzione, riuscendo a convogliare in maniera intelligente e positiva l’euforia (cosa sempre difficile).
Sta di fatto che la loro performance odierna si attesterà davvero su ottimi livelli per tutta la partita, colorata anche dai tanti bandieroni sventolati e da una fitta sciarpata nella ripresa. Molto bravi i ragazzi incaricati di lanciare i cori: attenti alla partita, attenti a colorare di tanto in tanto il settore e soprattutto attenti a coinvolgere tutti, aspetto non da sottovalutare quando non si è abitati a portare numeri così alti in trasferta. Si capisce che il corrente progetto sia è nato e si sta portando avanti con la giusta propulsione, che se ben gestita saprà restituire grosse soddisfazioni negli anni a venire. Sempre bello, perché legato alla storia della città, vedere drappi e bandiere su cui è impresso il gonfalone comunale, rappresentato da due leoni rampanti divisi da un pino. Da segnalare la presenza dei gemellati bolognesi con la pezza dei Forever Ultras e l’esposizione di uno striscione di solidarietà per i tredici romanisti attualmente ancora detenuti a Nizza.
Come accennato qualche capoverso più su, anche la prova dei sambenedettesi merita un elogio. Anzi, devo dire di più: ero stato qui qualche mese fa, in occasione della bellissima sfida contro il Chieti, quando un “Riviera” al gran completo si apprestava a tagliare il traguardo del ritorno in C. Sicuramente quella domenica ci fu un ottimo tifo da parte dei rossoblù, ma stasera credo che per rabbia e convinzione sia stato persino superiore: cori che hanno coinvolto la Nord e i settori attigui, battimani granitici e soprattutto una partecipazione spontanea ed esagitata relativamente alla partita, che minuto dopo minuto si è fatta sempre più aspra, finendo per far letteralmente inviperire lo stadio a causa di decisioni arbitrali tutt’altro che condivise, tra cui un gol annullato e un rigore, contestatissimo, non concesso. Elogio questo genere di comportamenti per due motivi: il primo perché sono la prova provata di quanto ancora in Italia il calcio piaccia, almeno a questi livelli, e quanto lo spettatore si voglia sentire parte del gioco. Il secondo è che provo piacere nel pensare alla mente ipocrita e perbenista dei vari dirigenti federali, delle leghe e degli Osservatori Nazionali Minchiate Sicure, scandalizzati e adirati nel vedere sprazzi di corrida nel finale. Bene così! In attesa che arriviate a vietare anche la presenza di giocatori ospiti sul terreno di gioco, siete così ridicoli che nessuno si sorprenderebbe più!
Tornando alla Nord e alla sua prova, fa sempre piacere vedere persone “avvelenate” nel cantare e consce di poter fare la differenza sul risultato finale. Non a caso l’ambiente prodotto, nel complesso, è di quelli importanti e si può tranquillamente dire che in Serie A, salvo rare occasioni, scenari come questi possiamo ormai soltanto sognarceli. Stendardi e pezze tenute a mano danno un bell’impatto, lasciando spazio a una spontaneità organizzata, un po’ tipica delle tifoserie marinare. Al triplice fischio, dopo minuti di insulti alla terna arbitrale e alla dirigenza ospite, i supporter marchigiani richiamano la squadra sotto al settore per applaudirla e cantare tutti assieme il classico coro in cui “Gino preparo lo spino”. Ovviamente squadra sotto al settore anche dall’altra parte dello stadio, per un Ravenna primo assieme all’Arezzo, prossima avversaria in campionato. Ultime scaramucce tra le curve e poi si cominciano a smontare gli striscioni, così anche per me è tempo di andar via, mentre la fresca brezza marina si fa sentire fastidiosamente.
Ultimi appunti da prendere nella serata sambenedettese: la polizia schierata fuori tra settore ospiti e tribuna che impedisce il passaggio a macchine e mezzi e gli ultras marchigiani silentemente radunati nei pressi del loro settore. Mi inoltro per le vie del centro, dove in tanti sono ancora a passeggio e l’aria dell’estate appena finita sembra aver lasciato i suoi ultimi strascichi. Un po’ tutti parlano di derby, di Ascoli, di sfida che manca da trentanove anni. Mi rattristo pensando a quanto, in virtù di divieti e limitazioni, stia cominciando a detestare queste sfide, ritenendole francamente avulse a qualsiasi concetto di calcio, tifo e stadio. Potrei cadere nella banalità e nella retorica con mille frasi precostruite, non lo faccio perché sarebbe inutile. Mi limito solo a odiare tutto ciò e ad augurare un processo sommario, un giorno magari lontano, a chiunque abbia favorito e foraggiato questi modus operandi da terzo mondo. Ecco perché è sempre meglio godersi il momento e ciò che più di bello può offrire. Potrebbe sempre essere l’ultima volta.
Simone Meloni













































































