Strana storia quella che mi appresto a raccontare. E non perché sia fuori dalla “normalità” calcistica, ma perché a farne le spese sono state società e tifoserie appartenenti a uno dei comuni più particolari del nostro Paese: Lamezia Terme. Nato sul finire degli anni sessanta (4 gennaio1968) dall’unione di Sambiase, Nicastro e Sant’Eufemia e ubicato in una di quelle zone della Calabria che contemporaneamente riescono a restituire tutti gli splendori e gli orrori di questa regione. Una regione complessa, che per essere giudicata dev’esser ancor prima conosciuta e visitata, ma che nella sua anima sembra sempre nascondere un’inquietudine tenebrosa, per i suoi figli e per i novelli avventori del suo territorio. Per “tanti” Lamezia è più che altro Sant’Eufemia, dove insistono stazione e aeroporto, snodi molto importanti per quest’area. Per “altri” c’è invece anche tutto il resto.
Cominciamo con il dire che il nome del “novello” comune deriva dal fiume Amato, conosciuto in antichità come Lametos e deve il suffisso Terme all’omonimo impianto Caronte sito in località Sambiase. Salendo sul Colle San Teodoro, dalla cima del Castello Normanno/Svevo che domina Nicastro (la parte più antica) si possono distingue le diverse entità, arrivando fino al mare, che in Calabria rappresenta una costante, spesso e volentieri anche quando si è all’interno delle impervie zone montuose della Sila o dell’Aspromonte. Con circa settantamila abitanti è uno dei comuni più grandi della regione, nonché uno dei più complessi da un punto di vista amministrativo. Basti pensare che il consiglio comunale, nella sua storia, è stato sciolto ben due volte per mafia e la città è salita alla ribalta delle cronache per la tristemente nota Faida di Lamezia, che tra il 2000 e il 2011 ha visto coinvolte diverse ‘ndrine della zona, terrorizzando letteralmente parte del territorio e rappresentando appieno quel freno a mano con cui, purtroppo, la Calabria è costretta a convivere. Parliamo di un’area che sulla carta avrebbe infinite possibilità di sviluppo e benessere (si guardi solo alla conformazione geografica, con mare e montagna) ma che sovente si ritrova a essere ostaggio dei propri fantasmi.
Tornando all’ambito sportivo, sottolineavo come fosse particolare – contestualmente alla sua storia direi – il percorso calcistico cittadino. Considerato che non parliamo di Roma, Milano, Genova e Torino o di una delle tante cittadine inglesi dove riescono a sopravvivere anche due club (magari disputando pure campionati di alto livello) l’esistenza e il seguito di due sodalizi suscitano tutta la mia curiosità. Inoltre gli stadi di Vigor e Sambiase mi mancano e il fatto che la gara venga anticipata al sabato risuona come un segno del destino. In origine, infatti, avrei dovuto saltarla a causa del Derby della Capitale, in programma la domenica alle 18.
Come spesso capita la mia giornata inizia quando il sole deve ancora sorgere. Classico tragitto con il bus notturno fino alla Stazione Termini, poi da là treno per Napoli e successivamente Torre Annunziata, dove il prode Davide mi recupera in macchina. Il tempo sembra reggere, malgrado qualche goccia, e la motivazione per affrontare questa nuova esperienza c’è tutta. Superato il tratto del Pollino, il più impervio della Salerno-Reggio Calabria, lentamente si aprono davanti a noi scorci di mare, a far da preludio al bivio per Lamezia. La Calabria del calcio in questi ultimi mesi ha subito dei veri e propri terremoti, culminati probabilmente con il tonfo più celebre, quello della Reggina. Lasciata morire dall’imprenditore lametino Felice Saladini e costretta a ripartire dalla Serie D sotto mentite spoglie. Con un nome per ora fittizio e un simbolo totalmente estraneo alla storia degli amaranto. Saladini è proprio il personaggio chiave di tutta questa faccenda, nonché l’ennesima figura – supportata da tutto il suo entourage e tollerata da leghe e federazioni – che ha provato a cancellare storia e tradizioni calcistiche, finendo per fallire, è vero, ma trascinando nel baratro anche tifosi e ultras.
Saladini, ultimo ma non meno importante, è anche l’ideatore dell’FC Lamezia. Una squadra venuta alla luce recentemente con la finalità di unificare tutte le entità cittadine. Cosa, manco a dirla, neanche sfiorata. Malgrado una Serie D a buoni livelli, infatti, il cuore del D’Ippolito ha continuato a battere per il biancoverde della Vigor, mentre quello del Renda per il giallorosso del Sambiase. Ci sono poche certezze nella vita, ma che alla lunga il tifo scelga sempre la tradizione è una di queste. Fa tenerezza che un nutrito stuolo di “fenomeni” non lo abbia ancora capito. Ma è pur vero che spesso e volentieri dietro scelte che possono sembrare illogiche e insensate si nascondono interessi e grovigli di potere ben lontani da qualsiasi discorso relativo alla gestione sportiva. Di certo, il ritiro dal campionato avvenuto poche settimane fa da parte dell’FC Lamezia perché “Preso atto che alla terza stagione sportiva gli obiettivi non sono stati raggiunti, la società ha deciso di rinunciare al campionato in corso” – come si leggeva in una nota della società – lascia più di qualche dubbio sulla bontà dell’operato di lor signori. Un crack che guarda caso fa il paio con quello della Reggina, la quale nel frattempo (sottoforma di La Fenice), si è ritrovata proprio nel girone dei gialloblù, avendoli anche battuti e dovendo, successivamente al loro ritiro, rinunciare a quei tre punti. Il tutto in un contesto più generale di campionato totalmente falsato e ben oltre i limiti della credibilità.
Ma andiamo con ordine. Oltre al succitato Saladini – presidente della Vigor fino al 2021 -, l’FC Lamezia è stata opera anche di alcuni dirigenti del Sambiase che, dopo la promozione in D dei giallorossi (2021), pensarono bene di sposare quel progetto, favorendo il trasferimento del titolo e, di fatto, la cancellazione della loro squadra, costretta infatti a ripartire dalla Prima Categoria con enormi sacrifici. Campionato dove, peraltro, trovarono anche la Vigor, che nello stesso anno, sempre per mano di Saladini, rinunciò all’iscrizione in Eccellenza. Un modus operandi, quello del neonato club e dei suoi dirigenti, che alludeva e sperava nella sparizione dei due storici sodalizi al fine di un’utopica quanto ingenua unione nel sostegno di questa compagine fantoccio. La storia ha sentenziato per qualunque vanagloriosa aspettativa e nell’ultima estate gli ex dirigenti sambiasini che si erano uniti al progetto hanno fatto marcia indietro, scusandosi con la piazza (che nel frattempo aveva smesso di andare allo stadio, almeno nella sua componente ultras) e acquisendo il titolo di una società militante in Eccellenza – la Promosport -, riportando così in questa categoria i giallorossi.
La cronologia degli eventi ha ovviamente creato astio anche tra le due tifoserie, che inizialmente erano idealmente unite contro il nemico che voleva distruggere la loro storia. Su fronte lametino viene contestato ai dirimpettai di aver accettato il rientro in società dei personaggi summenzionati. Indubbiamente, a vederla da esterno, è una storia torbida, in cui l’unica cosa che mi sentirei di definire positiva è la cancellazione per sempre di quell’obbrobrio chiamato FC Lamezia e il ritorno di Vigor e Sambiase. Di sicuro non fa una bella impressione inerpicarsi verso la zona di Nicastro, lambire il D’Ippolito e scorgere già da fuori numerosi marchi del club di Saladini (immagino verranno presto rimossi e destinato a una sacrosanta damnatio memoriae). Si tratta di una ferita – l’ennesima – inferta al calcio di provincia, resa ancor più sanguinolenta e putrida dall’affaire Reggina. Ci si chiede come certi personaggi, dai curricula noti, possano aggirarsi costantemente nel calcio, spesso nei ruoli più disparati (sovente in quelli di prestanome della politica locale e non solo?). Figure che sanno bene quanto, almeno in fase iniziale, far leva sulla fame di successi di tifoserie che da anni navigano nella melma, possa essere una spinta fondamentale alle proprie magagne.
Spostando il focus del discorso sulla giornata odierna – e quindi passando ad argomenti sicuramente più ludici – al Renda si annuncia il tutto esaurito, con i mille biglietti della tribuna di casa andati sold out e settecento tagliandi venduti ai tifosi biancoverdi. Come detto le due squadre stanno vivendo una nuova primavera, col Sambiase che occupa la prima posizione e sogna il ritorno in Serie D. Sodalizi storici, vivi e in fermento, malgrado i recenti, torbidi, trascorsi. Ma chi sono esattamente le due protagoniste che oggi si sfideranno sul manto verde?
La palla comincia a rotolare in quel di Sambiase negli anni quaranta, con la squadra che si iscrive ai campionati regionali e che nel 1952 incappa in sanzioni pesantissime comminate dalla Lega in seguito agli incidenti scoppiati al termine del match contro l’Oppido Mamertina, valido per il Girone A del Campionato Calabrese di Prima Divisione. Il club viene radiato e il campo squalificato a tempo indeterminato. I tumulti, legati all’esito della gara, si protraggono per diverse ore, costringendo i giocatori ospiti a rimanere asserragliati negli spogliatoi e rendendo a dir poco difficile la vita delle forze dell’ordine. Siamo nell’immediato dopoguerra e la situazione sociale del meridione è tutt’altro che fiorente, si capisce dunque come ogni scintilla sia utile a far dilagare tutto il malcontento della popolazione. Come sempre il calcio funge da perfetta valvola di sfogo, una cartina al tornasole di ciò che avviene nella quotidianità.
Sta di fatto che per rivedere le maglie giallorosse calcare un campo di calcio bisognerà attendere ben dieci anni. Nel 1962, infatti, viene costituito lo Sport Club Sambiase, che ricomincia la propria attività dalle categorie più basse. Il primo, vero, periodo di gloria per i sambiasini arriva negli anni ottanta, quando la società conquista per la prima volta l’accesso alla Serie D nel 1984, mantenendo la categoria per cinque anni. I giallorossi proveranno a ritornare nel massimo campionato dilettantistico nel 2002, perdendo però gli spareggi nazionali contro l’Avezzano. Sette anni più tardi il sogno rincorso vent’anni diventa realtà, con i calabresi che conquistano nuovamente la D, dove stazioneranno per tre anni. Ci sarebbe, infine, un’altra promozione, quella del 2021, ma come spiegato in precedenza, non verrà goduta dai tifosi, soppiantati dal mostro FC Lamezia.
Per quanto riguarda il tifo organizzato, nel 2001 nascono gli Ultras Sambiase. Un gruppo che in sordina si pone l’obiettivo di sostenere il club giallorosso in casa e in trasferta, arrivando fino ai giorni nostri grazie a un discreto lavoro di aggregazione e seguito. Cosa non facile in un posto dove, è innegabile, i pionieri del movimento ultras sono i ragazzi della Vigor, anche aiutati da una squadra che per tanti anni ha bazzicato tra la Serie D, la C e la C2. Il sodalizio biancoverde nasce nel 1919 come Vigor Nicastro, divenendo Vigor Lamezia solo nel 1977, con il chiaro intento di abbracciare l’unione dei tre comuni e identificarsi quindi come club cittadino. Senza dubbio è la compagine calcistica più famosa della zona, che però da anni annaspa nei meandri del calcio regionale. Lo scandalo Dirty Soccer del 2015 – inchiesta sul calcioscommesse che ha mietuto vittime illustri – costrinse i biancoverdi a non iscriversi alla Serie C, ripartendo dalla D, dove terminando all’ultimo posto retrocessero in Eccellenza, dando il la a una lunga serie di fallimenti sportivi. Addirittura al termine della stagione 2016/2017 la società non si iscrive al campionato successivo, perdendo l’affiliazione alla FIGC e mettendo in liquidazione l’azienda.
Iniziano, dunque, tutta una serie di tentativi per rifondare il club. Nell’agosto dello stesso anno, dalla fusione dell’ASD Biancoverdi Lamezia e il CSI Staletti nasce l’ASD Vigor Lamezia 1919, iscrivendosi alla Prima Categoria ma non venendo tuttavia riconosciuta da una parte di tifosi e dagli ultras, che a loro volta fondano un altra società, l’ASD Vigor 1919, iscrivendola in Terza Categoria.
La Vigor Lamezia 1919 conclude il rispettivo girone del campionato di Prima Categoria al secondo posto, conquistando il salto di categoria nel campionato di Promozione battendo ai play-off l’Archi. In estate cambia denominazione in A.S.D. Vigor Lamezia Calcio 1919. Al termine del campionato di Promozione 2018-2019, viene ripescata in extremis in Eccellenza in sostituzione dell’Olympic Rossanese 1909. La Vigor 1919, invece, si fonde col Fronti (mantenendo la denominazione), altra società calcistica cittadina con sede nell’omonima frazione, ereditandone la categoria di appartenenza, la Prima Categoria. Nel mese di agosto 2019, la Vigor 1919 (militante in Prima Categoria), ottiene il “diritto di poter utilizzare a proprio uso qualsiasi riferimento storico, immagini digitali e cartacee, meriti sportivi, trofei e qualsiasi altra notizia e/o riferimento avente a che fare e di proprietà della Vigor Lamezia s.r.l.” in seguito all’accordo con Giancarlo Butera, presidente dello storico sodalizio fallito.
Il resto della storia porta un nome e cognome ben noto: Felice Saladini. Che nel giugno del 2020 unisce i due club lametini, iscrivendo la Vigor Lamezia Calcio al campionato di Eccellenza e provando, come detto, a cancellare sia essa che il Sambiase ad appannaggio dell’FC Lamezia, nel 2021.
Oltre a un’intricata storia societaria, tuttavia, l’universo biancoverde è giocoforza rappresentato anche e soprattutto dai suoi ultras. Una piazza che negli anni si è ritagliata una certa considerazione grazie a una militanza sempre sugli scudi e al di là di ogni risultato sportivo. Senza dubbio il Nucleo (che nasce come Nucleo Sant’Eufemia) ha tracciato la strada nell’attitudine da stadio dei biancoverdi, designandone la forma mentis e il modo di essere. La storica amicizia con i genoani, i buoni rapporti con i catanesi e la rivalità con i catanzaresi, sono un monito sul loro valore e su quanto negli anni siano riusciti a costruire in una realtà che affonda le proprie radici in un tessuto sociale complesso, tutt’altro che agevole da maneggiare e modellare in fatto di stadio. Da malato di viaggi non posso che ricordare con una certa simpatia la pezza Gli Eterni Viaggiatori, che per anni ha contraddistinto le presenze dei lametini.
Quindi quest’oggi mi ritrovo da una parte una tifoseria di lunga data, ripartita dal pantano del dilettantismo e impegnata a dar linfa nuova alle sue generazioni, dall’altra, invece, un gruppo che da inizio anni duemila ha saputo ritagliarsi il suo spazio, fino ad arrivare ai giorni nostri con ottimi numeri e un bel modo di affrontare il tifo. Il bello di queste partite è che riescono ancora a trasmettere un minino di essenza, non venendo fagocitate dallo show business della massima serie o dalla voglia di apparire di talune curve, ormai più dedite a tiktok e all’apparire che alla propria militanza.
Dopo un accesso al campo un po’ difficoltoso, calpesto il tartan della pista d’atletica cominciando a farmi un’idea su dove sarà meglio scattare. La conformazione del settore ospiti non è proprio il massimo, basso e coperto dalle recinzioni, mentre la tribuna di casa è complessivamente carina, anche grazie alla copertura che sicuramente favorisce il rimbombo dei cori. Le due squadre fanno il loro ingresso in campo e su fronte sambiasino vengono accese diverse torce e qualche fumogeno lungo tutta la tribuna. Quando il fumo si dirada spiccano tante bandierine giallorosse a colorare lo spicchio occupato dagli ultras. Complessivamente un bello spettacolo, ideato con elementi che difficilmente possono fallire: pirotecnica, bandiere e sciarpe. Alla faccia di coreografie elaborate o talmente difficili da comprendere che bisogna munirsi prima di libri e dizionario. Nel settore ospiti nulla da segnalare da un punto di vista coreografico, si comincia subito a cantare dietro le pezze, mentre durante tutta la partita verranno esposti diversi striscioni per “pungere” i dirimpettai sulle note vicende societarie. Da notare la pezza MZ, che sottintende la presenza dei gemellati di Milazzo.
Capitolo tifo: la prova dei sambiasini è di quelle importanti. Gli ultras giallorossi cantano per più di novanta minuti (considerata anche buona parte dell’intervallo), colorano con bandiere, sciarpe e torce e riescono in più di un’occasione a coinvolgere tutti i presenti. Davvero un’ottima performance, aiutata anche dalla prestazione della squadra che con un gol per tempo stende gli avversari all’inglese. Molto più asciutta, di contro, quella degli ultras lametini, che si fanno sentire con molti cori secchi e a rispondere. Senza dubbio, in quest’era di omologazione congenita, è anche bello vedere a confronto due modi diversi di fare tifo: marcato stampo italiano per i padroni di casa, più british quello dei biancoverdi.
Al triplice fischio, sebbene con umori contrapposti, le due squadre vanno a raccogliere gli applausi del pubblico. Grande festa su sponda giallorossa, con il pubblico che sale sulle inferriate, provocando l’irritazione di alcuni funzionari, che provano in ogni modo a far desistere i tifosi, finendo tuttavia con il rinunciare alle loro “virtuose” intenzioni. Fortunatamente, aggiungo. Anche se è chiaro come ormai un po’ tutti questi personaggi siano affetti da un’ipocondria da tifo generata dagli ultimi vent’anni di campagne anti ultras e, in generale, anti tifo.
Realizzo le ultime foto prima di cercare il classico biglietto utile alla mia collezione. L’orologio non lascia scampo, è sufficientemente tardi e il viaggio di ritorno per il sottoscritto sarà lungo e con diversi cambi. Infatti dopo esser “scaricato” a Scafati dovrò fruire dell’immortale Circumvesuviana e poi del sempre infino e infame Flixbus. Ma ci sta, quando il prezzo da pagare è questo lo si fa volentieri, soprattutto perché di rimando ci si è guadagnato in “cultura personale”. Non era affatto un match facile da vedere e commentare. Il tempo perso è sicuramente ben speso. Con la speranza che queste tifoseria riescano a conquistare maggiori vette, prendendo letteralmente a schiaffi tutti i vomitevoli personaggi protagonisti di questa storia!
Testo Simone Meloni
Foto Simone Meloni e Davide Gallo