L’estate batte i suoi ultimi colpi di coda. Il pomeriggio rivierasco è ancora di quelli afosi, eppure già si avverte qualche segno dell’autunno incombente nei bagnanti che in spiaggia cominciano a farsi sempre più radi o nel termometro che comincia a scendere. Solo di qualche grado per volta ma inesorabilmente. Per chi come noi misura le stagioni in calendari calcistici invece, creme, ombrelloni e ferie in toto sono ormai passato, forse ancora più remoto dell’ultimo coro levato al cielo non più di un paio di mesi fa e la cui astinenza lo fa sembrare distante come l’era quaternaria.

Il mio capodanno calcistico ed ultras si celebra nella piccola San Mauro Pascoli. Se ve lo state chiedendo, sì, deve il nome al poeta Giovanni che di questo paese era nativo. C’erano effettivamente altre scelte più appetibili in zona, ma alla possibilità pur piacevole di ritrovarci in due o più fotografi a far salotto, preferisco sempre trovare un campo non coperto per avere una partita e degli ultras in più da immortalare e raccontare. Sulla Sammaurese, diciamocelo subito e togliamoci l’obbligo di cronaca, c’è in verità poco o nulla da dire: nel piccolissimo ma affascinante stadio “Macrelli”, pochissimi gli spettatori di fede giallorossa, quasi tutti al fresco sotto una tribuna che, molto alla lontana, ricorda quelle in stile vittoriano degli stadi inglesi, quando ancora avevano un fascino tutto tipico, prima ancora che divenissero dei non luoghi ultra-moderni e spersonalizzanti. Nello spicchio scoperto, all’estrema sinistra, si raccolgono una decina di ragazzi dall’età media molto bassa, con materiale molto alla buona e autori di un tifo molto genuino ma sicuramente non sufficiente né in numeri, né in potenza e né in continuità.

La mia curiosità oggi è ovviamente tutta per i tifosi ospiti. Mi preparo alla peggiore delle ipotesi, mi convinco che almeno quel manipolo di 50 fedelissimi ci sarà, quindi quando impatto visivamente i pesaresi giunti oggi a San Mauro sono felicemente sorpreso dal loro numero. Al di là delle valutazioni quantitative, la qualità mi pare da subito buona e i biancorossi mi sembrano parecchio carichi: sarà che di calcio giocato ormai mi interesso meno che di gossip, quindi non ho materiale alcuno per corroborare la mia sensazione che la Vis quest’anno abbia allestito una squadra per vincere e che questa sugli spalti ne sia l’esatta conseguenza.

Inizio veramente in gran spolvero per i pesaresi, con diversi battimani e cori ruggenti, sostenuti anche da buona parte del pubblico ai lati dello zoccolo duro degli ultras. Come coreografia iniziale, una torcia ed un fumogeno rosso levano volute di fumo e colore, ma nella solitudine del terreno: ardire a tenerle troppo fra le mani, festeggiare con troppa enfasi, pare sia divenuta l’eresia massima per la nuova Inquisizione calcistica.

Peccato solo che appena sette minuti dopo il fischio iniziale, la Sammaurese passi già in vantaggio. Mi dico che è solo un incidente di percorso, me lo dicono anche gli ultras che continuano a cantare indefessi, seppur registrando già qualche defezione ai laterali, dove notoriamente e in tutte le piazze si annidano esperti allenatori che solo il fato avverso relega ancora sugli spalti e non su una gloriosa panchina.

I locali, forti del vantaggio, lasciano il pallino del gioco agli avversari che appaiono più veementi, dominano il campo ma è una supremazia sterile, infiacchita anche dal gran caldo. Finisce con nulla di nuovo. Alla stessa maniera non cambia il copione nel secondo tempo, con la Vis che prova a ordire trame sufficienti a scardinare il bunker romagnolo e la Sammaurese che aspetta per agire in contropiede.

Agli ultras di tutto ciò frega poco o nulla, vorrebbero a prescindere vincere e farlo ovunque. A tal scopo continuano a mettere in campo tanta voce e tanti battimani, con le belle bandierine che, assieme al bel bandierone della “Vecchia Guardia”, si vedono molto meno rispetto alla prima frazione di gioco. La tensione probabilmente comincia a salire, i ranghi vanno sempre più serrandosi e seppur la continuità risulti meno uniforme rispetto alla prima buonissima mezz’ora della gara, il tifo c’è, il fuoco resta sempre acceso, compreso quello della speranza di riacciuffare il match, ma a cavallo del 65′ la Sammurese mette a segno un uno-due micidiale.

La Vis Pesaro è tramortita, ferita ormai a morte e teoricamente vinta. Gli ultras, dopo un lasso di tempo in cui hanno alternato cori argentini, altri cori più tradizionali del repertorio italiano (offese ai fanesi comprese), qualche coro secco per dare coraggio alla squadra, finiscono anche loro per lasciare il campo ai ritmati “Noi vogliamo gente che lotta” o rivendicazioni coscienti di meritare più della desolante pochezza odierna.

Gli ultimi venti minuti sono di uno scoramento quasi totale che rovinano la media di una giornata nata sotto i migliori auspici. Le attenuanti ci sono tutte, ma al netto delle conseguenze del caldo e della miserrima prestazione della squadra, vado via con la sensazione ben percepita di una tifoseria in buona salute, che spero possa raccogliere nel prosieguo del campionato qualcosa di più in quanto a soddisfazioni e sono, invece, convinto possa fare vedere tante altre cose buone.

Matteo Falcone.