Chi l’avrebbe mai detto che un giorno la più classica delle amichevoli estive tra Santarcangelo e Cesena si sarebbe disputata come gara valevole per un campionato, seppur si parli solo di serie D?

Chiaramente bisogna premettere gli antefatti che l’hanno resa possibile: la formazione locale è reduce dalla cocente retrocessione della passata stagione, che la vide malamente perdere contro il più blasonato Vicenza, ai playout, una salvezza che aveva conquistato sul campo. Rimise tutto in discussione una penalizzazione di 2 punti per inadempienze economiche che la condannò prima appunto alla disputa dei playout contro i veneti e poi alla retrocessione dopo la sconfitta in una gara che, sulla carta, sembrava ampiamente alla sua portata.

L’estate all’ombra del Campanone è stata contraddistinta dal ricorso del presidente Mestrovic per la riammissione in Serie C, ma sappiamo tutti in quale bolla di sapone siano finiti i ripescaggi, causando ritardi a cascata dapprima sul varo dei gironi, poi dei calendari e ancora oggi, con novembre alle porte, siamo qui ad aspettare squadre che non hanno mai giocato, che non si sa quando giocheranno, in quale categoria e in virtù di quale sentenza, ammesso e non concesso che la lega di competenza ne accetti la giurisdizione. Era il gioco più bello del mondo, è diventato il più grottesco. Ed è un eufemismo.

Non meno travagliata l’estate cesenate: la nuova compagine, denominata RC Cesena, ha visto infatti la luce solo grazie al titolo sportivo del Romagna Centro, espressione calcistica di Martorano, frazione del Comune di Cesena, già militante in D. Tutto questo dopo che il Cesena stesso è miserabilmente fallito per oltre 70 milioni di euro di debito accumulati negli ultimi anni dalle varie gestioni societarie, in ultimo dal presidente Lugaresi, ma anche in precedenza dall’ex Campedelli.

Durante l’estate la città di Cesena, con in testa il sindaco e gran parte dell’imprenditoria locale, si è immediatamente rimboccata le maniche per far ripartite il calcio ricominciando da una società sana e forte, avvicinando sponsor a supporto del nuovo progetto calcistico al quale si sono poi aggiunte quasi 8.500 persone che hanno benedetto l’operazione rinascita sottoscrivendo un abbonamento stagionale.

Ovviamente a rimetterci è stata la formazione del Romagna Centro, di fatto scomparsa dal calcio giocato con la cessione del propio titolo sportivo, come in passato era successo alla Giacomense in favore della Spal. Passaggi questi quasi indolore per l’assenza di una tifoseria storica nelle società cedenti, che magari si trovano in condizioni calcistiche migliori, ma la mancanza di appoggio popolare, di sponsor non aveva mai permesso di coltivare ulteriori ambizioni di crescita e questa sinergia di elementi è risultata poi determinante. Vedere oggi la Spal giocarsela in Serie A senza timori reverenziali, è senza dubbio di buon auspicio per il prossimo futuro e comunque insegna quanto, prima di ogni cosa, sia importante una solida e sana struttura societaria.

Oggi il piccolo stadio della città Clementina fa registrare il tutto esaurito, oltre 2.000 sono le persone presenti per quella una partita che verrà sicuramente ricordata a lungo. Gli ospiti giunti dalla vicina Cesena e non solo (basta guardare striscioni e bandiere per rilevare gli arrivi dalla Romagna intera), occupano interamente tutto il settore ospite e gran parte della tribuna coperta per una presenza quantificabile su 1.500 sui 2000 presenti complessivi.

Sul fronte locale, l’anima calda del tifo gialloblù è formata da una dozzina di ragazzi dietro la sigla “Casualmente ultras”, obiettivamente meno di quanto una partita di cartello come questa facesse presagire, ma fortunatamente a riempire il settore ci pensano i calciatori del settore giovanile. All’ingresso delle squadre in campo si colorano con un bel bandierone gialloblù e qualche fumogeno. Di fronte a loro i più quotati ultras bianconeri guidati dalle WSB alzano al cielo numerosi bandieroni, con i simboli storici dei maggiori gruppi della Curva Mare, WSB appunto, poi SCONVOLTS, VIKING, oltre a numerosi stendardi e due aste.

L’andamento della partita in campo è equivalente al tifo sugli spalti, il Cesena si impone con un netto 4 a 0. Troppo forte per quello che ha dimostrato sul terreno di gioco, a differenza di un Santarcangelo formato prevalentemente da giovani calciatori, ad eccezione di capitan Cascione, uno degli ex dell’incontro.

Nell’arco dei novanta minuti il repertorio bianconero ha prodotto un tifo continuo fatto di discrete manate, seppur il settore ospite non agevoli in questo. Uso continuo dei bandieroni nella parte centrale e tanta voce. Ovviamente non vengono dimenticati i rivali storici del Bologna ai quali riservano qualche coro di sfottò. Per il resto, oltre ai consueti cori di incitamento allo loro squadra che auspicano un pronto ritorno nei campionati professionistici, intonano anche cori in dialetto romagnolo.

Da menzionare, al raddoppio della squadra ospite, tutto il settore che mostra le proprie sciarpe bianconere sulle note di “Romagna Mia”, ma incurante delle 1.000, tra i locali un giovane tifoso con il propio padre mostra fiero la propria sciarpa gialloblù.

Nella ripresa i gruppi della curva Mare espongono un lungo striscione di solidarietà ai gemellati del Brescia per delle recenti diffide che li hanno colpiti. Il secondo tempo si trasforma presto in una passerella, con la squadra ospite che amministra il risultato abbondantemente consolidato aspettando solo il triplice fischio,
allorquando tutta la squadra si porta sotto il settore per festeggiare e ricevere i meritati applausi, mentre i più fortunati si accaparrano qualche pantaloncino e maglietta.

Per la squadra locale resta da rimboccarsi le maniche e ripartire per onorare questo campionato, nonostante due/tre squadre, Cesena e Matelica, sembrano già destinate a fare un campionato a sé. Oggi, come si può affermare in questi casi, l’unico ad essere soddisfatto in casa Santarcangelo può ritenersi il cassiere.

Tommaso Giancarli