È una partita che per diversi aspetti ha sapore tragicomico questo playout fra Santarcangelo e Vicenza che, dopo la gara d’andata in Veneto finita 2-1 in favore dei padroni di casa, si affrontano al “Valentino Mazzola” a campi invertiti. Gli ospiti potrebbero far pre-tattica forti dei due risultati su tre a disposizione, seppur sia ben noto quanto possano essere invise alle invisibili divinità del calcio certe strategie al ribasso. Ai romagnoli guidati in panchina da Zeman jr, subentrato nelle ultime giornate a Cavasin, non resta che rispettare la tradizione di famiglia e giocare all’attacco nella speranza di portar via il bottino massimo.

Il cammino delle due squadre, fino ad incrociarsi in questo spareggio, è ovviamente ed ugualmente costellato di momenti infelici. Il Santarcangelo vi si ritrova grottescamente invischiato dopo che al fischio finale della stagione regolare si era invece salvato sul campo. Ci ha pensato poi un verdetto della Corte Federale a mandarlo ai playout con due punti di penalizzazione per ritardato pagamento di parte delle quote Irpef ai propri tesserati. Tutto riconducibile a un mero errore tecnico e non già a difficoltà finanziarie secondo il croato Mestrovic, presidente dei romagnoli. Difficoltà finanziarie invece pesanti e note a tutti quelle che hanno investito il sodalizio berico.

Stagione assurda per la Serie C, emblematica della sua disorganizzazione se non della ancor più colpevole malafede e connivenza di chi non ha saputo schermare le società da certi loschi figuri. Sulle capacità manageriali meglio glissare con eleganza, onde evitare di bestemmiare: oltre al Modena fallito e ritiratosi a campionato in corso, funestato di problemi anche l’anno calcistico dell’Arezzo, del Matera, dell’Akragas e di tante altre squadre che tenerne conta è esercizio arduo. Ben 74 punti di penalizzazione totali per inadempienze finanziarie e qual è stata, di fronte a questo disastro inaudito, la proposta della FIGC? Aprire il campionato alle Squadre B dei club della massima serie: in pratica, se la vostra vita fosse un cesso, vi basterebbe presentarvi con una escort e uno smoking in affitto al matrimonio di vostra cugina e tutta la famiglia vi crederà Hugh Hefner, tutti i vostri problemi scompariranno. Riforme strutturali? Programmazione? Ma perché affannarsi, suvvia: guardate di là, sta passando il cameriere con un vassoio di calici e bollicine…

Il Vicenza è un po’ la summa massima dell’incapacità di chi guida il nostro calcio e che forse farebbe meglio a guardarsi allo specchio con lo stesso zelo con cui si accanisce contro i tifosi, spesso in maniera del tutto gratuita e pretestuosa, quando li diffida per aver acceso coreograficamente un fumogeno. Retrocesso in C dopo una stagione fallimentare in B, s’è ritrovato con una società in disarmo che, fin dall’inizio del 2017-18, oltre a partire per il ritiro con una rosa a dir poco incompleta, aveva cercato in tutti i modi di disfarsi della patata bollente. Da lì un infinito balletto di trattative, vere o presunte, fino a quando son venuti al pettine i nodi degli stipendi non pagati e senza nemmeno rendersene conto, ci si è trovati in amministrazione controllata. Fra salti mortali di ogni sorta, punti di penalizzazione, sul filo del rasoio del fallimento definitivo, i biancorossi sono riusciti ad arrivare fino in fondo anche grazie alle tante iniziative dei tifosi per raccogliere soldi. E un po’ anche grazie alla “tolleranza” di Gravina e i suoi uomini che non potevano politicamente permettersi un Modena-bis. Però queste non sono colpe dei tifosi o che i tifosi dovrebbero pagare oltre a quanto hanno già direttamente o indirettamente fatto. E ovviamente non le dovrebbero pagare nemmeno i tifosi di club terzi che le subiscono per cascata, ma il processo innescato è perverso e irreversibile.


Venendo alla più stretta attualità, non inferiori sono state le polemiche specificatamente intorno a questa gara di ritorno: la scorta di biglietti del settore ospiti, concesso per intero e consistente in 948 posti, è stata polverizzata nel giro di poche ore, tanto che per un po’ di tempo e con una certa insistenza aveva preso corpo l’ipotesi di spostare la gara a Rimini o a Ravenna. Farsi erodere quel po’ di fattore campo, derivante dalla confidenza con il proprio terreno di gioco, non deve aver trovato troppo d’accordo il Santarcangelo Calcio tant’è che alla fine ci si ritrova tutti nella naturale sede designata.

In un sabato pomeriggio tipicamente pre-estivo, mettendo piede sul rettangolo di gioco, colpisce da subito il colpo d’occhio offerto dai tifosi vicentini, tantissimi e molto colorati. La componente ultras si piazza, dietro le proprie storiche insegne, nella tribunetta metallica, mentre una parte di tifosi meno interessati al tifo canoro, a cui poi in verità sporadicamente parteciperanno, si sistema nella vecchia tribuna in cemento.

Davvero positivo anche l’impatto offerto dalla tribuna coperta dei locali che mai in tutte le mie precedenti visite avevo visto così piena, seppur vi contribuiscano diversi tifosi ospiti che probabilmente non avevano trovato posto nel settore loro riservato. Promiscuità che poi a fine gara causerà un fugace parapiglia nel quale ci imbattiamo anche noi defluendo e che vede l’intervento della Celere, neutralizzato però dal Maresciallo di paese il quale, conoscendo personalmente alcuni tifosi, riesce a riportare la calma semplicemente con un minimo di dialogato buonsenso, a fronte di alcuni celerini già con il manganello e pure con l’animo agitato. L’automatismo mentale con cui questi agenti passano in una frazione di secondo da rilassati a cani ringhiosi schiumanti di rabbia è qualcosa di spaventoso: vedendolo da vicino e parafrasando il buon Hubert, evidenzia come il confine fra il presunto bene e il male sia davvero labile, tanto quanto la ragione di chi crede di spegnere focolai di violenza con violenza ancora maggiore.

Ritornando al tifo, coreograficamente entrambe le fazioni si presentano molto alla buona: gli ospiti semplicemente facendo sfoggio di tutte le sciarpe, le bandiere e i bandieroni in loro possesso, i padroni di casa in maniera un po’ più ricercata con una cascata di rotoli di carta. Fra le pezze dei biancorossi, ne spiccano cromaticamente alcune dei gemellati di Messina, Udine e Pescara, omaggiati anche da alcuni cori dedicati. Il tifo vocale vero e proprio è oltremodo penalizzato dalla strana conformazione del settore, lungo e stretto e nemmeno il caldo li aiuta: in termini di costanza bisogna dar loro atto che non si fermeranno praticamente mai, ma difettano alquanto in potenza. Raggiungono qualche bel picco che dimostra quanto ampie siano le loro possibilità, che però resteranno inespresse per ampia parte del primo tempo. Per non dar adito a strumentalizzazioni, la loro non è una prova raccapricciante di mutismo diffuso, anzi si stringono attorno alla propria compagine attestandosi su livelli quanto meno sufficienti. Ma il numero non è sufficiente: è ottimo e in ragione di questo ci si aspetterebbe un tifo vocale proporzionalmente ottimo.

Nel secondo tempo invece i lanciacori sembrano trovare la quadratura del cerchio e i canti cominciano a levarsi alti e con molta, molta più potenza dei primi quarantacinque minuti. Più di tutto, a migliorare la qualità della loro performance è una migliore coordinazione soprattutto con le zone laterali, eliminando quello sgradevole accavallamento dei cori che in precedenza s’era verificato in un buon paio di circostanze.

Ancora tanto colore, pirotecnica a ripetizione, immancabili sciarpate, bandiere che non s’abbassano praticamente mai e una serie di battimani in cui sembra di ritrovarsi di fronte all’epico bosco di braccia tese al cielo. Una piccolezza che m’è piaciuta di loro, che dopo essersi pizzicati con la tifoseria di casa, si uniscono a un loro “Lega Italiana figli di puttana” a corredo di uno striscione a tema, quando di solito in certi rapporti sproporzionati di forze, numeriche e di tradizione, è la tifoseria minore ad accodarsi alla maggiore che, a parti invertite, nella stragrande maggioranza dei casi snobba il dirimpettaio senza prova alcuna d’umiltà. Per i vicentini, in definitiva, la seconda frazione è un crescendo progressivo che nel computo totale riscatta ampiamente la prima parte in cui avevano faticato non poco a imporsi e a trovare la giusta chiave di interpretazione del tifo.

Qualche considerazione la meritano anche i santarcangiolesi, tifoseria su cui, essendo sincero, ho sempre nutrito fortissimi riserve fin dai loro primi passi. Eppure piano piano la loro strada l’hanno percorsa incuranti degli scettici, hanno portato a termine anche il secondo campionato valorizzando il loro gruppo con una serie di buone presenze in trasferta, a differenza della scorsa stagione in cui non riuscivano ad organizzarsi fuori dalle mura amiche con altrettanta regolarità di quanto avveniva in casa.

In questa gara specifica si approcciano con la solita generosità nei cori, non eccessivamente potenti ma nemmeno tanto flebili. Oltre che per longevità sono cresciuti pure nel seguito e il quadrato che s’unisce al loro tifo è di gran lunga migliorato rispetto al passato. Detto della coreografia iniziale, va segnalato l’arrivo allo stadio in corteo, una bandiera che sventola con ininterrotta costanza, qualche fumogeno sporadico e una serie di buoni battimani sostenuti dal suono di un tamburo. “Un playout illegale” con le parole “Lega” evidenziate è il contenuto del già citato striscione, accompagnato dal coro contro i vertici della “Lega Pro”. Cedono allo scoramento nel finale e si disperdono, smettendo totalmente di tifare e ammainando lo striscione dei “Casualmente ultras”, gesto di umana debolezza che arrivo a capire, più che altro mi resta ora la curiosità di vedere se e come sapranno reagire a questa retrocessione. Riuscire a superare questo banco di prova e organizzarsi degnamente nel tifo e nelle trasferte anche nel venturo campionato di Serie D può essere la loro consacrazione in termini di maturità. Hanno ancora da crescere come approccio e in tanti atteggiamenti a volte troppo sopra le righe, ma venire fuori da questo momento zero lo ritengo per loro cruciale.

In campo il Santarcangelo inizia anche con un certo piglio ma poi, contrariamente alle aspettative, finisce per perdere spinta. La gara stagna su ritmi o emozioni ben sotto della soglia che un match da tutto per tutto dovrebbe prevedere. Si trascinano così stancamente i minuti, rotti solo di quando in quando da qualche lampo improvviso, ma è proprio avvicinandosi alla fatidica soglia del novantesimo che l’equilibrio si rompe in una escalation di eventi: all’82esimo un pasticciaccio difensivo del portiere su un retropassaggio permette a Giacomelli di infilare con opportunismo la sua porta.

L’esplosione di gioia del pubblico vicentino non fa quasi in tempo a spegnersi che i biancorossi si ritrovano di nuovo nell’area romagnola dove, in un attacco confuso fatto di batti e ribatti, vengono interrotti dalla mano galeotta di un difensore del Santarcangelo. L’arbitro concede un penalty di cui si incarica Ferrari ma il colpo del KO si infrange contro il palo. Annata maledetta insomma, in cui non è certo concesso il lusso di rilassarsi.

Prossimi al fischio finale si alza anche l’indicazione del recupero, altri sei minuti verso la fine dei quali i padroni di casa hanno un impeto d’orgoglio e trovano il pareggio con Piccioni, approfittando di un’errata applicazione del fuorigioco, ennesima ingenuità di un confronto in cui il tasso tecnico ha lasciato a dir poco a desiderare. Ma per i gialloblù è troppo tardi per rimediare al tempo fin lì perduto, così a stretto giro di lancette giunge il triplice fischio finale.

Solite scene alternate di giubilo e disperazione mentre poco canonici sono i festeggiamenti degli ultras vicentini che logicamente saltano, cantano, accendono torce, ma lo fanno tra di loro senza che nessuno accenni nemmeno lontanamente a invadere il campo per condividere la gioia con i calciatori. Anzi, a chi come il portiere prova ad avvicinarsi con l’intento di regalare la sua maglia, viene fatto chiaramente capire che questa scampata Serie D non è un loro merito ma (anche) una loro colpa. Lo stesso mister Nicola Zanini raccoglie i suoi ragazzi e li riporta nello spogliatoio esplicando a tutti le ragioni della tifoseria. Per gli ultras il discorso cambia proprio per Zanini e per Sterchele, ex portiere e ora preparatore dei portieri, che vengono richiamati a gran voce dagli spogliatoi e che accorrono di corsa e con grinta a festeggiare con la curva. Lunghissimo applauso tributato a loro due, tanti cori e il riconoscimento più importante, non quello di esser stati decisivi in chiave tecnica, ma di essere stati dei grandi uomini in una annata di mezzi uomini, ominicchi e quaquaraqua. Della citazione famosa di Sciascia, mancano solo i “pigliainculo”: quelli loro malgrado lo sono sempre i tifosi.

Testo di Matteo Falcone.
Foto e video di Gilberto Poggi e Marcello Casarotti.

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