01La definizione più abusata per definire questi ultimi anni è “epoca dei social network”, a torto o a ragione è comunque indubbio che Facebook, Twitter e simili sono sempre più presenti nelle nostre vite, a volte con un uso spropositato e fuori luogo. E’ appunto il caso di una vicenda che qualche giorno fa è salita alla ribalta: il primo esonero social di un allenatore. Mister Carlo Gino Sarpero, 35 anni, allenatore della Olimpic Prà Palmaro 1971 di Genova, allenatore per passione, competente ed amante del pallone, titolare anche della seguita rubrica «In Gino Veritas» in cui esamina le partite della Sampdoria e più in generale il pianeta calcio nella sua accezione più popolare; da sempre presente e attivo su Facebook, qualche giorno fa si sfoga sulla sua pagina personale per le condizioni in cui è costretto ad operare (e i suoi ragazzi a giocare) nonostante i risultati, con tempo rubato a famiglia e amici, risorse economiche personali impiegate, scarsa comunicazione con gli ambienti dirigenziali; la risposta della Società non si fa attendere e con un freddo comunicato Mister Sarpero viene esonerato.

Noi abbiamo voluto vederci, oltre che una grave mancanza di tatto, lo specchio della crisi del calcio come lo intendiamo noi e lo abbiamo contattato per porgli qualche domanda.

  1. Puoi parlarci in maniera più approfondita del percorso che ha portato a questa situazione, ovvero al tuo sfogo e alla successiva “risposta” del club a cui abbiamo già accennato?
    La scelta di denunciare quello che abbiamo ed ho subito per 9 mesi è venuta nella notte dopo l’ultima mancanza da parte della società, ero arrabbiato soprattutto per delle risposte sarcastiche ed intimidatorie di un interlocutore a me sconosciuto del club, responsabile del campo, per via telefonica, dopo che martedì sera alle ore 21.30, venticinque persone che rispettano l’impegno preso, che hanno famiglia e lavorano durante il giorno, e la sera si sacrificano gratuitamente per allenarsi e divertirsi, già pronte per scendere in campo sono state rispedite a casa perché il nostro campo di proprietà e di casa era stato affittato; senza neanche avvertirci, senza scusarsi oppure trovare una soluzione di rimedio, e sono volate parole grosse. E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il giorno dopo per via telefonica ci hanno avvisato dell’esonero seguito da un comunicato sulla loro pagina di facebook dove facevano riferimento al mio post di sfogo della notte precedente sul social.

  2. Da sempre fai uso dei social, con una modalità che comprende critica e autocritica, hai mai pensato che questa cosa avrebbe potuto danneggiarti?
    Uso i social ultimamente un po’ di più per commentare a livello tattico le partite della Sampdoria, con il sito di “sampgeneration” e con la mia pagina di facebook «In Gino veritas», dove racconto storie dei dilettanti e professionisti che mi colpiscono, oppure faccio dei resoconti sulle mie esperienze italiane ed estere quando seguo i corsi di aggiornamento con le società professionistiche. Era ovvio che poteva succedere qualcosa anche se nel mio post non si nominava il nome di nessuno e poteva essere visto solo dagli amici. Ho descritto la verità senza inventare nulla e subendo situazioni al limite, dove spesso mi è toccato fare di tutto tranne che l’allenatore, sfido chiunque a dichiarare il contrario.
    E’ stata una provocazione che ho pagato sulla mia pelle, ho elencato con decisione quello che abbiamo passato in 9 mesi, che spesso si verifica sui campi di noi poveri dilettanti. È stato scritto su un social network proprio per denunciare con forza e perché non avevo mai nessuno con cui interloquire fisicamente. Avevo proposto riunioni settimanali con confronto, mai avvenute per assenze forzate e continue, o perché non si rispettano gli impegni presi. Sarebbe bello tornare a quando a fine allenamento, davanti a un bel piatto di pasta ed un bicchiere di vino iniziavano i confronti sul da farsi, senza ipocrisie e falsità, ma guardandosi negli occhi. IO VOLEVO SOLO ALLENARE, amo farlo ed è quello per cui studio e mi aggiorno ogni giorno. Se avessi deciso di fare il direttore sportivo, il magazziniere, l’autista, il custode, il massaggiatore.. .sarebbe stata un’altra storia…
  3. Sappiamo che molti componenti della squadra non sono scesi in campo per protesta, forse è il segnale di stima più importante, la pensi alla stessa maniera?
    Joch Stein, ex allenatore del Celtic diceva “..mai innamorarsi dei propri giocatori, perché non ti saranno mai fedeli…”, ho avuto la prova che invece a volte l’amore è corrisposto. Questa è stata la cosa più positiva della storia che stiamo raccontando. Normalmente dopo l’esonero i giocatori giustamente restano, mentre il mister se ne va. Dieci giocatori hanno deciso invece di non scendere in campo ieri e per l’ultima partita di campionato di sabato prossimo, ed è stato un segnale forte, hanno scelto di seguire il mister. Credo che oltre essere amici, abbiano apprezzato il fatto di essermi eretto a loro scudo, non solo quando i risultati non arrivavano ma anche nell’essere sempre stato in grado di sopperire alle mancanze societarie, pagando di tasca mia palloni, materiale tecnico ed acqua, lavando per 8 mesi le pettorine, 3 volte a settimana e mettendoci sempre la faccia e la disponibilità. (N.d.R. Hanno seguito la decisione dei giocatori anche il fisioterapista, il preparatore dei portieri e l’allenatore in seconda).

  4. Vedi nella tua vicenda un segnale del disgregarsi del sistema-calcio, dell’abisso che si sta creando tra le dirigenze e la base (parlo sia di calciatori e staff tecnico che del tifo)? Sì, è ovvio che fa parte di un sistema che si sta disgregando. Il calcio dalla serie A a noi dilettanti registra problemi di ogni genere ed una situazione complicata, io del sistema calcio professionista ne so poco e nulla, lo conosco solo da tifoso, avendo sempre allenato nei dilettanti, ti posso parlare del mondo che frequento io. I problemi della mia vicenda sono quelli dove una società si iscrive ad un campionato federale impegnativo senza avere una struttura sufficiente e preparata a sostenerlo. Poi c’è il solito problema, che pochi denunciano ma che rimane con giocatori ed allenatori che portano soldi e sponsor per allenare e giocare, meritocrazia che viene sostituita da incompetenza, ignoranza e presunzione.

  5. Oltre alla solidarietà di amici e colleghi hai ricevuto anche attestati di stima dal mondo delle tifoserie organizzate, qual è il tuo rapporto con il mondo del tifo?
    Gli attestati di stima dei colleghi e giocatori sono stati tantissimi e li ringrazio tutti, ad uno ad uno, da Corradi vice allenatore a Mantova, a Monteforte e Mura coppia vincente dell’Eccellenza ligure, al Volley ball Lanciano. Dal mondo del tifo organizzato la Brigata 1907 del Savona, a livello individuale mi hanno scritto in tanti: romanisti, laziali, genoani, sampdoriani, fiorentini, ternani, bergamaschi. Ho fatto parte di quello splendido mondo di aggregazione sociale della tifoseria organizzata, poi da quando è stata varata la tessera del tifoso mi sono attenuto alle linee del gruppo e della gradinata con cui condivido la scelta di non tesserarsi, seguo solo le partite in casa e qualche volta qualche partita europea che non richiede la TdT, a cui posso partecipare liberamente.
  6. Si abusa del luogo comune secondo il quale il calcio andrebbe restituito a chi lo ama, creando una contrapposizione tra parte sana e parte malata del calcio, attribuendo spesso tutte le colpe al tifo, nello specifico al tifo organizzato. Il tuo caso non dimostra altro? Non sarebbe il caso che il calcio salvi sul serio sé stesso cercando meno capri espiatori e prendendosi più responsabilità dirette? Vista dall’interno, il tifo credi sia sul serio carnefice o lo ritieni vittima di una certa conduzione amorale del calcio?
    Il fatto di prendersi le proprie responsabilità, di comprendere l’errore e di confrontarsi sul come affrontare le situazioni, il rispettare gli impegni ed i ruoli manca in tutte le categorie nel nostro paese. Nel mio caso, oltre tutto quello sopra citato, è mancata la serietà, mi hanno accusato di essere un “professionista tra i dilettanti”, ma per me è solo un complimento. La mia famiglia mi ha sempre insegnato che le cose vanno fatte con amore, passione, serietà, competenza e con il massimo impegno anche se non percepisci un euro. Nel calcio spesso pagano i tifosi fuori, mentre in campo ci sono allenatori e presidenti sconsiderati e collusi, dirigenti poco capaci. Nel mio caso si è preferito punire e censurare ciò che è stato denunciato e ripetuto durante l’anno, piuttosto che risolverlo e prendersi le proprie responsabilità, scegliendo sempre una comunicazione diversa da quella necessaria. Il tifo in alcuni ambienti diciamo che non è stato limpido ed immune da errori, a me piace il tifo sano con bandiere, tamburi, cori e sempre a sostenere la squadra, anche nei momenti difficili, chi fa affari e chi guadagna sopra la passione non mi è mai piaciuto ed ha fatto perdere credibilità a tutto l’ambiente.
    Grazie mille per la solidarietà… in fondo io volevo solo allenare e continuare a crescere come mister ed inseguire il mio sogno!

Ringraziamo Mister Sarpero per la sua disponibilità, per seguire la vicenda e aderire alla campagna di solidarietà si può andare qui.

Intervista raccolta da Francesca Coppo.