Circa tre settimane fa mi ero recato per la prima volta nella vicina Torre Annunziata. Avevo avuto la possibilità di calpestare il sintetico del Giraud ma soprattutto di trovarmi di fronte a due importanti tifoserie come quella del Savoia e quella del Taranto.

Ebbene, dopo poco più di venti giorni, mi ritrovo nuovamente qui e anche in questo caso per un match dei padroni di casa contro una nobile decaduta pugliese: l’Andria. La sfida in programma tuttavia, rispetto a quella precedente, risulta particolarmente sentita proprio perché le rispettive tifoserie nutrono vecchie ruggini, sebbene per anni non si siano incrociate. Senza girarci troppo intorno mi aspetto fin da subito una gara infuocata e, fortunatamente, si rivelerà tale su tutti i fronti.

Alle 13 in punto mi trovo all’esterno del Giraud e tra una chiacchiera e l’altra noto fin da subito la presenza dei ragazzi tedeschi dell’Arminia Bielefeld gemellati proprio con i “bianchi” e che per l’occasione hanno voluto presenziare onorando nuovamente la loro amicizia.

Il clima, invece, è abbastanza teso. I supporter di casa sono in fermento consapevoli dell’arrivo imminente degli andriesi e per tale motivo decidono di spostarsi in prossimità della tribuna la quale, a sua volta, si trova proprio accanto al settore ospiti.

Intorno alle 14 mi ritrovo anche io lì e casualmente, proprio mentre sono in fila per varcare i cancelli dello stadio, sono dinanzi a quello che ormai è di dominio pubblico. Gli ultras del Savoia hanno la possibilità di incrociarsi con i pugliesi e non si lasciano sfuggire questa occasione. Nonostante un cordone di polizia (anche se, per onor del vero, non mi è sembrato particolarmente attivo), in circa quaranta unità decidono di onorare quell’antica rivalità e in pochi minuti scoppia il caos più assoluto.

Non sono qui per giudicare l’una o l’altra tifoseria né mi elevo a tessere le lodi di chi ha osato scontrarsi, ma sicuramente nel 2018 vedere ancora un corpo a corpo, seppur limitato cronologicamente, è sempre qualcosa di raro che va rispettato a prescindere dai colori.

Dopo una decina di minuti viene ristabilita la calma e gli ospiti vengono fatti entrare nella propria curva. È proprio in questo momento che gli andriesi avrebbero staccato (utilizzo il condizionale perché non ero ancora in campo) la lettera “A” della parola “Torre Annunziata” che ricopre lo spazio antistante al settore ospiti scatenando, come se ce ne fosse bisogno, l’ira dei locali.

Al fischio d’inizio lo stadio è davvero infuocato e, nonostante il freddo e l’affluenza non proprio elevatissima, si può notare una grande tensione sia sul rettangolo di gioco. È una gara ostica sia per entrambe le squadre, sia per quanto concerne il fattore tifo.

I padroni di casa sfoggiano una bella fumogenata a cui si aggiungono diverse torce, mentre gli andriesi, presenti in circa cento unità, intonano cori per i propri beniamini. Essi riescono subito a fare quadrato, per tutta la gara si sentiranno parecchio e in più decidono di mantenere per tutta la partita i loro drappi piuttosto che attaccarli (questo avrebbe determinato una loro scarsa visibilità).

Calato il fumo mi accorgo immediatamente della presenza nella curva oplontina di circa quattro bandierine azzurre “conquistate” poco prima e, oltre ai soliti bandieroni e striscioni, nella balconata principale c’è anche la pezza tedesca.

Entrambe le tifoserie danno il massimo per tutti i 90 minuti e tra cori di sfottò, cori secchi e tanto materiale pirotecnico la gara si avvia sullo zero a zero.

Al triplice fischio i ventidue si recano sotto i rispettivi tifosi i quali, ancora una volta, si beccano da lontano con cori ostili e, così, mi intrattengo ancora un po’ per godermi quel clima che personalmente mi attrae tanto.

Sono quasi le 17 ed è tempo di rientrare. Anche per questa giornata mi posso ritenere soddisfatto, anzi, forse qualcosa in più perché fortunatamente c’è ancora chi, al divano, alla serie A, alla pay tv e al freddo preferisce la passione. Quei “malati” sugli spalti alla fine la pensano e la penseranno come me: meglio il freddo siberiano che una domenica sul divano!

Testo di Vincenzo Amore.
Foto di Pier Paolo Sacco.