Poche piazze possono vantare una tradizione calcistica e ultras come quella del Savona, ma al destino cinico e baro importa poco e nonostante tutto, la squadra si ritrova nel pantano della Prima Categoria. Un abisso in cui i biancoblù sono sprofondati dopo il fallimento del 2020 a cui sono seguiti anni non meno tribolati, fino alla più recente riappropriazione del nome e del marchio storico della scorsa stagione.
È un vecchio assunto, una cantilena che in quanto tale può sembrare fallace, ma anche in questo caso il calcio è lo specchio della situazione complessiva del territorio. Lo dimostra ulteriormente il vecchio stadio “Bacigalupo” abbandonato a se stesso e inagibile, tanto che la gara odierna si giocherà in quel di Celle Ligure. Non è certo una distanza siderale quella che separa Savona dallo stadio “Olmo Ferro” ma logora indubbiamente giocare un intero campionato fuori casa, comprese le gare casalinghe. I numeri anche se in minima parte ne risentono e pure il ricambio generazionale, quell’indispensabile bisogno di far appassionare i giovanissimi, finisce per essere ostacolato giocando in una città che non è la propria.
Incuranti di tutto, più forti di tutto, gli ultras savonesi si presentano in gran spolvero a sostegno della propria squadra in questa gara contro lo Speranza. Un’insolita quanto inattesa stracittadina se si considera che anche il club avversario ha sede in quel di Savona, fra l’altro con una notevole storia che affonda le radici fino al lontano 1912, prima che la riforma calcistica voluta dal regime fascista non ne costrinse la fusione con la principale squadra cittadina. Dopo la Seconda Guerra mondiale, la squadra venne rifondata attraversando, con alterne fortune, ulteriori fusioni e scioglimenti, tutto il secolo scorso, navigando per lo più nel dilettantismo.
Al calcio d’inizio, la tifoseria savonese si presentano in ottima forma tanto dal punto di vista numerico, con un bel quadrato di tifosi raccolti dietro lo striscione in dialetto “Semmu turnachì”, e sia dal punto di vista estetico e qualitativo. L’ingresso delle squadre in campo è salutato da una bella coreografia in cui, lo striscione dialettale, è completato nel suo senso da una serie di due aste con il noto logo della mano che blocca una manganellata. Se ne evince che il ritorno a cui alludono è quello di alcuni diffidati, festeggiati inoltre con una bella fumogenata.
In seconda battuta, la balaustra centrale viene lasciata allo striscione SAVONA, in rappresentanza di tutti i gruppi che dietro la sigla unitaria dimostrano di aver trovato una buona quadratura del cerchio. Al di sopra dello striscione principale, trova poi anche posto una pezza dei gemellati spezzini. Le singole anime, Pessimi Elementi, Brigata 1907 e Vecchi Ultras, sono poi incarnate da bandieroni e due aste costantemente al cielo così come le mani che accompagnano i cori. Sempre continuo il loro tifo, conosce sicuramente qualche impennata nei decibel in occasione dei goal ma rimane costante ed è prezioso laddove la propria squadra subisce il ritorno avversario fino al 3-2. A margine dei sofferti novanta minuti, il Savona porta a casa tre punti pesanti che le permettono di continuare la corsa in vetta alla classifica.
Troppo ingombrante una squadra come questa in una categoria del genere. Troppo grande la tradizione che si rinnova dal 1972, dai tempi del vecchio striscione Ultras con il teschio, per essere confinata in gare contro compagini secondarie di paese. Era solo il 2014 ma sembrano appartenere a un’altra era geologica i playoff dell’allora C1 (o Lega Pro Prima Divisione come lo chiamano loro…) con cui si accarezzava il sogno della Serie B. Sarebbe chiedere troppo tornare a quei fasti recenti, ma è davvero troppa complessivamente la storia custodita nel vecchio “Bacigalupo” per non augurarsi che quanto prima, tutto questo lungo incubo finisca con un risveglio in una categoria più consona e nel ritrovato e rinnovato impianto cittadino.
Davide Gallo