La patente è andata persa. La motorizzazione è chiusa e per ottenere il foglio sostitutivo dovrò attendere fino al lunedì successivo. Il trittico Morolo-Cassino, Frosinone-Ascoli e Virtus Roma-Agropoli rischia seriamente di saltare. Gli orari sono ben incastrati, ma con i mezzi diviene tutto più difficile. Rifletto un attimo. Poi senza alcun dubbio arrivo alla soluzione: treno + bicicletta. Come ho visto fare centinaia di volte a numerosi passeggeri. Abitando alla stessa distanza da Termini e da Ciampino, poi, opto per la seconda stazione. Avendo così meno problemi di accesso con il mezzo a due ruote.

Così dopo aver percorso un pezzo di Appia mi infilo in una vietta fino a raggiungere lo scalo ferroviario. È una mattina dal freddo pungente e solo pedalata dopo pedalata riesco a scrollarmi di dosso la sensazione di un’imminente glaciazione. Alle 8,13 il mio treno parte puntuale alla volta di Morolo. Pian piano il convoglio si insedia nella campagna e tra i Monti Lepini, arrivando a destinazione con un’oretta. Ora io e la natura siamo praticamente un tutt’uno. E lo saremo per cinque o sei chilometri. Vale a dire la distanza che mi separa dallo stadio Marocco, casa dei biancorossi locali. Andare per “partitelle” con la bicicletta non è una novità per me, ma questa volta la distanza è maggiore alle solite scampagnate nel circondario capitolino.

Morolo, come la maggior parte dei paesini arroccati sulla dorsale che divide la provincia di Frosinone da quella di Latina, vanta origini antichissime ed è sempre suggestivo vedere questi piccoli centri urbani abbarbicati sulla montagna. Soprattutto, poi, se questa visione avviene a valle. Dal campo di calcio. È il classico scenario calcistico delle categorie inferiori. E non mi dispiace affatto. Tanto è vero che, approfittando del largo anticipo, respiro a pieni polmoni tutte le fasi di preparazione al match delle due squadre, entrando sul terreno di gioco che qua profuma ancora d’erba umida e lascia trasparire quel genuino sapore di calcio con cui tutti noi siamo cresciuti. Il resto lo fanno l’aia e le vigne adiacenti, che dipingono alla perfezione un quadretto di un’Italia rurale e sornione, ancora adagiata su una calma che sempre più va sparendo nel Paese afflitto della frenesia endemica.

Di scena quest’oggi c’è il Cassino, primo della classe. Un test probante per i padroni di casa, impegnati nella lotta per non retrocedere. Il piccolo stadio Marocco dispone di una tribunetta molto carina, che ricalca senza troppo mistero la tribuna coperta del Matusa. Affianco il piccolo settore ospiti dove saranno sistemati i supporter cassinati. L’intero contingente biancoblù fa il proprio ingresso a partita praticamente iniziata, con gli ultras che si sistemano nella parte sinistra della gradinata. Nel frattempo l’incontro non ha neanche avuto tempo di iniziare che il Morolo è sorprendentemente passato in vantaggio, per la gioia dei pochi tifosi casalinghi presenti.

Il Cassino reagisce e poco dopo trova il pari. I suoi ultras si compattano e offrono una prestazione canora continua per i tutti i novanta minuti, accompagnati dal suono del tamburo e dallo sventolio di un paio di bandieroni. La città dell’Abbazia spera che questa sia l’annata giusta per agganciare il treno della Serie D, dopo l’immensa delusione patita lo scorso anno in Coppa Italia, quando il Mazara sorprendentemente riuscì ad eliminare i laziali in semifinale, per giunta a domicilio.

Ma la squadra di quest’anno è una vera e propria corazzata e lo dimostra anche oggi, nonostante una gara sofferta, contro un avversario arcigno e tignoso. L’epilogo del match, infatti, è di quelli auspicati da ogni tifoso con Giglio che firma la sua personale doppietta allo scadere regalando il successo ai suoi e perdendosi in una focosa, quanto giustificata, esultanza addosso alla recinzione che delimita il campo dal settore ospiti. Fanno festa i cassinati, che quasi non credevano più ai tre punti, saltando e gioendo con i propri calciatori.

Per me è giunta l’ora di andare. Saluto questa prima partita con una foto che immortala il paesaggio circostante e mi rimetto in sella per raggiungere la stazione di Ferentino. Tra strade deserte e cani di campagna che ad ogni angolo abbaiano e sbraitano difendendo le proprie abitazioni, mentre il fiume Sacco appare qua e là fungendo da vera e propria Stella Polare nel mio percorso.

Simone Meloni.