Regione che vai, derby che trovi. Vivessimo in un paese normale si cercherebbe di incentivare appuntamenti sportivi come le stracittadine o i derby regionali, qui da noi invece, per un perverso tourbillon di medievali motivazioni, si cerca in tutti i modi di uccidere e contrastare questi eventi.

Pesaro e Fano distano appena 13 chilometri, due cittadine di mare divise sempre da un forte campanilismo che ne ha determinato, anche sul campo di calcio, una rivalità storica e gagliarda. Dopo anni di assenza, la scorsa stagione le due squadre sono tornate ad affrontarsi con le due tifoserie che si sono ritrovate di fronte dando spettacolo.

Le Marche sono una delle poche regioni italiane nelle quali si cerca di limitare al minimo indispensabile (se di qualcosa di indispensabile possiamo parlare) i divieti di trasferta, quindi anche in occasione di questa gara per i tifosi fanesi non ci sono inibizioni, ma solamente la vendita nominale dei tagliandi. Decido quindi di partire alla volta di Pesaro, dove per giunta non ho mai assistito ad una partita.

Il mio treno scavalla agevolmente l’Appennino raggiungendo il mare Adriatico ad Ancona. Da qui non devo attendere molto per salire sull’Intercity diretto a Milano e con fermata intermedia esattamente a Pesaro. Il fatto che il treno passi proprio sulla costa, fornendomi la visione delle centinaia di ombrelloni ancora aperti sotto uno degli ultimi soli agostani, mi da un po’ da pensare. Belle le partitelle, belli gli ultras, ma devo ammettere che avrei barattato volentieri tutto con un paio di settimane di vacanza in un posto isolato, senza voci umane ed immerso nella natura selvaggia. Comunque inutile lagnarsi, meglio continuare stoicamente con il resoconto di questo derby.

Arrivato con lauto anticipo mi concedo un giro sul lungomare, ritornando in stazione un’ora prima della partita. I tifosi granata arriveranno infatti con il treno, ma nonostante i minuti passino e le 18 si avvicinino di loro non si vede traccia. Mi rivolgo ad un paio di ragazzi con la maglia dell’Alma, i quali mi dicono che il gruppone arriverà a bordo del convoglio delle 17:24 il quale è magicamente in ritardo. Conoscendo poi le modalità di spostamento in questi casi, rinuncio in tronco e mi avvio verso il Benelli onde evitare problemi nel ritiro dell’accredito.

Lo stadio è giusto ad un tiro di schioppo dallo scalo ferroviario, una decina di minuti e mi ritrovo di fronte alla biglietteria. Il mio nome è regolarmente in lista, prendo il tagliando ma prima di entrare mi concedo un ultimo giretto. L’esterno del settore di casa brulica di tifosi biancorossi che sorseggiano birre e intonano cori contro gli acerrimi rivali, di contro dall’altra parte, a meno di un quarto d’ora dal fischio d’inizio, non è ancora arrivato nessuno se non qualche tifoso isolato.

Non posso più aspettare ed anzi, inaspettatamente, all’ingresso fotografi lo steward sostiene che io non possa entrare perché l’arbitro ormai non accetta più documenti ed i fotografi sono tutti in campo. Lo invito a chiamare l’addetto stampa e solo dopo l’arrivo di altri fotografi (ma non dovevano già essere in campo?) si decide a comunicare con il medesimo. Al suo arrivo, ovviamente, non ci sono problemi e con molta gentilezza ci invita a lasciare il documento al direttore di gara prendendo le pettorine. Ennesima dimostrazione dell’inutilità di queste figure in casacca gialla, le quali spesso vittime di deliri di onnipotenza, pensano di poter prendere decisioni tout court facendo e disponendo a loro piacimento.

Una volta sulla pista d’atletica posso dare la prima occhiata agli spalti. Gli ultras di casa si attestano attorno alle duecento unità, mentre i fanesi ancora devono entrare. Tuttavia il dato che mi colpisce, e questo anche una volta entrati i supporters ospiti, è il fatto che se non ci fossero stati gli ultras lo stadio sarebbe stato praticamente vuoto. Una volta partite del genere richiamavano il tutto esaurito già parecchi giorni prima. Si è fatto di tutto per uccidere il movimento e mettergli i bastoni tra le ruote, poi oggi con lo stadio per le famiglie che tanto piace descrivere ad alcuni pennivendoli, ci sarebbero stati sì e no 600 spettatori. Insomma, sinteticamente si può dire che a livello numerico una partita del genere meriterebbe ben altra cornice.

La partita inizia e i pesaresi, dietro le pezze di Vecchia Guardia 1979 e 1898, fanno sfoggio di un bandierone con lo stemma sociale e una bella fumogenata biancorossa. Il tifo sale subito alto accompagnato dal ritmato battito di un tamburo.

Quando il cronometro segna già 5’ disputati ecco finalmente gli ultras dell’Alma. Il clima si surriscalda immediatamente con i padroni di casa che coprono d’insulti i dirimpettai. Per questi ultimi giusto il tempo di compattarsi ed arriva la pronta risposta, mentre in campo la squadra li premia già con il vantaggio.

Va detto che ufficialmente, almeno fino al venerdì, erano stati venduti 382 tagliandi. Francamente io stimerei i presenti attorno alle 300 unità, in un settore che, sempre ad occhio, ne conterrà al massimo 400. I Panthers oggi però non badano ai numeri e sono davvero in grande forma. Battimani, sciarpate, cori a rispondere e un paio di Dale Boca durati diversi minuti. Il tutto aiutato da una squadra che in campo demolisce letteralmente l’avversario, imponendosi alla fine per 5-1.

Non mancano neanche gli striscioni tra le opposte fazioni. Ecco almeno negli occhi, nei cori e nell’atteggiamento degli ultras ritrovo quel campanilismo che mi aspettavo. Cosa non da poco direte voi, ma forse ho ancora troppi ricordi nitidi io, di quando anche la signora di 80 anni offendeva senza pensarci due volte il tifoso del paese vicino, e non di certo per un fuorigioco o un gol annullato, ma per un fattore propriamente culturale. Sarò forse provinciale, ma preferisco mille volte il provincialismo all’omologazione latente che sembra essere ormai la linea guida della nostra società.

Il mio parere sui pesaresi è più che positivo. Dopo lo scioglimento degli UVB avevo visto un certo scoramento nella tifoseria biancorossa, mentre quest’oggi, vedendoli all’opera, ho rivisto un certo piglio ultras, forse portato dai più giovani. Sta di fatto che la loro prestazione è buona, anche e soprattutto in considerazione della batosta presa sul terreno di gioco, dove la Vis non è mai stata in partita.

Manate, striscioni, torce e fumogeni accesi in buona quantità e tanta voglia di non perdere almeno la sfida sugli spalti. Sull’1-5 erano ancora là a cantare, emblematico è forse il fatto di aver preso l’ultimo gol proprio mentre stavano eseguendo la sciarpata. Ma del resto a Pesaro non si aspettavano veramente di meglio oggi. Due squadre troppo differenti. Giovane, inesperta e con l’obiettivo della salvezza quella pesarese, cingolata, quadrata e costruita per la promozione quella fanese. Il calcio è spietato in questi casi.

Al fischio finale animi contrapposti. L’Alma è tutta sotto il settore a festeggiare la vittoria, sottolineando il grande clima che si è instaurato a Fano tra tifosi e giocatori, dopo le prime uscite stagionali che hanno visto i granata travolgere anche un’altra ottima squadra come la Sambenedettese.

Di contro i giocatori in maglia a strisce biancorosse si recano a testa bassa sotto al settore, ma qui è bello vedere che gli ultras pesaresi anziché fischiarli o contestarli, optino per la linea della fiducia, comprendendo perfettamente il momento e rivolgendo qualche coro di disapprovazione verso la società.

Ripercorro al contrario la strada che mi ha portato in campo, riconsegnando la pettorina ed ottenendo in cambio il mio documento. Avendo il cambio del treno in piena notte ad Ancona la mia destinazione, scelta a caso all’ultimo momento consultando il Corriere Adriatico, è Senigallia. Dove la Vigor giocherà in Coppa Italia Eccellenza contro la Forsempronese. E che fai, non ci vai?

Arrivato alla stazione lo schieramento di celerini contiene i fanesi in un angoletto, salendo con loro sul convoglio fino a Fano. Il solito trattamento da appestati mafiosi è servito, ma nulla ci sorprende più in tal senso. Anzi, siamo arrivati al punto di pensare che sia meglio questo che il nulla totale travestito da divieto o restrizione. In tutti i modi un altro tassello nella mia mappa delle partite da vedere è stato messo. E non ne sono rimasto insoddisfatto.

Simone Meloni.