In pochi ricordano il referendum del 1992. Quello con cui Fiumicino e le sue aree circostanti vennero chiamate alle urne per decidere se staccarsi da Roma e divenire comune autonomo. Vinse il “Sì”, soprattutto grazie alla scelta di Fiumicino, all’epoca zona più popolosa del 14° Municipio. Fregene, Maccarese, Palidoro e Aranova si espressero contro la scissione, dovendo tuttavia vedere nullo il proprio parere.
Per questo motivo Fregene oggigiorno è una frazione del Comune di Fiumicino. Ai più nota per i suoi stabilimenti balneari e per le sue frequentazioni “vip” (fu una delle “residenze estive” di Fellini, che qui girò anche uno dei suoi film:”Giulietta degli spiriti”).
In realtà prima di inizio secolo questa zona (detta del Maccarese) era una grande macchia paludosa (come buona parte delle aree a sud e a nord della Capitale) attraversata dal torrente Arrone, impetuoso corso d’acqua che fuoriuscendo dal Lago di Bracciano si getta nel Tirreno. Fu bonificata nel 1928 da una fetta di quei coloni arrivati dal Veneto, dal Polesine e dal ferrarese per lavorare in Agro Pontino.
Questo passaggio storico è ampiamente individuabile percorrendo i sei chilometri che dividono la stazione ferroviaria di Maccarese-Fregene dallo stadio. Distanza che copro con la mia inseparabile mountain bike.
Il campo Paglialunga è ovviamente agghindato a festa per l’arrivo dell’Avellino. Basta fare un piccolo giro attorno al suo perimetro per captare i tanti discorsi su quanti saranno i tifosi ospiti e – da parte delle forze dell’ordine – su quanto sarà difficile contenerli.
A tal merito si potrebbe aprire un vero e proprio capitolo per sottolineare lo status mentale in cui versano le forze dell’ordine, evidentemente fuorviate da vere e proprie campagne terroristiche quando si tratta di fare ordine pubblico in eventi sportivi o manifestazioni. Per quale ragione una qualsiasi tifoseria dovrebbe venire a far danni in quel di Fregene, senza peraltro trovare una componente ultras dall’altra parte? Ma soprattutto: davvero lor signori credono che nel 2018 anche una tifoseria dai numeri importanti vada a rischiarsi la fedina penale per fare non si sa cosa in un piccolo campo della periferia romana?
Crea il problema, risolvi il problema! Semplice.
A causa delle ridotte dimensioni dello stadio i biglietti per gli ospiti (circa 200) sono stati praticamente polverizzati in un paio d’ore, con gli ultras che hanno avuto una giusta precedenza sull’acquisto.
I supporter biancoverdi arrivano alla spicciolata, sistemandosi nel proprio settore quando mancano una decina di minuti al fischio d’inizio. Per l’occasione ho modo di vedere il nuovo striscione da trasferta degli irpini: più piccolo (e forse funzionale ai campi che i tifosi del Lupo visiteranno in questa stagione) e ben fatto.
L’intento palese degli ultras campani quest’anno è chiaro: presenziare e tifare ovunque senza “se” e senza “ma”, non prestando molta attenzione al campo ma pretendendo al contempo il massimo impegno e il massimo dei risultati. Del resto dopo la dolorosa doppia caduta dalla cadetteria al dilettantismo la rabbia è latente, e sportivamente parlando è anche comprensibile che la pazienza concessa ci sia ma il margine di errore, per la squadra, sia prossimo allo zero.
Ne è riprova il match odierno, in cui l’SFF Atletico asfalta letteralmente gli irpini con un 4-1 che avrebbe tranquillamente potuto esser maggiore nella sua portata. Gli avellinesi tifano senza sosta dal 1′ al 90′, con i due lanciacori che incitano i presenti a cantare e a “non guardare la partita”, per poi redarguire la squadra dopo il fischio finale.
Il salto in Serie D può riservare comunque aspetti positivi: aiuta a forgiare l’ambiente, ritrovandosi in campi dalla dimensione “umana” e fortificando chi continua ad affrontare trasferte malgrado i palcoscenici non siano più i nobili stadi di Verona, Bari o Salerno. E attualmente gli avellinesi hanno dimostrato umiltà e attaccamento ai propri colori, senza snobbare gli impegni affrontati. Cosa che non è totalmente scontata.
Poco da segnalare sul pubblico di casa. In tribuna presenti alcuni striscioni, tra cui quello Fedelissimi. Nessuna forma di tifo organizzato presente. I vecchi ultras del Fregene, infatti, hanno abbandonato le gradinate dopo che la storica società locale è entrata a far parte del progetto SFF (che per esteso significa Sporting Fregene Focene, quest’ultima è un’altra località poco distante).
Simone Meloni