Ci sono evoluzioni ed evoluzioni, cambiamenti e cambiamenti. Non sempre cambiare significa migliorare, spesso il progresso è sinonimo di regresso. E quando non sai più che pesci prendere, inevitabilmente scegli la via più breve, quella più indolore, anche se sei perfettamente a conoscenza delle variabili che comporta. Ma vai avanti uguale tanto qualcosa devi fare, perciò i danni collaterali sono da mettere in preventivo.

È quello che succede nei nostri stadi, a parte rare eccezioni, sempre più grigi, sempre più deserti, sempre più a discapito del tifoso, figuriamoci dell’ultras. Eppure i risultati sono lì a testimoniare come la strada intrapresa sia illogica, del tutto sbagliata ma tant’è, qualcosa andava fatto, perciò il giro di vite ha fatto sì che per entrare in uno stadio occorrano tessera, biglietto nominativo, abbigliamento adeguato (anche questo, esiste anche questo!) ed un bel po’ di pazienza per la trafila prefiltraggio-tornello-seggiolino.

E il divertimento? Nel nostro calcio dovevano arrivare milioni e milioni di euro grazie alle televisioni a pagamento, invece le nostre squadre soffrono maledettamente e lo dimostrano quando si misurano con le altre europee nelle coppe internazionali.

Ma se non c’è divertimento, che ci vado a fare allo stadio? Deve essere questa la domanda che si stanno facendo a Livorno, perché di appartenenza non si può più parlare, di amore per la squadra, a giudicare dai numeri, nemmeno, eppure la piazza è quella che una volta, neanche tantissimo tempo fa, veniva considerata a giusta ragione “calda”.

Ma è l’attualità che conta, inutile raccontare i tempi che furono e crogiolarsi con i ricordi, la partita di questo pomeriggio ci mette di fronte ad una domanda: che fine ha fatto la città che amava la propria squadra oltre ogni limite? I “malati” son sempre presenti ma la malattia è stata circoscritta, quasi debellata ed i numeri sono lì a testimoniare un disamore che è difficilmente spiegabile. Probabilmente il solito mix di situazioni, di problematiche alle quali la piazza labronica fa fatica a rispondere con il giusto piglio.

La curva di casa si presenta con il solito lungo striscione attaccato alla vetrata, ma dopo l’uscita (quanto temporanea?) di scena del gruppo “17 febbraio 1915”, a centro settore c’è da segnalare solo un gruppetto di ultras che provano a farsi sentire in alcune fasi della partita, ma mancano di una guida e della giusta risposta da parte degli altri tifosi. A ben vedere in alcune fasi dell’incontro la curva dimostra di avere una buona base, ma è altresì evidente che senza un minimo di organizzazione è dura tirare avanti la carretta con risultati eccelsi.

Il tifo di marca livornese dunque non manca, la curva sostiene la squadra per tutto la durata dell’incontro, rispondendo nella prima fase alle offese dei rivali e punzecchiando, ormai rito consueto, il presidente Spinelli, nemico giurato di buona parte del tifo più acceso. Poteva fare di più questo pomeriggio la Curva Nord? Probabilmente no ed in questa situazione è già andata bene che per buona parte dell’incontro il tifo sia stato vivo, con qualche picco e con qualche pausa ma comunque vivo.

Gli ospiti arrivano in Toscana in circa duecento unità. I bianconeri presenti si fanno sentire fin dal riscaldamento prepartita della squadra, quando cominciano ad intonare i primi cori, poi è la volta di compattarsi per l’inizio dell’incontro.

Buono il colpo d’occhio dei romagnoli, gruppo quadrato e bandieroni che donano un bel tocco di colore. I primi cori sono dedicati alla tifoseria di casa ed a tutte le tifoserie toscane in genere, del resto i cesenati a queste latitudini hanno diverse rivalità, alcune anche abbastanza sentite.

Il gruppo principale si sistema dietro lo striscione “Cesena”, mentre i Viking e gli ex Mad Men Bellaria preferiscono le tribunette inferiori, un gruppo a destra e l’altro a sinistra.

Tifo che parte compatto e chiassoso anche se verso la fine del primo tempo il gruppo comincia a perdere compattezza, con qualche riflesso negativo sull’incitamento: resta lo zoccolo duro ad animare il settore ma nonostante ciò le pause sono ridotte al lumicino ed i bandieroni continuano a fare il proprio dovere.

Da segnalare in questo primo tempo una bella sciarpata ospite, bissata verso fine partita. Oltre ai consueti cori di sostegno e quelli in onore della Romagna, in più di un occasione i cesenati nominano gli avversai odierni per alimentare una rivalità che non è stata mai sepolta. I botta e risposta tra le due tifoserie non mancano e coinvolgono gran parte dei presenti che, evidentemente, non hanno idea di deporre l’ascia di guerra.

Sul terreno di gioco le due squadre si spartiscono il bottino ed a fine partita vanno a scambiare gli applausi con le rispettive tifoserie.

Valerio Poli.