Il Sora e la Fermana scendono in campo al “Tomei” per la ventinovesima giornata del campionato di Serie D. Si gioca alle ore 15:00 di una domenica di fine marzo segnata da un cielo parzialmente nuvoloso. Questa sfida può avere importanti riflessi nella lotta salvezza: se l’obiettivo dei bianconeri è mantenere la categoria senza passare per la strettoia dei playout, i marchigiani devono tentare disperatamente di racimolare punti proprio per accedere a quegli spareggi che potrebbero salvare la loro stagione.

L’incontro odierno, però, non spicca soltanto per le sue implicazioni di classifica, ma anche per il blasone che le due squadre portano in dote. I padroni di casa, nel corso della loro storia, hanno accumulato 13 partecipazioni al terzo livello del calcio italiano (tra Prima Divisione, Serie C e Serie C1), a cui si sommano 6 apparizioni nell’ormai scomparsa C2. I marchigiani, dal canto loro, possono vantare ben 23 tornei al terzo livello della piramide calcistica nazionale e 3 in C2; ma il vero fiore all’occhiello del palmares gialloblù resta la storica partecipazione alla serie B nella stagione 1999-2000: l’annata ebbe come epilogo la retrocessione, ma il club marchigiano incrociò squadre dal nome altisonante come Atalanta, Brescia, Genoa, Napoli e Sampdoria. L’odierna sfida ripropone il confronto del 14 novembre 2004, valido per la Serie C1 dell’epoca: il Sora cadde al “Tomei” dinanzi a una Fermana che si impose con il punteggio tennistico di 4-6, salvo poi riscattarsi al ritorno vincendo con due reti di scarto al “Recchioni”.

Tornando all’attualità, al mio arrivo a Sora noto alcuni striscioni esposti dalla tifoseria locale, che invitano la cittadinanza a sostenere la squadra del posto in questo importante scontro salvezza. Successivamente, quando mancano trenta minuti al via, attraverso la porta carraia per entrare sul rettangolo verde. Rimetto piede in campo al “Tomei” esattamente dopo undici anni: l’ultima volta fu per un Sora-Viterbese del 2014, di cui ricordo un certo attrito tra le due tifoserie. Non che in tutto questo tempo non sia stato nuovamente a Sora: dalla gradinata dell’impianto bianconero ho assistito a sfide avvincenti come un movimentato Sora-Pro Cisterna, con rappresentanza veliterna tra le file locali, o agli incontri della scorsa stagione contro Chieti, Sambenedettese e Campobasso, tutti caratterizzati dalle coreografie allestite dalla “Nord”. Vivere una partita dal manto verde, però, regala emozioni che una tribuna stampa non potrà mai restituire; per questo motivo, non vedo l’ora di riconquistare questa prospettiva, che rimane la più entusiasmante per chi vive il mondo del calcio e del tifo da fotografo e cronista.

Prima di raggiungere il campo, osservo i murales all’esterno, tra cui spicca quello con i versi di Silio Italico: SORAEQUE IUVENTUS FULGEBAT ADDITA TELIS. Queste parole, che qualche anno fa fecero da didascalia a una scenografia preparata per il derby contro l’Isola Liri, sono tratte dal poema Punica, nei cui 17 libri il poeta di età flavia raccontò in forma poetica le vicende della seconda guerra punica, appunto, dalla spedizione di Annibale in Spagna al trionfo di Scipione dopo Zama. Nell’VIII libro, in particolare, è presente il catalogo delle truppe romane e di quelle fornite dalle città italiche alleate, da cui emergono i giovani soldati sorani con i loro dardi (versi 394-395).

Entrato, successivamente, nello spogliatoio, osservo immagini storiche, trofei e le foto di due giocatori legatissimi a Sora: Pasquale Luiso e Davide Zappacosta. Il primo, nella stagione 1993-94, si laureò capocannoniere del girone C di C2, contribuendo con i suoi gol alla promozione in C1 dei laziali, prima di approdare in A e segnare una rete, rimasta celebre, a “Stamford Bridge” con la maglia del Vicenza. Il secondo, classe 1992, nativo proprio di Sora e cresciuto nel settore giovanile della sua città, è un calciatore affermato dell’Atalanta, ma ha indossato anche le casacche di Chelsea e Roma.

Soddisfate queste mie curiosità, entro finalmente in campo. Mentre le squadre terminano il riscaldamento, nel settore ospiti iniziano ad affacciarsi i ragazzi di Fermo; sul fronte opposto, i sorani sono impegnati negli ultimi preparativi per una coreografia speciale. Per la tifoseria bianconera, oggi non è una domenica qualunque: circa un mese prima – quando ancora era in atto la diserzione – è ricorso il decimo anniversario della scomparsa di Roberto Longo, storico leader della “Nord”, cui sarà dedicato di lì a poco l’omaggio visivo. Alle 15, mentre i ventidue atleti si dispongono al centro del campo per le foto di rito, il cuore pulsante del tifo bianconero dà quindi vita a una scenografia che si articola in due momenti. Dapprima viene innalzato lo striscione “Da 10 anni in tuo onore questa curva porta il tuo nome”, accompagnato dallo stendardo “Curva Nord Roberto Longo”. Subito dopo, vengono aperti moltissimi due-aste dipinti a mano, che riportano idealmente gli spettatori indietro nel tempo, ai ruggenti anni Novanta.

Da appassionato di geografia e storia, mi colpiscono in particolare gli stendardi “Volsci 1907”, “Sora non è Ciociaria” e “100 % anticiociari”. A questo punto, vale la pena spiegare brevemente le ragioni dietro a questi drappi. Sebbene Sora appartenga amministrativamente alla provincia di Frosinone, è risaputo che tra i bianconeri e i frusinati esista una rivalità storica che va ben oltre il calcio e affonda le radici nell’evoluzione dei due centri. Le due città, pur condividendo l’origine volsca come molte altre del Lazio meridionale, hanno preso strade diverse a partire dall’invasione normanna e, in modo più marcato, nei secoli centrali del basso Medioevo, fino alle soglie del mondo contemporaneo. Dal periodo di Carlo I d’Angiò, infatti, Sora, al pari di Isola Liri e Cassino, divenne parte stabile del Regno di Napoli, mentre Frosinone e la Ciociaria rientravano nel dominio della Chiesa. Anche dopo la nascita del Regno d’Italia e l’annessione di Roma al nuovo stato unitario, le due città furono separate. La provincia di Frosinone fu, difatti, creata solo nel 1927; fino ad allora, Sora apparteneva alla provincia di Terra di Lavoro, mentre Frosinone era parte della provincia di Roma. Questa frattura secolare ha avuto ripercussioni notevoli sull’identità sorana, alimentando appunto la distanza tra i sorani e i ciociari (ma lo stesso discorso vale pure per gli isolani e i cassinati).

Terminata la coreografia, gli ultras bianconeri si compattano al centro del settore, sostenendo la squadra per tutta la partita con ottimi battimani e un tifo costante. In particolare, l’intensità del loro sostegno cresce nella ripresa, quando la partita vive attimi di pathos per l’importanza della posta in gioco e i cambiamenti nel punteggio. Nei minuti conclusivi arriva anche la sciarpata, che aggiunge un ulteriore tocco di colore a un settore sempre vivo e attivo.

Come accennato in precedenza, i fermani entrano nel loro settore durante il prepartita. Ho l’opportunità di rivederli dopo qualche mese: la precedente occasione è stata il derby Sambenedettese-Fermana, che ho avuto la fortuna di seguire a dicembre direttamente dal manto verde del “Riviera”. Ma di loro conservo anche un ricordo più lontano, risalente alla stagione 2016-2017, quando accompagnarono la loro squadra ad Agnone, percorrendo molti chilometri dalle Marche all’alto Molise. Anche quest’oggi, nonostante l’ultimo posto in classifica e un rapporto con la squadra che non sembra certo idilliaco, i ragazzi di Fermo sono al loro posto, pronti a sostenere esclusivamente i propri colori, pur trovandosi a pochi passi dalla retrocessione. Queste due considerazioni sono sufficienti per dare valore alla loro presenza oltre il risultato.

Dopo essersi sistemati, i ragazzi di Fermo accolgono l’ingresso in campo delle squadre con uno striscione eloquente: TIFIAMO SOLO LA MAGLIA. Dopo aver tenuto il messaggio in bella vista per alcuni minuti, lo sostituiscono con i loro stendardi, che per tutta la gara sono accompagnati dallo sventolio dei bandieroni. I fermani sono autori di una buona prova: pur con qualche pausa, soprattutto nella prima frazione, il loro sostegno cresce nel corso della ripresa; nei secondi quarantacinque minuti, i battimani diventano più frequenti e cantano con una maggiore potenza vocale, che permette loro di farsi sentire, in varie occasioni, dal resto dello stadio.

Sul campo la partita è divertentissima e le squadre si spartiscono il bottino con due reti per parte. Il risultato finale, tuttavia, non serve a nessuno. Così, dopo il triplice fischio, tutto lo stadio protesta: i sorani chiamano la squadra sotto al settore per esprimere la delusione per questo pareggio, mentre i fermani, tolte immediatamente tutte le loro pezze, evitano di salutare i giocatori. Con la contestazione in atto, scatto le ultime foto ai monti della Valle Roveto e del Parco Nazionale d’Abruzzo innevati, prima di tornare all’auto. Anche questa ennesima domenica trascorsa allo stadio volge al termine, felice di aver calpestato, dopo tanti anni, il terreno di gioco del “Tomei”.

Andrea Calabrese