La domenica allo stadio è una religione, è una tradizione tramandata di generazione in generazione, una sensazione che non si può spiegare bene se non si vive di persona, e ancor di più se non sei un ultras.
Eccomi qui, nuova domenica nuova partita. Mi muovo per fotografare e scrivere dei tifosi, e che siano stadi nuovi o già battuti è tutte le volte un’emozione. Però – perché nella vita c’è sempre un però, come cantava Samuele Bersani – nonostante i tifosi mi facciano sentire accolta, so perfettamente che la mia è un’emozione non partecipe, so che non sono parte integrante di questa liturgia, perché gli ultras hanno qualcosa in più che a me manca e che è la loro caratteristica più bella: quella fede, quella devozione verso la propria squadra che li identifica e li rende unici e singolari di curva in curva.
È una domenica incredibilmente soleggiata di febbraio dove Sora e Termoli si sfidano in uno scontro salvezza, entrambe appaiate a quota 24 punti in classifica, in piena zona playout e quindi i punti in palio quest’oggi possono risultare determinanti per prendere slancio e uscire dalla zona calda.
È anche la mia prima esperienza su un campo laziale e mi appresto a seguire queste due tifoserie che avevo intenzione di vivere dal vivo e che mi mancavano all’appello. Prima di entrare allo stadio Claudio Tomei, io e Davide veniamo ospitati dagli ultras locali al Bar Sport. Beviamo insieme una birra e ho la stessa sensazione di assistere a un ritrovo di famiglia, dove anche i bambini sono presenti (giocheranno insieme sotto i gradoni della curva). Mentre siamo al bar sopraggiungono i tifosi ospiti ma non essendoci rivalità, gli stessi guadagnano la strada per il proprio settore con la polizia che rimane spiazzata e inerte. Peccato che quando emergono attriti fra le tifoserie e certo immobilismo incentiva la loro animosità, le forze dell’ordine riscoprono una posteriore solerzia d’ufficio con cui fanno piovere diffide per criticità a cui ha contribuito anche il loro lassismo.
Quello che si percepisce nell’aria è solo la voglia di sostenere la propria squadra con amore, e stare insieme, fare aggregazione. Salutiamo il gruppo e ci dirigiamo allo stadio per tutte le dinamiche che precedono il nostro ingresso. All’esterno, in evidenza lo striscione “Tutti a Campobasso” per la prossima trasferta delicata del Sora nel capoluogo molisano.
In campo si scaldano i giocatori e nel mentre dirigenti e collaboratori ci permettono di osservare coppe e trofei della squadra calcistica, esposte all’interno della struttura. Lo stadio si riempie, gli ultras ospiti entrano per primi, intonando i primi cori di presentazione. Accolgono l’ingresso in campo della squadra esponendo lo striscione: “Mai sola!”, firmato “Curva Marco Guida” (Marco era un ragazzo che seguiva il Termoli con gli ultras e da ultras, scomparso all’età di 16 anni in un incidente sul lavoro).
Sono circa 60 i termolesi, molto partecipi per tutta la partita. Nonostante la bassa posizione in classifica danno vita a una bella prestazione di tifo e a un bel colpo d’occhio con pezze, bandiere e bandierine giallorosse a comporre una bella coreografia, colorata e di impatto. Incitano ancor di più la squadra dopo ogni gol subito, un atteggiamento che fa la differenza e sicuramente motiva anche la squadra in campo, seppur non riesca a segnare o rimettere in discussione la gara.
Gli ultras di casa non sono da meno, Sora è una piazza di grande tradizione, che ti stimola a guardarli, con materiale curato e bella presenza che catturano inevitabilmente l’occhio. I primi cori iniziali fanno letteralmente tremare lo stadio e si sentono fino al settore ospiti dove ci collochiamo inizialmente per i nostri scatti. Il vantaggio di giocare in casa e godere di una certa superiorità numerica, produce un tripudio di nero, bianco, giallo e grigio. Bandiere, pezze e cori coinvolgenti che trascinano talvolta anche le tribune. Diversi battimani, bandieroni sempre in movimento e cori a gran voce, fomentati anche dalle reti segnate che scatenano un delirio contagioso. E ammetto che lo spettacolo sugli spalti è stato molto più entusiasmante di quello visto in campo.
Il momento delle sciarpate arriva per entrambe le tifoserie, i colori delle squadre, l’inno e quella passione che ha animato generazioni di tifosi: è sempre molto bello assistere a questa vecchia usanza e dimostrazione di fede calcistica che resiste ai tempi e alle mode.
La partita termina infine con la netta e convincente vittoria del Sora per 3 a 0, importantissima in chiave salvezza e per questo salutata con l’abbraccio finale della curva verso la propria squadra. Come tra l’altro fanno anche gli ospiti: promesse d’amore confermate e rinnovate.
“Tutti a Campobasso” è l’ultimo invito dei tifosi sorani per andare a lottare e a raccogliere ogni piccolo brandello di quella che sarebbe un’importante salvezza, dopo essere tornati in D non senza poche peripezie.
Torno a casa soddisfatta di questa intensa giornata, portando con me molte emozioni che non sono sicura di aver descritto a pieno ma che conserverò comunque gelosamente. In fondo chi conosce il mondo degli ultras riuscirà a percepire anche queste sfumature impercettibili e sfuggenti che rendono però questo mondo così affascinante, specie se lo si guarda con occhi diversi, se lo si guarda più in profondità rispetto ai logori luoghi comuni dell’opinione pubblica.
Testo di Imma Borrelli
Foto di Imma Borrelli e Davide Gallo
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