Non ho mai nascosto di provare grande ammirazione per il progetto calcistico-aggregativo della Spal. Una realtà che – facendo leva su una storia ultracentenaria – ha saputo letteralmente risollevare la Ferrara del pallone, riportandola nell’Eden di questo sport. Da protagonista. Con un modo di intendere il calcio intelligente e lungimirante e una gestione societaria in grado di offrire tutta una serie di strutture e novità necessarie alla tranquilla sopravvivenza nel calcio contemporaneo.

Il restyling del Mazza è senza dubbio il fulgido esempio di questo lavoro partito nel 2013. Le migliorie di cui è stato oggetto il vecchio impianto ferrarese sono state compiute con grande rispetto per i tifosi (cosa non scontata nell’epoca in cui vengono eretti veri e propri ecomostri o pseudo-teatri dedicati al consumismo più che alla passione), tanto che anche per gli ospiti è stato ricavato uno spazio dalla capienza congrua (1.500 posti) e dal posizionamento perfetto.

Dopo uno spumeggiante inizio di campionato, la Spal è andata man mano spegnendosi, facendo un’abnorme fatica proprio tra le mura amiche, dove la vittoria manca dal 17 settembre dello scorso anno, quando gli emiliani regolarono all’inglese l’Atalanta di Gasperini.

Ospite di giornata è una Roma reduce da una stagione a dir poco deludente, già battuta all’Olimpico nella gara di andata. Il Mazza, neanche a dirlo, registra un bel colpo d’occhio, prossimo al sold out. Mentre nel settore ospiti sono stati venduti tutti i tagliandi a disposizione.

In settimana (per l’esattezza il 16 marzo) sono ricorsi cinquant’anni dalla morte di Giuliano Taccola, giocatore della Roma scomparso al termine della sfida contro il Cagliari a causa di un arresto cardiaco. Sulla sua morte, tuttavia, aleggia ancora una grande coltre di mistero, che in tanti legano all’abuso di sostanze oggi illecite, molto in voga all’epoca, e altri a un suo sconsiderato utilizzo malgrado le precarie condizioni fisiche.

Sin dall’inizio di quella stagione, infatti, Taccola accusò diversi problemi, tra cui una costante febbre che i medici della Roma legarono a un vizio cardiaco. In febbraio fu sottoposto a un intervento per l’asportazione delle tonsille. L’operazione risultò molto più complessa del previsto, con il calciatore che riportò diverse emorragie. Appena dimesso gli fu prescritto un mese di assoluto riposo.

Tuttavia Helenio Herrera, tecnico giallorosso dell’epoca, volle farlo rientrare prima del previsto, per non tenerlo troppo lontano dal campo. Al termine degli allenamenti spesso era febbricitante, mentre fisicamente era debilitato dagli antibiotici presi.

A inizio marzo si ruppe il malleolo durante la gara contro la Sampdoria, ma seguì ugualmente la Roma in ritiro, la settimana successiva. Malgrado le sue condizioni fisiche si facessero sempre più gravose. Venne convocato per la gara di Cagliari, dove però, debilitato, fu mandato in tribuna. Dopo la partita svenne per un malore e il suo cuore cessò di battere.

La scomparsa di Taccola aprì un dibattito mediatico basato sui tanto punti d’ombra della faccenda. Neanche l’autopsia stabilì esattamente le cause del decesso e la moglie del giocatore spinse sempre per tenere viva l’attenzione sulla sospetta dipartita del marito.

Il caso tornò in auge a inizio 2000, quando le morti di numerosi giocatori attivi tra gli anni ’60 e ’70 vennero collegate agli innumerevoli farmaci somministrati da alcuni tecnici ai propri giocatori. Comportamenti suffragati anche dall’ormai famoso libro di Carlo Petrini, “Nel fango del Dio pallone”.

In sua memoria vengono esposti due striscioni prima del fischio d’inizio.

Poco prima della partita vengono intercettati alcuni mezzi di tifosi giallorossi il cui vaglio non convince le forze dell’ordine. La polizia procede con il sequestro di alcuni oggetti contundenti e susseguente fermo delle persone a bordo, così – in segno di protesta – il settore ospiti toglie tutte le pezze seguendo la gara in parziale silenzio.

L’unica effige che rimarrà issata per tutti i 90′ è quella dei Fedayn dedicata a Federico Aldrovandi. Nella ripresa partiranno anche dei cori in sua memoria con il seguente plauso dello stadio.

A tal merito va segnalato il sequestro di uno striscione per la famiglia Aldrovandi sempre ai tifosi ospiti.

Se la performance dei supporter capitolini è pertanto non giudicabile, quella degli spallini è quest’oggi ai limiti della perfezione.

Non nego di esser rimasto quasi sorpreso da come, oltre alla curva, tutto lo stadio abbia sovente partecipato al tifo. Battendo le mani, seguendo i cori e sostenendo le azioni dell’undici di Semplici. Una bellissima, romantica, immagine di unità divenuta davvero merce rara negli stadi della massima categoria.

Appare evidente il lavoro fatto “dietro le quinte” dai ragazzi della Ovest. Le riunioni aperte a tutti, il voler dialogare anche con i tifosi normali dopo episodi critici o delicati in cui gli ultras potevano facilmente divenire il folk devil della situazione (vedasi episodio di Auronzo questa estate) e l’esser parte integrante della comunità cittadina sono elementi che giocano a favore del tifo organizzato estense. Oltre a un modus operandi intelligente ed accorto.

Non va dimenticato che la Questura di Ferrara è, senza dubbio, una delle più minuziose e zelanti d’Italia. Tra multe a chi prova solo ad avvicinarsi alla recinzione appoggiando i piedi su un led pubblicitario, caccia alle streghe a chi pensa solo lontanamente di accendere un fumogeno e repressione sistematica a striscioni con scritte tutto sommato innocue, il saper mantenere dritta la barra non dev’essere semplice per il direttivo della curva. Che deve fare i conti anche con un numero di Daspo considerevole essendo una realtà di provincia.

In campo la Spal disputa una partita gagliarda e alla fine la spunta per 2-1, per la gioia del suo popolo che torna a conquistare tre punti in casa dopo ben sei mesi di digiuno. Grande festa sotto la Ovest, anche in vista della cruciale trasferta di Frosinone e di un finale di stagione che si preannuncia bollente. Bisognerà gettare il cuore oltre l’ostacolo per mantenere la categoria.

Di sicuro Ferrara rimane una di quelle poche piazze in cui la provincia è ancora in grado di emergere e farsi spazio a suon di gomitate. Con la giusta potenza economica, chiaro, ma anche con l’arguzia, la pazienza e il saper lavorare anche con un briciolo di passione. Cosa che in uno sport ormai plastificato come il calcio non fa mai male.

Simone Meloni