Trasferta agevole quella dei doriani vista la distanza tra Genova e Ferrara, ma se il chilometraggio sorride ai tifosi in trasferta, fa sorridere meno il prezzo imposto per il settore ospite: ben 32 euro per assistere ad una gara di serie A, cifra che in verità è persino superata in altri campi, ma il problema non è di questo o quel campo bensì generalizzato con il beneplacito di quelle persone che in un misto di ottusità, perseveranza ed ignoranza non perdono occasione per mettere alla berlina gli ultras e gli stadi fatiscenti per giustificare il crescente calo di spettatori nel nostro campionato. Detto che questo dato negli ultimi anni sta andando in controtendenza, occorrerebbe fare un discorso un po’ più ampio, sicuramente meno qualunquista, prendendo in considerazione fattori sociali e non tralasciando il clima che si respira attorno al pianeta calcio. Per fattori sociali intendo la generalizzata povertà del popolo italiano, quel benedetto calo del potere d’acquisto che ha colpito molti nuclei famigliari, del resto con meno soldi a nostra disposizione, l’unica maniera per tirare la cinghia e fare la formichina, è quella di tagliare il superfluo ed un biglietto d’ingresso in uno stadio è decisamente un fattore che può essere messo in secondo – terzo piano. Di rimando c’è l’opzione abbonamento televisivo, con una manciata di euro hai l’opportunità di vederti il campionato di serie A in poltrona senza troppi problemi e per lo sportivo medio ciò non è aspetto da trascurare. Non è mia intenzione continuare a battere questa strada ma il paragone con gli anni ’80 è schiacciante, eppure gli stadi in quegli anni traboccavano di passione e colore malgrado le comodità tendessero a zero, la visibilità fosse spesso e volentieri al limite della decenza e gli episodi di violenza fossero ben più frequenti di oggi. Quali sono i fattori determinanti di questa fuga dagli stadi? Prezzi dei biglietti, facilità di reperire i ticket, stadi a misura di tifoso e non carceri a cielo aperto, ecco la ricetta che potrebbe avere qualche risultato nonostante il calcio, inteso come sport dai sani valori, sia ormai un carrozzone poco credibile con gli scandali che non si contano più sulle dita di una mano ed una gestione politica che fa rabbrividire persino il più rustico assessore comunale di un qualsiasi sperduto paesino montanaro. Fabio Capello asserì che il calcio è in mano agli ultras? Magari, verrebbe da rispondere: non so se è più pericolosa una torcia accesa di una società che si diletta a fare la tratta di baby calciatori extracomunitari oppure di un presidente che fa fallire un sodalizio per entrare di diritto in un nuovo club come se nulla fosse. Il calcio è uno schifo e più si scende di categoria più questo schifo è diffuso e impunito. Tra gli ultras c’è quella sana ed incondizionata voglia di gridare al mondo le malefatte del potere che, a sua volta, prende come termine di paragone quelle persone che con una sciarpa al collo, fanno della passione della gente l’unico tornaconto personale. Inutile mettere la polvere sotto il tappeto, chi lucra e chi si avvantaggia della propria posizione all’interno di una curva è esistito, esiste ed esisterà, ma mi piace rimarcare che questi rimangono casi isolati rispetto a quelle persone che fanno della trasparenza il proprio cavallo di battaglia. Chi sbaglia a mio parere non merita la solidarietà del movimento semplicemente perché non rispecchia i valori per i quali l’ultras è nato e continua ad esistere, malgrado si siano succedute generazioni e generazioni di giovani che al netto delle piccole o grandi trasformazioni, hanno saputo mantenere i valori originari degli anni ’60. Che poi in cinquant’anni di storia tutto possa o debba restare immobile ed immutabile, questa è pura utopia o forse anche stupidità, un po’ come continuare ad usare il piccione viaggiatore ai tempi del telefono cellulare.

Che la Gradinata Sud di Genova sia stata tra le più attive per denunciare certe problematiche in materia stadio non lo si scopre certo oggi, ma l’impegno profuso dai doriani è continuo, l’obiettivo è di non abbassare mai la guardia e continuare a camminare sul sentiero tracciato, del resto oggi come oggi il nemico degli ultras non è più quella persona con la sciarpa dai colori diversi, ma sono coloro che in nome del business a tutti i costi vogliono affondare un movimento che continua ad avere un certo fascino sulle nuove generazioni.

Doriani che si presentano a Ferrara in circa 250 unità, pezze in mano e bandieroni sempre al vento. Tifo molto buono quello di parte ospite, l’unità di intenti è palpabile: nonostante il pessimo momento della squadra, sembra proprio che ultras e tifosi virino per un sostegno ad oltranza che non può che giovare agli undici in campo.

“Paolo Mazza” che presenta una bella cornice di pubblico con la Curva Ovest che fa la parte da leone, con pochissimi posti vuoti e con un colpo d’occhio che non delude. Buono il tifo anche da parte spallina, bella la sciarpata effettuata nella prima frazione di gioco mentre nella ripresa la spinta della Ovest si affievolisce un po’, con qualche malumore che traspare chiaramente a fine gara.

Da segnalare la presenza dei gemellati anconetani nella Curva Ovest, presenza che non passa inosservata ai doriani che, sul finale di gara, salutano poco cordialmente gli ultras marchiagiani presenti. Il gemellaggio con i “cugini” genoani è l’input da cui nasce il poco feeling tra le due tifoserie. Il calcio ed il tifo è anche questo: la semplice contrapposizione tra due squadre e due tifoserie, “vinca il migliore” è uno slogan che non vale più neanche nelle partite tra parrocchie dei diversi quartieri di una città.

Foto di Alberto Cornalba