Lo sdoganamento del surrettizio “Modello Inglese”, le baggianate di Alfano e la nomina di Banana Joe Tavecchio: connubio perfetto di avanspettacolo all’italiana.

Non è banale, ma nemmeno troppo originale: indubbiamente, è di un’ovvietà tale che esso andrebbe osannato con maggiore vigore e intensità, sebbene si rischiasse la petulanza e l’intolleranza generale. Il concetto è molto semplice: fin quando gli accadimenti non ci daranno torto, saremo asfissiati dalla condizione di dover trovare sempre una spiegazione di rigore logico, statistico o empirico, che sedimenti le nostre convinzioni e alimenti, in chi occupi il proprio tempo ad ascoltarci, il dubbio che forse i sottoscritti abbiano ragione.

Non si tratta di presunzione o di iattanza, non ci sono classificazioni di punti di vista, ma soltanto di buon senso e di presa di coscienza collettiva, perché non si può continuare ad attendere che l’attivismo per concretizzare un malcontento, un dissenso, un desiderio di un mutamento radicale, di un rinnovamento estremo, di un ricambio di portata rivoluzionaria, piombi dalla sfera celeste e dispensi a destra e a manca dogmi assoluti. Parimenti non è ammissibile che giornalai prezzolati e reti e testate al servaggio del magnate di turno ci propinino quotidianamente ed indisturbati corbellerie demenziali e ancora ci abbindolino con un gioco sofistico quanto vergognoso e che verrebbe aberrato persino da Protagora e Gorgia. Il motivo di ciò è che siamo esausti, saturi di un sistema che da anni tenta di dare risposte ad appassionati e mestieranti e da altrettanto tempo si ostina perpetuo e perenne a tergiversare, come se le risoluzioni alternative ad un incapace impianto istituzionale e ad un impotente apparato dirigenziale non fossero contemplate per timore di un sovvertimento dell’attuale (dis)ordine e di una consequenziale involuzione dei profitti.

In sintesi, con straordinaria facilità, ci ritroviamo nella settimana di Ferragosto con un Tavecchio in più al timone del burocraticamente imponente e sostanzialmente claudicante transatlantico della Federazione calcistica italiana: settantunenne, ex banchiere, democristiano della prima ora, invischiato da decenni nei gangli del verticismo palazzinaro. Per la serie “Il nuovo che avanza!”. Poi, ad enfatizzare la drammaticità della situazione governativa nostrana, concede apporto anche il Ministro dell’Interno Angelino Alfano, che nel giorno della presentazione del suo nuovo decreto – nemmeno Maroni sarebbe stato capace di legiferare peggio – perde l’ennesima occasione per tacere e rintanarsi in una reticenza che sunteggerebbe l’apice della sua carriera politica ed umana: prima, sentenzia che alcuni tifosi vadano giuridicamente perseguiti alla stregua dei mafiosi. Successivamente, si dimentica che vietando alcune trasferte verrebbe invalidato l’operato dell’odierno presidente di Regione Lombardia, nonché suo predecessore alla guida del suddetto dicastero, che grazie alle sue quattro legislature con la tessera del tifoso ha convogliato in qualcosa di scriteriato le rantolanti richieste dell’invereconda élite dei salotti capitolini. Piuttosto che focalizzarsi sulle riforme costituzionali e preservare l’inoppugnabilità dell’etica politico-civile di un Paese tenuto a penzoloni per lo scroto da un condannato, le cui vestali e un’illegittima classe dirigente fungono da salvacondotto per i suoi loschi affari, questo ciarpame di potere si condensa nell’assoluzione del “riconsegnare gli stadi alle famiglie”, non considerando però che, per rendere fattuale uno slogan del genere, ci sia bisogno assoluto e determinante di prodigarsi per allontanare e debellare le assurde ed infime mobilitazioni commerciali, a fine di guadagni illimitati, delle pay tv e di chiunque detenga un marchio che venda e fatturi.

In ultima istanza, vige l’ipocrisia e il reiterato mercimonio di retorica a buon mercato dell’opinione pubblica all’apparenza moderatamente schierata, che blatera e rigurgita fasulle dottrine, rimpinzandosi di moralità e senso delle regole sociali e brandendo il famigerato “Modello Inglese”, a suo avviso panacea di ogni male e palliativo per il reintegro di una salubre sobrietà nel mondo del calcio. Sarebbe tutto molto affascinante, se non ci fosse la realtà a discernere le evidenze dalle utopie, stante anche che il grado di informazione e di cultura sulla gestione anglosassone sia alquanto deflativo: un recente studio della Link Campus University di Roma (clicca qui per leggere e scaricare il documento originale) attesta che i tassi di violenza nelle strutture sportive siano sei volte superiori in Germania ed addirittura cinque volte superiori in Gran Bretagna rispetto all’Italia, la quale gode di un calo dei feriti maggiore del 60%. Nonostante non abbia avuto particolare risalto mediatico e abbia occupato soltanto un trafiletto in qualche foglio d’editore, i risultati dell’analisi sono un’invettiva molto acuta contro i sedicenti cultori del millantato paradiso d’Oltremanica, che ha dislocato le peripezie di criminalità e baby gang dagli impianti alle strade delle periferie.

Comunque si valuti, una cosa è certa: Alfano & C. stanno contribuendo allo sfacelo della cornice che rende un’inutile bozza immortalante una palla rotolante in un rettangolo verde, con ventidue bambocci a rincorrerla e contendersela, il dipinto dello sport più bello del mondo.

Alex Angelo D’Addio.