l43-digos-120925140212_bigVerona, sponda Chievo, non è mai stata una trasferta a rischio per i tifosi romanisti. Chi non ricorda lo stupendo esodo del 2010, quando la squadra di Ranieri sfiorò lo scudetto? Oltre 20.000 cuori giallorossi invasero il “Bentegodi” accettando la delusione della sconfitta con un’imponente sciarpata sulle note di “Roma, Roma, Roma”. Duole dirlo, ma seppure si tratti di neanche quattro anni fa, erano altri tempi. L’omologazione del tifoso, la repressione dello stesso e l’uccisione del calcio ad un certa maniera, viaggiano a ritmi serratissimi e, giorno dopo giorno, portano via un pezzettino di tutto quello stupendo mondo fatto di colori, cori e sfottò con cui centinaia di migliaia di italiani sono cresciuti. Ed anche bene, aggiungerei. Capita così, che all’ombra dell’Arena, una Questura molto attiva in fatto di ordine pubblico, un po’ meno sotto altri aspetti, decida di brevettare uno strumento futurista. Se così vogliamo definirlo. Agli annali passerà con il nome di sniffer. Un aggeggio che grazie ad una sofisticata tecnologia riesce ad individuare la presenza di polvere da sparo, anche se nascosta. Per testarlo quale oggetto migliore, se non i tifosi di calcio? Cavie per decine di sinistre trovate, si prestano alla perfezione ad una simile cosa. Inquadrati, messi sotto torchio, facilmente individuabili e punibili. Forti con i deboli, deboli con i forti. Quante volte (almeno a me è successo) è capitato negli aeroporti italiani di passare con cinte dalle fibbie di ferro, ed altri materiali non consentiti e smemoratamente lasciati nella borsa, senza che nessuno dicesse nulla nonostante la presenza costante di metal detector e personale di vigilanza? Dello sniffer neanche una traccia. Ma allo stadio, in quella zona franca, tutto è concesso. Si organizza un capillare filtro al casello autostradale, decine di chilometri dallo stadio, dove fino a prova contraria posso portare in macchina torce e fumogeni (materiale di libera vendita). Si ferma ogni macchina che passi di là. Un po’ come avveniva ai tempi del Muro di Berlino. Un check-in in piena regola. Macchine perquisite e liberi cittadini rivoltati da cima a fondo, alla ricerca del temibile armamentario. Chi giunge dalla Capitale, alla faccia della discriminazione territoriale con cui proprio le istituzioni si riempiono la bocca, riceve chiaramente un trattamento particolare. E se, malauguratamente, viene trovato in possesso di un qualsivoglia artifizio pirotecnico (che va ripetuto, è acquistabile liberamente in qualsiasi rivendita del territorio nazionale) viene condotto in questura e sottoposto alla sanzione amministrativa del Daspo. Poco importa che lo stadio sia lontano e quindi la pericolosità di tali soggetti non sia veramente riscontrabile. Ci chiediamo se tutto ciò sia legale, prima di tutto. E perché venga applicato sempre e solo nei confronti dei tifosi? Si può diffidare Mario Rossi perché, a decine di chilometri dal luogo dove si svolge la manifestazione sportiva, è in possesso di un fumone che se acceso durante la settimana a Piazza del Popolo susciterebbe solo l’ilarità dei presenti? Ma la considerazione più importante è che, se il giorno dopo la Questura si è affrettata a pubblicizzare questa sua nuova trovata, nessuno ha parlato del clima bellico che i tifosi della Roma, senza nessun motivo visto la tranquillità della gara in questione, sono stati costretti ad affrontare in Veneto.

L’arrivo allo stadio non è da meno. Ancora controlli macchina per macchina, con ragazzi costretti a scendere per far posto alle unità cinofile mentre gli agenti prelevano a campione tifosi giallorossi conducendoli nei loro cellulari dove, dopo un’attenta perquisizione , viene loro rilasciato un verbale circa l’esito della stessa. Finalmente, verrebbe da dire, dopo anni di abusi e sequestri del tutto illegali. Eppure, ci stiamo scordando che tutta questa macchina, peraltro assai costosa ed ambigua in tempi di spendig review, è stata allestita per un semplice Chievo-Roma, con poco pubblico ed a rischio zero. Chiaro che si voglia far pagare ai romanisti l’abbondante utilizzo della pirotecnica negli ultimi tempi. Ma altrettanto evidente che la società civile dei giorni d’oggi è arrivata ad un tale punto di assuefazione e rassegnazione, che ritiene tutto ciò inevitabile e spesso necessario. Prima di raggiungere il settore ospiti, c’è ancora da passare un cordone di steward ed il famigerato sniffer. Il fiore all’occhiello della Questura scaligera. Tutto ciò inframezzato, non dimentichiamolo mai, da prefiltraggi, tornelli e biglietti nominali. Questo sempre ad appannaggio di chi chiede maggiore controllo fuori e dentro gli stadi. Probabilmente per entrare in un carcere di massima sicurezza, occorre sottoporsi a meno procedure. Si parla spesso degli stadi e dei suoi tifosi come “alberi della cuccagna”, un mondo di impuniti e di selvaggi animali lasciati sempre allo stato brado. Eppure, un giornale che si rispetti, farebbe un’inchiesta sull’attuale situazione in cui i tifosi italiani si muovono al seguito delle proprie squadre. Ma è vero, dimenticavo. A tenere botta ci sono i progetti per costruire nuovi stadi sempre più telecamerati e repressivi. Oppure per virgolettare le dichiarazioni di presidenti che si augurano di non vedere mai più nei propri stadi i tifosi che si rendono protagonisti di azioni poco congruenti con la morale attuale. Ed intanto ci saranno altri Chievo-Roma, altre azioni legali indebite ed altri abusi sopportati da cittadini italiani. Tutto ciò sempre nel silenzio totale di chi dovrebbe fare informazione.

Ci si affretta invece a fare tavoli tecnici e task force per inibire e vietare quel poco che resta e spendere quantità industriali di denaro pubblico che andrebbero destinate alle molte aree derelitte del nostro ridicolo paese. Si parla settimane intere di casi Nocerina o casi Giugliano, mentre sottotraccia c’è uno stato che sta diventando sempre più padrone delle nostre vite, proprio attraverso questo genere di atteggiamenti. Si badi bene, i tifosi, come spesso i manifestanti, non sono dei santi. Ma non possono essere sempre e soltanto i primi colpevoli di qualsiasi nota stonata della società. Ghigna l’opinione pubblica, si sfrega le mani il sommo giornalista graduato che può redigere le sue ipocrite e tendenziose inchieste. Ma quando domani toccherà a loro? La società 2.0 è già iniziata da tempo, possibile che ad accorgersene debbano essere sempre le categorie che ne subiscono prepotenze ed angherie? Vi accorgerete di non avere più il diritto alla parola solo quando vi vieteranno di chiamare la Vodafone per attivare un’offerta vantaggiosa per utilizzare Facebook, Twitter, Gmail e Whatsapp?

S.M.