Lo scenario è quello di una città sotto assedio. A tutti gli effetti. “Dove pensa di andare lei?”, mi intima una vigilessa picchiando con poca eleganza sul parabrezza mentre con la mia macchina mi appresto a percorrere parte del Lungotevere per arrivare nei pressi dell’Olimpico. Siamo a oltre due chilometri dallo stadio e la novità è questa: parte delle strade che lo circonda sono chiuse al traffico. Motivo? Ordine pubblico ovviamente. Come ti sbagli. Camminare non è mai stato un problema per me, ma l’assurdità di rendere ancor più difficile la vita agli automobilisti romani, soprattutto nell’orario di punta, è un qualcosa che mi lascia a dir poco sconcertato. La zona è infatti congestionata, con le poche strade accessibili prese d’assalto e il traffico impazzito come non mai.

Vedo persone gesticolare nervosamente nei propri abitacoli e penso a quanto ormai la nostra qualità di vita sia scesa ai minimi storici. Altro che miglioramenti per il Giubileo. La città affonda nel degrado, nella trascuratezza e nell’inedia. Nonostante una pubblicità fuorviante che vuol farci credere il contrario. Ed ora è a tutti gli effetti militarizzata in ogni sua pulsione vitale. Un aspetto che personalmente mi soffoca e non mi fa vedere le cose lucidamente. Ci si abituerà, con tutta probabilità, anche a questo. Ma ha senso, nella nostra fattispecie, seguire il pallone in queste condizioni? A prescindere dalla divisione della curva e dalle follie di un Prefetto che in qualsiasi Paese normale verrebbe spedito ad arare i campi. Si è arrivati a gestire una partita di calcio come si dovrebbe fare per lo sbarco di una spedizione militare, con tanto di rullo mediatico pronto a creare quella tensione che non permette un’analisi completa e sincera di quanto accade.

Come detto, parecchie strade che circondano l’Olimpico sono interdette al traffico. Così in pochi metri si passa da clacson che suonano all’impazzata, al vuoto cosmico delle strade, presidiato da Vigili Urbani con tanto di transenne. Nonostante si tratti di un incontro importante, come di consueto in questa stagione, non si registreranno certo grandi numeri sugli spalti. E non solo perché la Sud continua il suo sciopero, ma proprio perché tante persone si sono stancate di dover perdere qualche ora della propria vita a causa di esaurimenti nervosi causati dalla gestione psicopatica degli eventi sportivi.

Polizia. Militari. Carabinieri. Vigili Urbani. Finanzieri. Steward Pompieri. Li incontro avvicinandomi ai prefiltraggi. Ci sono addirittura camionette dotate di idranti. Non si capisce, in tutta onestà, per quale motivo. La gara non è certamente a rischio e dalla Bielorussia sono previsti pochi tifosi, con intenzioni tutt’altro che bellicose. Soltanto lo scenario che ti accompagna verso lo stadio è francamente deprimente e mi chiedo come potrei mai portare mio figlio in un ambiente simile. Cosa c’è di ludico? Cosa c’è di divertente? A Roma si sta facendo davvero di tutto per desertificare lo stadio. E i signori che amministrano l’ordine pubblico della Capitale ci stanno riuscendo alla grande. Davvero poco da dire.

Certo, a onor del vero oggi i numerosi controlli sembrano più “blandi”, se così si può dire. Niente metal detector, come nella precedente gara con l’Atalanta, ma scarpe comunque fatte togliere, almeno nei settori di curva. Vista la pochissima gente che si dirige verso le entrate vorrei sapere con quale coraggio la Questura parla di successo nei controlli e nel controllo del flusso. Anche io otterrei successi in questa maniera. Facile controllare una zona praticamente vuota e priva della sua tifoseria organizzata, vero? Ecco, peccato che chi ha perpetrato tutto ciò dovrebbe difendere e amministrare la città più grande d’Italia.

Ridicola poi, mi si permetta, la querelle Pallotta-Gabrielli, in cui quest’ultimo ha voluto sottolineare come non abbia ricevuto nessuna richiesta di incontro da parte del presidente romanista, malgrado lui riceva “cani e porci”. La bassezza di tali esternazioni direi che disegna perfettamente il profilo del soggetto di cui ormai da mesi parliamo con veemenza. E anche le sue dichiarazioni “A Roma ci sono questioni più importanti della faccenda stadio” sarebbero divertenti, se non creassero un forte senso di irritazione in chi le ascolta. Ci sono faccende più importanti? Verissimo. E allora perché lei, signor Prefetto, la prima cosa a cui ha messo mano è stato proprio lo stadio Olimpico? Evidentemente questa paternale dovrebbe riservarla a sé stesso. Evidentemente.

Dell’ambiente sugli spalti dobbiamo parlarne? Io credo che le dichiarazioni di Garcia al termine della gara (“Con la Curva Sud presente è un altro stadio, sentiamo la sua mancanza”) e i fischi dei presenti nei momenti di difficoltà della squadra (che alla presenza della curva si sarebbero ovviamente tramutati in una maggiore spinta) dicano tutto. Per me va rispettato chi entra allo stadio, perché se non rispettiamo le scelte altrui non possiamo pretendere che lo stesso venga fatto nei nostri confronti. Ma è ovvio che una Roma senza il suo tifo e senza la sua curva è destinata a diventare una squadra mediocre e anonima. La Serie A non è il campionato francese, dove gli sceicchi hanno acquistato il PSG portandolo immediatamente sul tetto del calcio nazionale. Da noi ci sono ben altri poteri in ballo e, a mio modo di vedere, anche la costruzione di uno stadio di proprietà non garantirebbe vittorie consequenziali. Pertanto un’AS Roma senza la sua gente più calda, rischia davvero di trovarsi a giocare, anche in futuro, il 70 percento delle sue gare nel più silenzioso Deserto dei Tartari.

Da segnalare il questionario, griffato AS Roma e Coni, consegnato ai tifosi di curva all’ingresso. Una serie di quesiti che verte sulla divisione dei settori popolari e sugli effetti da essa prodotti.

Vedremo cosa ci riserverà questo sospirato incontro tra presidente e Prefetto. Ma appare ovvio che se esiste una strada percorribile per un riavvicinamento tra le parti, è lunga e tortuosa. E intanto Roma, sportivamente e non, paga tremendamente il modus operandi dei propri gestori.

Testo Simone Meloni

Foto Cinzia Lmr