Gorizia, caleidoscopio di colori, riflette le sfumature di una storia ancora troppo recente per essere dimenticata, racchiudendo in sé le diversità di una regione che già nel suo nome raccoglie identità e storie diverse tra di loro, guai infatti a chiamarli friulani o tantomeno giuliani, semplicemente si sentono Goriziani: sintesi perfetta di tradizioni e costumi regionali.
Nel nostro viaggio alla ricerca di nuove realtà ultras, da conoscere e comprendere, abbiamo avuto il piacere di intervistare la GBA Gorizia: nati all’ombra del palazzetto, sport che da queste parti riscuote molto successo, si sono spostati negli stadi, dove per anni hanno inseguito il sogno della rinascita calcistica, sogno che non solo non arrivava, ma inesorabilmente si trasformava in incubo. Da qualche anno, grazie al binomio ultras – imprenditori del posto, qualcosa sembra cambiare, con la Pro Gorizia che lentamente sta scalando le categorie, inseguendo gli antichi fasti per tornare nella quarta serie nazionale.
Partiamo dalle origini del movimento ultras Goriziano.
La nostra città, e di conseguenza il movimento ultras cittadino, sono legati a doppio filo al basket che da queste parti, fin dall’immediato dopoguerra, ha riscosso sempre grande successo: come il calcio è stato portato a Genova dagli inglesi, il basket è il frutto dell’invasione americana, soprattutto nella nostra terra, zona di confine.
Nel 1976 venne fondato il primo gruppo ultras, il Commandos, che seguiva l’allora squadra di Basket cittadina; nel 1979, anche grazie ai successi sportivi calcistici della Pro Gorizia, si decise di trasferire l’esperienza e l’entusiasmo maturati nei palazzetti italiani, allo stadio: nascono così gli Ultras aventi come simbolo un teschio posizionato al centro del proprio striscione. Nel 1980 la parte più giovane del movimento ultras cittadino fondò “First Line Ultras Gorizia”, nome originale per l’epoca, con una chiara matrice politica.
A proposito di politica, come si collocavano a Gorizia i pionieri del movimento ultras?
La generazione cresciuta negli anni ’70, gli anni di piombo per intenderci, era politicamente più coinvolta e fortemente ideologizzata, non deve sorprendere quindi che anche la curva ne riflettesse idee e valori. La città storicamente si è sempre collocata a destra, di conseguenza anche le prime avanguardie ultras strizzavano l’occhio a movimenti o partiti nazionalisti, o sovranisti se volessimo usare un termine molto in voga oggi.
La politica comunque non è mai stata
il collante principale per il nostro gruppo, come magari avveniva e avviene in
altre piazze: sia nel palasport che allo stadio abbiamo accolto chiunque avesse
a cuore le sorti dei nostri colori, e le vicende sportive cittadine.
Quando nasce la Gioventù biancazzurra?
Nel 1987 la Pro Gorizia viene rilevata da Giancarlo Pozzo, fratello del più noto Giampaolo, proprietario dell’Udinese. Il nuovo presidente, appena insediatosi, propose agli esponenti di spicco del tifo organizzato di cambiare il nome del gruppo portante, finanziandone inoltre lo striscione: la scelta cadde su Gioventù Biancazzurra. Si veniva da una situazione finanziaria difficile, con la Pro Gorizia sull’orlo del fallimento, pertanto il direttivo dell’epoca preferì assecondare le richieste della nuova dirigenza.
Come giudicate l’esperienza Pozzo?
La luna di miele con la nuova dirigenza durò fino a quando capimmo che alle promesse di riportare la Pro Gorizia in C non sarebbero seguiti i fatti. Fu allestita una squadra che avrebbe dovuto ammazzare il campionato, guidata dall’allora esordiente Gigi Del Neri.
L’intento positivo di creare una sinergia tra società, squadra, tifosi fu sicuramente una mossa che diede frutti immediati: nei primi anni della sua gestione, l’entusiasmo e la partecipazione non mancavano mai; di conseguenza il tifo organizzato si sviluppò e crebbe raggiungendo picchi di presenze importanti per la categoria, sia in casa che in trasferta (la D che all’epoca si chiamava “Interregionale”), con prestazioni a livello coreografico e vocale di tutto rispetto.
La vulcanica e spesso irrefrenabile indole del “paròn” Pozzo però, risultò a distanza di anni un autogol: i troppi biglietti omaggio elargiti, forse in maniera leggera, le cibarie e i rinfreschi distribuiti gratuitamente ed in notevole quantità, la troppa disponibilità alla concessione di pullman per le trasferte a prezzi simbolici se non gratuiti, divennero un pretesto per troppe persone per avvicinarsi agli ultras solo per fini opportunistici; ne risentì soprattutto il movimento ultras che riuscì a crescere, soprattutto in termini di mentalità, e quando i risultati cominciarono a non arrivare il pubblico iniziò ad abbandonare gli spalti ed il gruppo lentamente a sfaldarsi. Fu comunque un presidente importante e molto amato dai tifosi.
Arriviamo ai giorni nostri; la vostra squadra lentamente sta risalendo la china e siete in lotta per il salto di categoria. Come state vivendo questo momento?
La nuova dirigenza, tutta composta da imprenditori goriziani, pur non potendo contare su ingenti risorse finanziarie, è riuscita nell’impresa di riportare la Pro Gorizia dalla Seconda categoria ai vertici del campionato di Eccellenza: di questo gli diamo atto ed hanno inoltre mostrato attenzione e sensibilità al tifo organizzato, instaurando un clima di collaborazione e dialogo.
Come descrivereste la struttura del gruppo?
Ripartire non è stato affatto facile: il lavoro difficile e paziente di ricucitura di uno “strappo” quasi ventennale tra città, squadra e ultras sta proseguendo e i suoi frutti si iniziano a vedere; l’esperienza della vecchia guardia messa in campo per attuare una sorta di “operazione nostalgia” ha riacceso l’entusiasmo di tutta la piazza goriziana e questo lo constatiamo vedendo ogni domenica la presenza costante di nuove leve, ragazzi più giovani che non hanno vissuto il primo periodo della GBA ma che hanno sposato con entusiasmo la mentalità e lo stile ultras goriziano.
Oggi viviamo una seconda giovinezza e seppur tra mille difficoltà, stiamo ritornando su buoni livelli, riuscendo a coinvolgere nel nostro progetto tanti ragazzi più giovani.
Oggi possiamo contare su uno zoccolo
duro di 30 persone, tutti coinvolti nelle nostre attività. Solitamente ci
raduniamo nel bar antistante lo stadio, dal quale partiamo anche per le
trasferte.
Anche il nostro materiale è realizzato in tiratura limitata perché riteniamo
giusto e corretto realizzarlo principalmente per i membri che lo indossano con
orgoglio.
Passiamo alle domande di rito: amicizie e rivalità?
In generale non abbiamo mai voluto instaurare amicizie e/o gemellaggi e proprio per questo le rivalità sono molte, soprattutto nel Triveneto: ricordiamo quelle del passato con Chioggia, Mestre e Treviso, anche se sono tifoserie che per le varie vicissitudini che hanno investito la nostra storia calcistica non incontriamo da molto tempo.
Dopo la rinascita della GBA di alcuni anni fa, è come se fossimo ripartiti da capo per cui abbiamo deciso di “azzerare” tutto e di ripartire senza ereditare vecchie rivalità; ciò non significa ignorare antichi rancori, tra l’altro mai sopiti, o vecchie ruggini, ma concentrarci solo su noi stessi. L’atteggiamento che assumeremo nei confronti di queste o nuove tifoserie lo stabiliremo solo nel momento in cui le incontreremo. Per adesso siamo in Eccellenza, campionato dove non esistono tifoserie o gruppi ultras organizzati: non a caso stampa e forze dell’ordine dedicano i loro sforzi, spesso in maniera esasperata, su Gorizia e gli ultras della Pro Gorizia, l’unica realtà degna di nota.
Gorizia è città di confine, come avete detto già anche voi. Che rapporti avete con la tifoseria del Nova Gorica?
I rapporti sono personali, con scambi di visite frutto soprattutto della reciproca curiosità di conoscersi: Gorizia e Nova Gorica sono separate da un confine che ormai ha più valore storico che altro, ma le due comunità, al di qua e al di là del confine, si portano comunque addosso i tratti di storie sociali profondamente diverse, spesso non compatibili tra loro; diversità che stuzzicano la curiosità di entrambe le realtà ultras. Spesso capita che ci ospitiamo a vicenda nelle partite più importanti.
Che rapporti avete con le due principali tifoserie della regione?
Non ne abbiamo. Vecchi screzi si sono spesso verificati in maniera indiretta e sempre in ambito cestistico nei numerosi derby tra Gorizia-Udine-Trieste.
I rapporti con questi ultimi sono migliorati più di recente, anche se la rivalità (in campo cestistico è sempre fortissima) negli anni passati c’è sempre stata, culminando nello spareggio-salvezza Gorizia-Trieste del 1987. In quell’occasione ci furono violenti scontri tra ultras goriziani e ultras triestini.
L’intervista è partita dall’importanza che ha avuto il basket a Gorizia, seguite ancora la squadra locale?
La squadra di basket è morta nel 1999 con la cessione del titolo a Pesaro, vicenda che ci costò anche processi penali. Gli allora First Line cercarono di scongiurare il peggio e fecero irruzione nella sede della società. Quell’azione costò caro, sia in termini di processi che di diffide. Da allora decidemmo coerentemente di non seguire più il basket locale, che negli anni è rinato sotto nuove sigle. L’esperienza cestistica è ormai chiusa. Ricordiamo comunque con piacere le amicizie che avevamo instaurato con gli ultras senesi e i ragazzi di Rimini. Rapporti circoscritti al basket e che non abbiamo mai provato ad estendere anche al calcio.
Lasciamo a voi l’ultima parola, magari parlando di qualche trasferta che vi è rimasta nel cuore.
Sono passati davvero troppi anni dalle trasferte più belle e siamo stufi di vivere di ricordi. La trasferta più bella sarà la prossima.
Intervista raccolta da Michele D’Urso.