Reduce dalla vittoria di Colleferro, il Terracina affronta tra le mura amiche del “Colavolpe” una rivale di vecchia data: ospite dei padroni di casa è infatti il Ceccano, importante località della confinante regione storica della Ciociaria.
L’Italia, come è risaputo, è il paese dei campanili, dei derby e delle contrapposizioni. Basti pensare alle rivalità tra le città medievali (la mia mente corre a Firenze e Siena, oppure a Bologna e Modena e a La secchia rapita di Tassoni), ma anche ai contrasti serpeggianti all’interno delle stesse cerchie murarie tra gruppi di diversa connotazione economica o culturale: guelfi contro ghibellini, magnati contro popolani, guelfi bianchi contro guelfi neri, francescani contro domenicani.
Questo spirito divisivo, dalle antiche lotte di fazione medievali, si è poi trasferito agli stadi, dove sovente si riversano arcaiche rivalità territoriali. Ho sempre concepito l’Italia come l’incunabolo, per antonomasia, delle rivalità: tra paesi confinanti, magari separati soltanto da una sottilissima striscia di campagna, o anche all’interno di un medesimo centro. È eloquente, se vogliamo, l’etimologia stessa di questa parola: rivale deriva proprio da rivus, ruscello. Il rivale è colui che si trova dall’altra parte del corso d’acqua, oggetto della contesa tra due comunità contrapposte per il godimento esclusivo delle risorse di una certa area.
Terracina-Ceccano non sfugge alla regola. Da una parte i litoranei, chiamati spregiativamente, da chi abita in campagna, sui colli o in montagna, “pesciaroli”; dall’altra gli abitanti delle aree interne, catalogati indiscriminatamente come “pecorari” o “pastori” da chi vive sulla costa. Vi scorgo una dialettica primitiva, esistente dall’alba dei tempi.
Terracina-Ceccano, dunque, è proprio e innanzitutto litorale contro entroterra. Nel corso del tempo si sono disputate, tra queste due squadre, moltissime sfide tutte piuttosto accese, che hanno alimentato una rivalità tramandata dalle vecchie alle nuove generazioni. Per questo motivo la gara odierna richiama un ottimo pubblico sui gradoni dello stadio, sia sul fronte locale che su quello ospite. L’impianto di Via Ceccaccio ospita così, per il secondo anno consecutivo, un altro derby storico con il settore ospiti aperto: dopo Terracina-Cassino della scorsa stagione, i più giovani possono vivere le emozioni di un altro confronto di cui molti di loro, alla vigilia, avevano sentito soltanto parlare. In tempi di divieti e restrizioni come quelli che stiamo vivendo, la notizia più importante è sicuramente questa.
Terracinesi e ceccanesi onorano questo derby creando un’atmosfera di grande fascino. Davvero in grande spolvero la Curva Mare, che oggi sfoggia una delle migliori prestazioni stagionali sia a livello visivo che vocale: insieme ai loro fratelli formiani, i terracinesi tifano a gran voce dal primo al novantesimo, sventolando continuamente i bandieroni, accedendo luminarie, realizzando battimani e punzecchiando ripetutamente gli avversari.
I ceccanesi, dall’altro lato, si dispongono in un blocco compatto, rimarcato dalle varie pezze. Tornati dopo diversi anni a Terracina, onorano l’evento tifando in modo costante e con notevole vigore, intonando cori di sfottò verso la curva di casa.
Terracina-Ceccano, insomma, si rivela un derby in piena regola, ben riassunto dagli striscioni che le due tifoserie aprono nel corso dei novanta minuti. Un derby, tra l’altro, in cui le due squadre scendono in campo sfoggiando i propri colori: biancoceleste e rossoblù. Anche questa, se vogliamo, è ormai una piacevole rarità.
Sul campo il Terracina ottiene la seconda vittoria consecutiva, facendo esplodere la curva al termine della partita, mentre i ceccanesi abbandonano delusi il settore. Termina così questo avvincente confronto. Dopo aver assistito a una sfida eccellente come questa, il consiglio che mi sento di rivolgere a chi è ancora innamorato della dimensione popolare del calcio, è di salire in macchina o su un treno per godersi simili attimi: potrebbero essere sempre gli ultimi.
Andrea Calabrese























