Uno dei pochi aspetti positivi di questa clausura forzata a causa del Coronavirus è avere tutto il tempo di approfondire delle passioni, di coltivare degli hobby, di tenersi impegnati con creatività e fantasia. E l’aver reso cinefili chi non lo era, come il sottoscritto.

Pur essendo refrattario a tutta questa ondata di canali digitali a pagamento, serie tv e compagnia bella, devo ammettere che, su Netflix, sono stato subito colpito da “The English Game”, una serie tutta Made in England, distribuita da appena un mese e, dunque, in continuo divenire, attualmente composta da un’unica stagione di 6 puntate.

Ideata e sceneggiata dai registi UK Julian Fellowes, Tony Charles ed Oliver Cotton, narra della storia di James Walsh, proprietario del mulino di Darwen e del Darwen FC il quale, contravvenendo ai regolamenti dell’epoca che proibivano la remunerazione degli atleti (ad eccezione di piccoli rimborsi per spostamenti, vitto e alloggio), decide di pagare segretamente due calciatori scozzesi, Fergus Suter e Jimmy Love, per rinforzare la squadra in vista dei quarti di finale della FA Cup 1879. Gli avversari sono gli Old Etonians, una squadra composta da gentiluomini dell’alta borghesia londinese e capitanata da Arthur Kinnaird.

Non voglio andare avanti con la narrazione ed evitare di “spoilerare” il seguito ed i suoi contenuti, ma voglio (piuttosto) approfondire un paio di aspetti che mi hanno particolarmente colpito.

Il primo, assolutamente positivo, è stato l’aver percepito in che maniera si è sostanziata la nascita del calcio in Inghilterra e, dunque, carpire le modalità di gioco, le strutture utilizzate per giocare al football, e tutto ciò che ne scaturisce, dai regolamenti primordiali ai completi da gioco ricamati a mano con i pantaloni alla “zuava”, così nostalgici e semplici, se paragonati a quelli moderni, completamente tempestati di caratteri sublimatici e sponsor. E ancora le vecchie scarpe da calcio e le porte senza rete, con i pali di legno e quadrati, come si usavano una volta.

In secondo luogo, questa serie è interessante soprattutto per capire in che maniera il calcio si è aperto ai proletari diventando, dunque, da sport di nicchia per pochi eletti, a movimento collettivo e popolare. In questo senso, “The English game” è il ritratto di un calcio ai primordi ma anche lo specchio della società del tempo, delle lotte sindacali, del capitalismo e la classe operaia, delle rivendicazioni salariali e degli scioperi. Il tutto, senza dimenticare la criticità di alcuni rapporti famigliari, che si sviluppano in una Inghilterra turbolenta, che si sveglia scossa da una rivoluzione industriale sempre più preponderante.

“The English game” è fondamentalmente la stigmatizzazione di uno scontro politico, e lo sviluppo della dicotomia tra l’alta società, che riteneva il calcio un mero hobby di ricchi, e i proletari, che ne vedevano una lotta di classe e un modo per rivendicare i propri diritti. Tra cui quello di giocare “al pallone”.

In conclusione, vedere “The English game” è consigliato, soprattutto per gli appassionati e per chi vuol capire come è nato il calcio moderno.

Gianluca De Cesare