L’estate del 2016 fu una dura estate per il calcio volterrano. Dopo quasi mezzo secolo di attività, la squadra della città etrusca scompariva ed era costretta a ripartire dalla terza categoria. Si decise allora di cambiare nome e colori, ritornando all’origine: la squadra non si sarebbe chiamata più Alabastri Volterra e non avrebbe vestito i colori bianco-rossi del vessillo cittadino. La nuova squadra avrebbe indossato maglie viola e avrebbe avuto sul petto il nome Volterrana.

E fu in quello scenario di rinascita che qualcuno pensò che non era sufficiente avere una nuova formazione in città. Pensò che si doveva rafforzare il legame fra la gente e i ragazzi che correvano sul campo delle Ripaie. Che il nome della città andasse portato in giro con orgoglio e gioia e che andasse rinverdito il fasto di un’antica tradizione di sostegno alla squadra cittadina. Fu così che quello stesso anno nacquero i Ribartati Volterra, primo gruppo organizzato a seguito della squadra.

Questo che sta per iniziare è il quinto anno di attività dei Ribartati e per questo abbiamo deciso di fare due chiacchiere con alcuni dei ragazzi che del gruppo fanno parte. Ci siamo seduti intorno a un tavolo con una bottiglia di vino bianco. Il registratore raccoglieva le parole, mentre intorno la sera d’estate diventava via via più fresca.

Volterrana – Saline, prima categoria al Romano Signorini

Come è nata l’idea di creare un gruppo a sostegno della nuova Volterrana?

Tutto è nato una sera al bar. Eravamo in cinque e tutti avevamo esperienze in curve di Serie A, Serie B o Serie C. Tutto è partito dal sentimento di appartenenza alla città, e così decidemmo insieme di seguire la Volterrana.

Il nome Ribartati è piuttosto inusuale. Si ritrova in una variante dialettale solo nei sostenitori del Cittadella. Ma com’è nato?

Striscione rebus con protagonista Bart Simpson

Il nome Ribartati è nato da una fissazione di uno dei fondatori. Il “ribartato” qua da noi è una persona che non se la passa particolarmente bene. In più decidemmo che avremmo scritto Ribartati sottoforma di rebus, inserendo il personaggio Bart dei Simpson nel nome. Quindi: Ri-Bart-Ati.

Cerchiamo di dare una data di fondazione. E di ripercorrere i primi passi.

Se dobbiamo trovare una data direi il 9 agosto. Dopo di che cominciammo a spargere la voce, per capire su chi potevamo contare, chi è che si voleva unire. Abbiamo formato il primo nucleo che era composto da una decina di persone. Ci siamo detti, vediamo come va!

Ma i Ribartati sono un gruppo ultras?

Non abbiamo mai utilizzato questo termine, perché pensiamo che non ce ne sia bisogno. Non dobbiamo autodefinirci. Siamo un gruppo a sostegno della squadra della nostra città. A che servirebbe etichettarci? Però gli altri per riferirsi a noi lo hanno sempre usato, perché gli faceva comodo per collocarci in un immaginario. Sai, appartenere a un mondo con delle regole precise, per quanto non scritte, non era semplice. Noi quando siamo nati volevamo solo andare a vedere le partite della Volterrana.

Prima di partire con i Ribartati, ripercorriamo la storia del tifo a Volterra.

Volterrana – San Romanese, Prima Categoria

A fine anni Settanta nacque il primo gruppo organizzato i Boys Supporters, che avevano uno striscione di 24 metri. Erano gli anni in cui in tutta Italia stava sbocciando il movimento ultras e anche la città volle il suo. Il tifo stava dall’altra parte rispetto alla tribuna, sul prato. Oltre al gruppo principale c’erano i club cittadini che esponevano il loro striscione (Bar Italia, La Punta etc.); invece i ragazzini avevano il gruppo Danger. C’erano coriandoli, torce e fumogeni. C’era anche un lanciarazzi, ma dopo il fatto di Paparelli fu vietato. Si trattava di altri numeri, c’erano mille, duemila, anche tremila persone allo stadio. Era una grande Volterrana, c’era Luciano Spalletti in campo, fra gli altri. Durò 4 o 5 anni, dopo di che si sciolse. Un revival ci fu a fine anni Novanta con il Grosseto, ma non nacquero gruppi organizzati.

Bene, adesso proviamo a ripercorrere le tappe più importanti di questi quattro anni sui gradoni delle Ripaie.

Nel primo campionato si contavano presenze quasi solo in casa. In trasferta facevamo fatica a riempire una macchina. Il discorso però cambiava quando si trattava della Coppa Toscana. Non si sa bene perché ma a Volterra c’è sempre stato uno strano rapporto con la coppa. Fin dai tempi più remoti, la squadra ha avuto un grande sostegno nelle competizioni infrasettimanali, dove si arrivava addirittura a organizzare interi autobus. E anche quell’anno, nelle partite di mercoledì la gente si risvegliava e seguiva la squadra anche lontano dalle Ripaie.

Ma dal punto di vista “tecnico” in cosa consiste il tifo dei Ribartati?

Il gusto per la pirotecnica

Fumogenate, un po’ di pyro, soprattutto in notturna. Poi due aste, striscioni e coreografie. Sono cose classiche, ma per noi erano novità, quindi c’era tanto tanto entusiasmo.

Parlando da un punto di vista numerico, quanta gente seguiva la squadra?

Facciamo un esempio. La finale dei playoff dell’anno di terza c’erano duecento persone, di cui circa 45 che si identificavano nel nostro gruppo.

Possiamo dire che al di là di quanto fatto a Volterra, siete stati anche il motore della nascita o rinascita del tifo nei campi della nostra zona?

Una volta è uscito un post sulla pagina di Tifo Toscano, dove si vedevano alcune foto nostre, in notturna. Be’ da quel momento qualcosa si è mosso, qualcuno ha deciso che era divertente seguire anche la propria squadra. Non vogliamo vantare paternità, ma siamo contenti che ci siano in giro altri gruppi, come a Treggiaia o a Vada.

Torniamo allo svolgimento temporale delle cose. Dopo l’annata in terza la Volterrana è promossa in Seconda Categoria. Che succede sui gradoni?

L’amore nel fango del Dio Pallone

L’annata comincia molto bene, perché la squadra non aveva obiettivi e questo favorisce il tifo, perché non c’è mai pressione. Arrivano anche i primi derby e i primi scontri sportivi importanti. Forse il cambio di marcia arriva a Pomarance quando per un derby in trasferta si arriva a cento persone. Ma il punto più alto si raggiunge nel derby con il Saline, dove ci saranno state più o meno 500 persone. Ma non solo: cantavano tutti. Una cosa così non si vedeva da anni. All’apice della stagione si forma anche il gruppo delle donne. Ma non è una novità perché la presenza femminile allo stadio ha sempre fatto parte della tradizione volterrana. Poi nasce anche il gruppo giovanile.

Ma invece a livello di derby? Che differenza c’è fra le diverse partite?

Possiamo considerare derby quelli con il Pomarance, il Castelnuovo, la Geotermica, il Lajatico. E con il Saline. Ma nel caso dei primi c’è sempre stato un grande rispetto. Con gli ultimi invece tutto nacque con la retrocessione dell’Alabastri nel 2016. Qualcuno dalla frazione, venne in centro a fare i cori in un bar. Così nacque la rivalità. Quel torto, fu vendicato con lo striscione al primo derby: “Benvenuti in città”.

Altre partite da raccontare?

Il 12° pronto ad entrare in campo

La partita con il Pappiana, senza dubbio. Eravamo in 15, c’era la neve. Si passò da Pisa, dove c’era Pisa-Lucchese. Diciamo che Pisa, non è il posto adatto dove passare pieni di sciarpe e materiale viola. Non sempre hai tempo per spiegare che sono anche i colori della Volterrana. Ma anche la fumogenata multicolore con il Guasticce o lo spareggio con il Pomarance a Capannoli, con una coreografia enorme e 400 presenze.

Come in tutte le cose però, quando si è raggiunto l’apice, si inizia a scendere. E iniziano i problemi.

Esatto. Quando i numeri diventano alti, è normale che ci siano molti occasionali, che non rimangono quando, come il terzo anno, arrivano risultati poco soddisfacenti. Inoltre non è facile gestire i numeri di cui si stava parlando. Una cosa è quando hai a che fare con 40 persone, una cosa sono 200. E poi eravamo sulla bocca di tutti e tutti si aspettavano qualcosa da noi. Addirittura venivamo invitati alle feste come “testimonial” perché portavamo gente. Una situazione che non ci piaceva per niente.

C’è stata una partita che più di altre ha segnato l’inversione di tendenza?

Senza dubbio quella con la Geotermica. Quello che vedemmo in campo quel giorno non ci piacque affatto. Eravamo andati fino a Larderello, avevamo pagato il biglietto e vedemmo uno spettacolo indegno. Un pareggio che lasciò più di qualche dubbio nei nostri occhi. È strano vedere esultare l’autore di un gol con le mani fra i capelli no?

Voi tifosi come l’avete presa?

La gente perse entusiasmo, se ne andò prima della fine della partita. L’incontro successivo esponemmo solo lo striscione “Vergogna” e lasciammo vuoto il settore. Non ci fu mai nessun chiarimento da parte della società e ci furono diverse rotture, sia con la squadra – che fino allora era sempre stata sostenuta nel bene e nel male – e anche interni al gruppo. Si iniziò a perdere lo spirito di appartenenza.

Poi arrivò il giorno della “Sciarpa proibita”.

Quel derby era l’occasione per darci una scossa, per sentirci di nuovo vivi. E facemmo il possibile per arrivarci al meglio. L’idea era quella di fare una mega-sciarpata con una sciarpa realizzata per l’occasione e distribuita solo ai componenti del gruppo, con la scritta “Saline ti odio”.

E che successe?

“Roba da pazzi”…

La sciarpa venne “intercettata” per la leggerezza di un giovane del gruppo e immediatamente diventò un caso cittadino, con il coinvolgimento spoporzionato di figure istituzionali e forze dell’ordine. Alcuni di noi vennero chiamati e ci sconsigliarono fortemente (con il rischio del Daspo) di esporla, a causa di possibili accuse di incitamento all’odio territoriale.

Cioè state dicendo che per una sciarpa che si vede su tutte le bancarelle di qualsiasi stadio d’Italia declinata in tutte le salse, si è rischiato di venire accusati di incitamento all’odio territoriale fra città e frazione distanti 15 chilometri?

È andata proprio così, purtroppo. E anche questo fatto è stato preso come scusa da qualcuno per staccarsi dal gruppo.

E siamo così arrivati all’ultima stagione, quella che non si è conclusa a causa del Covid-19.

All’inizio di quest’ultima stagione ci siamo riuniti e abbiamo deciso di ristabilire una gestione “come in terza categoria”, molto semplice, molto alla mano. Abbiamo anche esposto la pezza RVHC, Ribartati Volterra Hard Core, come perpetua polemica interna e per ribadire che ci siamo al di là di ogni risultato. Abbiamo anche iniziato a seguire il basket. Volevamo andare anche alle partite della pallanuoto, ma ci hanno detto che rischiamo solo di fargli rimediare una sconfitta a tavolino, quindi abbiamo rinunciato per amore della causa.

All’inizio di questo quinto anno, che cosa vi aspettate? Quali sono le prospettive per il futuro?

Ripartiamo e proviamo a coinvolgere di nuovo la gente. Basta così.

Intervista raccolta da Gianni Galleri.
Foto di Valentina Ferti.