Ci sono due notizie da segnalare: la prima è che ormai a Varese non mi perdo. O meglio, non mi perdo se devo arrivare allo Stadio Ossola, al palazzetto dello sport ed al palaghiaccio, forse la meta più facile. La seconda è una serata all’insegna del divertimento, grazie al gruppo ospite col quale, dopo averlo visto all’opera diverse volte, ho cominciato a familiarizzare. Andiamo con ordine.

Arrivo rapido al palaghiaccio. Appunto, una buona notizia. Entro nella pista e la differenza climatica con l’ambiente esterna è evidente. Almeno, la prossima volta, quando qualcuno mi dirà che sto rammollendo perché ho accantonato la Valascia e la Resega, si dovrà ricredere. Arrivo forse persino con troppo anticipo, e mi ritrovo a girare a 360° per questo impianto come non avevo mai fatto. Fa sempre effetto il dietro le quinte di questo sport, coi suoi preparativi, i suoi riti, l’agonismo che traspare dai giocatori già prima della fase di riscaldamento.

La partita sta per iniziare, finalmente. Da Pergine, come l’anno scorso, non vedo nessuno, almeno all’inizio. Ma questo me lo posso anche aspettare. Quello che non mi aspettavo, o almeno non fino in fondo, è che quel poco di tifo casalingo che c’era fino all’anno scorso si è eclissato. Rimangono solo tre ragazzi che mettono lo striscione “Gioventù Giallonera”, poi nulla. Non dico che il gruppo mi abbia fatto una grande impressione le due volte in cui ho assistito ad una partita del Varese Hockey nella scorsa stagione ma, senza dubbio, quel poco era meglio di niente. Anche il pubblico normale, piuttosto numeroso durante la passata annata, sembra essersi ridotto ai minimi.

Si potrebbero aprire mille parentesi già aperte in altri articoli: uno sport abbandonato dal CONI, una Federazione non all’altezza, una grande potenzialità per sfondare anche in Italia, un campionato come quello di Serie B che non vale niente e che presenta situazioni agonistiche spesso al limite del ridicolo. Normale che la gente si disaffezioni.

Ogni tanto mi sembra di sentire qualche coro. Mi guardo intorno, e non capisco. I cori sembrano venire da fuori, ma a volte sembrano più vicini. A metà primo periodo mi accorgo che la pezza della “Vecchia Guardia” del Pergine, con cinque ragazzi dietro, è appesa alla vetrata del bar. “Oddio – penso – un pezzo proprio da Perginesi”. Mi ricorda molto un Chiasso-Vaduz con presenza ospite nel settore buvette. Però, penso anche, la presenza non può limitarsi solo a ciò. Ci sarà pure qualcun altro. Ed infatti, poco dopo ed ordinatamente in corteo come sempre, arrivano gli Ultras Perzen, sorpresi persino loro della “postazione” della Vecchia Guardia. Armati di un bruco di peluche verde, si compattano e dedicano i primi cori proprio contro la “Vecchia Guardia”. L’allegria è già a mille ma, a causa del ritardo, arriva subito la sirena che determina la fine del primo periodo. Varese è avanti per 1-0 con un gol non dati ai padroni di casa, molto contestato su sponda giallonera.

Il secondo periodo segna l’evoluzione del tifo ospite. Una coreografia con cartoncini bianco e rossi viene alzata, accompagnata da una torcia che non offre il massimo della visibilità ai convenuti. La gente rumoreggia e non gradisce: non sa che sarà la prima di una lunga serie. Pure i pochi carabinieri presenti fanno spallucce, assicurandosi giusto che la situazione sia tranquilla. Così dovrebbe sempre essere. Anzi, il servizio d’ordine, se così lo possiamo chiamare, è anche di troppo. Torce poco popolari, come sempre, a parte, il pubblico sembra apprezzare, come sempre, la goliardia proposta dal gruppo ospite, il quale non fa fatica ad arricchire la propria trasferta grazie ad un guest-star d’eccezione: un signore di una certa età di Varese che prima si becca qualche coretto simpatico (“Sei vecchio e non scopi più”, ancora mi viene da ridere a pensarci), salvo poi essere ammesso trionfalmente in mezzo al gruppo degli ultras. I ragazzi di Pergine fanno a gara per immortalarsi col divo della serata. La situazione favorisce il mio incontro con gli Ultras Perzen e la Vecchia Guardia: invitato a riprendere il mito varesino, comincio a fare una bella chiacchierata un po’ con tutti i ragazzi, scoprendo che, coi miei articoli, a Pergine e dintorni vanto una popolarità simile a quella di Nicola Nucci ai tempi di Supertifo (chi v’ho ritirato fuori…). Scherzi a parte, tra una chiacchiera ed una birra, mi rendo conto di come la mia simpatia spontanea sin dal primo incontro non sia nata da fattori casuali. Un altro po’ e non ci rendiamo neanche conto che è iniziato il terzo ed ultimo periodo, ed io e i ragazzi al bar ci perdiamo quasi 5 minuti di incontro. Poco male, riprendo la mia postazione ancora più motivato. Purtroppo la guest star si è eclissata, ma l’allegria resta alta e il tifo senza pecca alcuna.

Tra l’altro la partita inizia persino a diventare avvincente: il Pergine va sul 3-1, ma quasi subito Varese accorcia sul 3-2. Diventa una lotta serrata, e persino lo scarno pubblico locale inizia a partecipare con dei semplici “Varese Varese”. Qualche colpo scorretto comincia a volare, la rissa si sfiora a più riprese ma non arriva. Gli ultimi minuti tengono col fiato sospeso i tifosi trentini, che alla fine possono però esultare. Finisce con un giocatore di Varese a terra e un po’ di nervosismo ma, al termine di ciò, la squadra ospite si lascia andare ad una bella esultanza sotto al settore dei propri tifosi. Un’ultima torcia accesa, uno dei ragazzi che a petto nudo scivola sul ghiaccio tra le ovazioni della folla, e ci si può preparare per tornare a casa. Non prima, però, di un’ultima chiacchierata con i ragazzi di Pergine, che ho avuto per la prima volta il piacere di conoscere. Poi, chissà, qualche incrocio ai play-off o qualche circostanza fortunata. Nella vita non si sa mai.

Stefano Severi