Quando un anno fa scoprii il derby del Ticino di hockey, ebbi solo una cosa di cui lamentarmi: l’unico dei tre derby da me visti che non era stato all’altezza degli altri fu quello della Valascia, mentre i due ai quali ho assistito alla Resega erano stati promossi a pieni voti. Stavolta non è proprio andata così. Posso tranquillamente affermare che questo derby n.193 tra Ambrì Piotta e Lugano è una di quelle partite di cui avrò ancora limpidamente memoria tra qualche anno, così come ricorderò fin troppo bene il mio primissimo a Lugano. Ci sono alcuni aspetti di qualsiasi vero derby che fanno la differenza: impianto (stadio o palazzetto che sia) pieno, colore, coreografie, striscioni contro, sfottò e tanti altri elementi che rendono unica “quella” partita.

Le aspettative sono ovviamente altissime: il primo derby stagionale, disputatosi a Lugano, è passato da meno di un mese; ci sono stati gli scontri, gli episodi di colore, qualche fattaccio, tanto tifo e colore come sempre, e poi quel clamoroso risultato che ha fatto volare l’Ambrì. Eccolo l’elemento discriminante che rende diverso questo derby rispetto a tanti altri, ovvero i ruoli delle squadre che si sono invertiti. O quasi. Perché è vero che il Lugano è al di sotto della linea, ma con ottime prospettive di risalita verso i play-off, mentre l’Ambrì degli ultimi anni già era condannato ai play-out da metà campionato. Però l’entusiasmo dell’Ambrì e della Valascia cambia le regole del gioco, Lugano soffre ma con orgoglio, e dal risultato finale possono dipendere tante cose. Poi gli strascichi dell’ultima partita giocata: lo stendardo “GBB” rubato dalla Fossa ed esposto alla Resega, l’episodio delle lamette nel settore ospiti (mimetizzate nella balaustra), gli arresti tra gli ultras bianconeri, le botte volate al cimitero, dove molti ospiti avevano trovato parcheggio, il botta e risposta, anche pesante, se vogliamo, a suon di striscioni.

E derby del Ticino, alla Valascia, vuol dire anche traffico dopo l’uscita autostradale. La pista supera regolarmente i 5.000 spettatori di media e ne può contenere pochi di più (sui 7.000), ma oggi è tutto diverso. Intanto c’è l’antagonismo fra le due fazioni, ovvero far vedere all’avversario che almeno 90 minuti prima sei là, a presidiare la tua postazione (questo vale soprattutto per chi gioca in casa, mentre chi arriva da fuori può essere sorpreso da tanti fattori extra). E poi non c’è neanche il treno speciale per Ambrì destinato ai tifosi biancoblu, soppresso sia per ragioni di sicurezza, sia per la volontà di non regalare lo stesso privilegio di viaggiare gratis (col biglietto della partita in tasca) fino ad Ambrì e viceversa. Quindi tutti in auto, tutti allo stesso orario, e la colonna, che dribbla i famosi pascoli e la pista aeroportuale, è piuttosto lunga. Tutto sommato ho fortuna nel parcheggio assegnatomi dalla security, e in un batter d’occhio sono già dentro.

Passo in sala stampa solo per un breve caffè, e, essendo una giornata particolare pure per me, decido subito di buttarmi in qualche posto a scattare. La verità è che volevo evitare a tutti i costi la solita postazione fotografi, affollatissima in queste partite e parzialmente occupata da una telecamera della Televisione Svizzera Italiana, che in altre occasioni non c’è mai. Poi mi accorgo che i miei “colleghi” se la stanno prendendo comoda, e che posso tranquillamente occupare quella che dovrebbe essere, per me, la miglior postazione possibile, ovvero proprio accanto alla telecamera. Mancano 45 minuti e già sono là, pronto a scattare e a raccontarvi questa partita.

Gli ultras bianconeri ancora non arrivano, nonostante il settore ospiti si stia riempiendo alla spicciolata. La curva dell’Ambrì è già piena e, stavolta, con un po’ di sorpresa, non riesco a vedere neanche da “dietro le quinte” cosa bolle in pentola. In compenso ci sono i primi cori, potentissimi, contro Lugano, oltre a quelli per la squadra. Quando entrano i giocatori l’ambiente si surriscalda ulteriormente e, a parte la tribuna alle mie spalle, la pista può considerarsi già piena in ogni ordine di posto. Un quarto d’ora prima dell’inizio arrivano Ragazzi della Nord e Fossa, i due gruppi guida della tifoseria luganese, che fanno sentire da subito la loro presenza. Poi, come avviene in tutti i derby, nella curva di casa si alza un bandierone copricurva per nascondere la coreografia che sta nascendo dietro.

La curiosità è a mille. Prima che lo spettacolo sia visibile, la curva dell’Ambrì fa una premessa sotto forma di striscione appeso alla vetrata: “Alle lamette ti sai limitare, anche oggi ti insegnamo a tifare”. Poi tutto giù per far posto ad un altro messaggio, che sarà il primo di una lunga serie: “Lezione 1: coreografia”. E, mentre le squadre entrano in campo, rimango veramente impressionato dal bandierone copricurva che si alza dal basso verso l’alto, rappresentante la Svizzera stilizzata alla Asterix, dove vengono indicati i “presidi” di Ginevra, Zurigo e Davos, mentre sopra a Lugano viene inserita la scritta “Merde” con immagini eloquenti vicino, più due corvi in posizioni poco da galateo che dovrebbero rappresentare i due gruppi portanti della Nord avversaria. E Ambrì dove sta? Il recinto alla “villaggio di Asterix” si alza mezzo minuto dopo il completamento del bandierone, dove il piccolo centro leventinese è rappresentato contornato da una staccionata in legno con dentro la Valascia. E i personaggi? Non mancano neanche quelli, visto che in vetrata si alzano due ragazzi travestiti da Asterix e Obelix (complimenti per il physique du role) che trascinano l’intera curva. Si alzano spontanei gli applausi di tutta la Valascia. Di impatto anche la risposta luganese, con un mare di bandiere usa e getta nere abbinate agli striscioni “Chi semina fulmini…” (alzato ovviamente per primo) “raccoglie tempesta” (per secondo). Ora il derby è a pieno regime, e sarà la partita a far pendere la bilancia dall’una o dall’altra parte.

La pista è praticamente esaurita coi suoi 6.500 spettatori. La partita ha da subito un ritmo alto, le squadre sembrano equivalersi e le tentano tutte per violare la porta avversaria. Fioccano le prime penalità per i più svariati motivi. Lo spettacolo delle curve è indescrivibile. La curva di casa è in forma strepitosa, fra battimani, cori ritmati e tenuti a lungo, altri più potenti ma brevi. Gli attimi di pausa riflettono il gioco in campo: nessun attimo di sosta per nessuno. Neanche per la curva del Lugano, che canta anch’essa senza mai fermarsi seguendo il proprio stile, che esalta soprattutto le mani alzate al cielo. Dalla mia postazione tremendamente vicino alla Sud è difficile sentirli, eppure riescono talvolta nell’impresa, nonostante il clima rovente anche dalle tribune. Ad una prima rissa in campo segue un gol annullato a Pestoni per l’Ambrì, dopo che gli arbitri hanno a lungo guardato il filmato: deviazione con bastone alzato, e nell’hockey non si può. Tutto da rifare, l’esultanza della Valascia e dei giocatori che si sono abbracciati rimane strozzata in gola.

Striscione della Sud: “Lezione 2: coretto”, e comincia il coro a rispondere prima, e cantato poi “Alè alé, Ambrì Ale, ovunque andrai ti seguirò”. Brividi, ma tra una sosta e l’altra i Luganesi si sentono eccome. Seconda rissa in campo e poi, nei secondi finali, è il Lugano ad andare a segno con Steiner. Ma il destino è tremendo e ironico, e l’esultanza della bombonera del settore ospiti e dei giocatori in casacca nera è vana: anche qua il gol è viziato da un bastone alzato. Si va al riposo sullo 0-0: gara dura, persino violenta, favolosa sugli spalti.

Mentre gli altri fotografi possono godersi una buona pausa, chi osserva i gradoni, in queste occasioni, non può, perché è proprio in questi attimi che diversi striscioni posso essere esposti contro l’avversario. Comincia la Sud con “A Norimberga in 20 andate, dei 200 con che coraggio ne parlate?”, una risposta allo striscione esposto durante la prima gara alla Resega dalla Nord (“Voi in 200 in Ungheria per vedere vostra madre darla via”). Idilliaco, quasi alla Minghi, il ricordo dell’estate andata in questi primi due derby. Purtroppo, mea culpa, scattando alla curva di casa, mi accorgo all’ultimo di uno striscione esposto nel settore ospiti, e non faccio in tempo a leggero che è già stato abbassato. Inutili le domande per sapere a chi era vicino a me. Chiedo venia.

Riprende la partita, con la nuova “lezione”, la numero 3, della GBB, ovvero “sbandierata”: la Sud comincia a sventolare tutto il suo arsenale di bandieroni, bandiere e bandierine, regalando l’ennesimo colpo visivo per chi segue la partita. Ma, al centro della scena, ci sono le corde vocali e le mani al cielo (qua sarebbe giusto dire “al tetto”) di entrambe le tifoserie, mentre in campo volano botte, spallate impressionanti e scorrettezze di ogni tipo. In apertura è di nuovo l’Ambrì a violare la porta avversaria, e di nuovo si scatena la movida della Valascia, con l’esultanza del marcatore Duca seguito dai suoi compagni sotto la curva. Ma, incredibile, anche qui qualcosa non va. Gli arbitri vanno in zona schermo dopo un conciliabolo, rivedono le immagini e decidono che il gol è da annullare, poiché prima del gol il portiere bianconero Manzato ha spostato la porta. Nell’hockey su ghiaccio succede anche questo. E allora si va avanti, in campo e sugli spalti.

Altra scazzottata in stile far west, e la partita si prolunga già più del dovuto. Di nuovo penalità, e le curve si rimettono in marcia. Bene entrambe, il risultato porta una tensione elettrica ad altissimo voltaggio, ma anche pathos e incitamento. “Lezione 4”dice lo striscione della Sud, e stavolta si tratta di “battimani”, e via a coinvolgere tutto il settore in una manata con le braccia alzate e un coro ritmato. Altra rissa in campo, e sono quattro. Sempre in chiusura, una rocambolesca azione del Lugano porta alla rete di Schlumpf, ma dopo attimi interminabili di attesa, indovinate perché anche questo gol viene annullato? Perché un giocatore del Lugano è entrato in porta assieme al dischetto, non da solo ma spinto in maniera plateale dal numero 3 leventinese che, per non farsi mancare nulla, finisce anche lui la sua corsa in rete, sotto al malcapitato avversario. Si torna negli spogliatoi, ed è ancora zero a zero.

Durante l’ultima sosta l’ultimo batti e ribatti tra le due curve ticinesi. Su sponda biancoblu c’è un “Libertà per gli ultrà, per gli infami nessuna solidarietà”, mentre simile è la rima da parte bianconera con “I sassi la vostra mentalità, dove sono i veri ultrà?”, alzato in due parti. È tardi, tardissimo, e chissà a che ora finirà questa partita di martedì sera che tra risse e gol annullati vede anche lo spettro dei supplementari.

“Lezione 5: sciarpata” è l’incipit alla terza frazione da parte della Gioventù, che continua il suo ciclo di striscioni. Tante le sciarpe che si alzano insieme alle bandiere; non sarà la “Montanara”, ma l’impatto è comunque notevole. Il tifo non è mai calato dall’inizio della partita, figuriamoci nel terzo tempo dove le curve di hockey danno sempre il meglio. Con una partita così, poi. Dopo tante azioni da una parte e dall’altra, la svolta avviene al minuto 53, quando uno dei giocatori più quotati, il Coreano naturalizzato Americano Park va a segno, e stavolta non c’è immagine che tiene: il gol è valido, in curva la gente viene giù, come stesse precipitando, per l’esultanza, la gente di fede biancoblu scarica tutta la propria tensione in pochi istanti. Anche se vedo i Luganesi continuare a tifare, ora il tifo leventinese è alle stelle, la gente non canta ma urla, e anche chi prima non alzava le mani per seguire i cori ora lo fa. Una vittoria può anche questo.

C’è tempo per un ultimo striscione, la “lezione 6: saltellare”, ed ecco un paio di cori dove la gente della Sud saltella unita. Ma la partita non è finita: il Lugano tenta la carta dell’uomo in più lasciando il portiere in panchina, e nel mezzo ci si mette anche una penalità per l’Ambrì. Il fortino traballa ma regge. La vittoria vale il primato, e non si può perderla all’ultimo. Questo pensa la gente della Valascia, mentre, su sponda luganese, si aspetta quel gol sul finale che farebbe crollare le vetrate divisorie in plexiglass del settore ospiti. Proprio all’ultimo secondo, il portiere dell’Ambrì Schaefer compie un autentico miracolo sull’ultimo tiro disperato del Lugano, e la Valascia viene veramente giù alla sirena, i giocatori di casa travolgono il loro portiere per abbracciarlo, e tutti finiscono, per l’impeto, sotto la Curva Sud, che, neanche a dirlo, sta già cantando “La montanara”. Una delle più belle forse, visto che questa, complice la sconfitta del Davos, significa primato in solitario.

La festa continua, a lungo. Rimango qualche minuto ad osservare il giubilo dei padroni di casa, quasi tutti sono rimasti sugli spalti. I Luganesi, prima di andarsene, lasciano l’ultimo striscione appeso, chiaro e limpido: “Merde”. Poi ci sono i mezzi privati che li attendono, e un pullman più un pulmino per Ragazzi della Nord e Fossa. Poi esco e mi accorgo che tutta la Valascia è bloccata per consentire il deflusso degli ospiti. Personalmente, su suggerimento di uno steward, faccio un giro un po’ defilato per ritrovarmi alla stazione, ma è sbarrato anche là. Vedo di fronte a me il pullman e il pulmino che, scortatissimi dalle numerose camionette della polizia, ripartono, passando anche vicino a me e alla folla di fede Ambrì. Se non succede nulla in una situazione del genere è perché dove sono io c’è la più tranquilla gente della tribuna principale (anche se qualcuno non si risparmia un saluto urlando qualche sfottò), e chissà cosa sarebbe successo se le persone che hanno fatto spazio al passaggio dei mezzi fossero state quelle dei gruppi. Ma coi se non si fa la storia, quella è costruita dai fatti. E il fatto è che stasera ho assistito ad un grandissimo derby.

Stefano Severi.