Il tepore del letto è presto interrotto dal suono della sveglia. Sono le 7:30 ed è già ora di alzarsi, vestirsi ed uscire. Destinazione Bergamo. Ultima tappa della mia tre giorni Lombarda. Una volta riuscito ad alzarmi, lavarmi e vestirmi faccio colazione con Stefano e, sistemati gli ultimi dettagli, possiamo uscire per raggiungere la stazione delle autolinee di Como, da dove alle 9 partirà il mio pullman per il capoluogo orobico. In riva al Lago tira un vento gelido e forte, tranquillamente paragonabile alla più celebre e decantata bora di Trieste, ciò ci costringe a rifugiarci nella sala d’attesa fin quando il torpedone non arriva. Ci salutiamo ed io salgo a bordo, rinfrancato dall’aria calda saggiamente azionata dall’autista.

Si parte. Il mezzo attraversa tutta la Brianza e, nonostante la distanza tra le due città sia di appena una settantina di chilometri, i tempi di percorrenza sono prossimi alle due ore. Poco male per me che non ho nulla da fare e sono in netto anticipo sulla tabella di marcia, mi godo il paesaggio che scorre dal finestrino. Tutto tipicamente prealpino, con prati gelati dalle temperature notturne, casette con piccole fattorie e di tanto in tanto piccoli comuni che fanno da trait d’union tra le due provincie. Il pullman passa anche per la celebre Pontida, ma, al posto di intransigenti leghisti dal verde fazzoletto, c’è solo un paese ancora evidentemente immerso nella lentezza della domenica. Pochi minuti dopo si entra a Bergamo, con la sua periferia che metro dopo metro si trasforma in agglomerato urbano. Impossibile non notare, alle porte della città, la presenza di un paio di camionette dei carabinieri. Tanto mi sembra strano e fuori da ogni logica che ancora mi chiedo se davvero stessero là in attesa di eventuali tifosi ospiti oppure per altre motivazioni a me ignare. Nessun dubbio invece sul perché davanti alla stazione ferroviaria siano piazzate ben quattro camionette tra polizia e carabinieri. Sono solo le 10:40, eppure Bergamo sembra già una città in attesa di essere attaccata e probabilmente rasa al suolo dal nemico. Tutto molto scenico e tutto molto esagerato. Ma ormai in Italia siamo abituati a questo.

Data l’ora decido di lasciare il bagaglio nell’apposito deposito aperto tutto il giorno posto nell’Urban Center, una struttura costruita proprio di fronte alla stazione, ed una volta libero e con la sola macchinetta in spalla, decido di farmi un giro nella città alta. Per perdere tempo evito accuratamente i mezzi pubblici cercando invano una delle tipiche scorciatoie fatte di scale che in genere salgono fino in cima a questo genere di città, essendo così costretto a percorrere la stessa strada dove passano le macchine. Dopo un piccolo tour del centro storico ed una mangiata è ora di riscendere per raggiungere lo stadio. Proprio mentre comincio a camminare a ritroso noto che un paio di elicotteri della polizia stanno sorvolando la zona stadio. Insomma, hanno fatto le cose in grande. Pensassero ed agissero così quando davvero serve, l’Italia sarebbe uno dei paesi più sicuri e più ligi al dovere del mondo. Casualmente trovo la scalinata di cui prima e la cosa mi accorcia non di poco il percorso. Così sono di nuovo davanti alla stazione della funicolare. Consulto Google Maps attraverso il cellulare e fissando bene in mente l’itinerario m’incammino.

Sono quasi le 14 e la stragrande maggioranza dei bergamaschi è impegnata a mangiare, di conseguenza per strada ci sono davvero poche persone. Comincio a vedere gente con sciarpe nerazzurre circa un chilometro prima dello stadio, nei pressi del PalaNorda. Da qua comincia anche l’ingente ed asfissiante schieramento di forze dell’ordine. Praticamente in ogni angolo e ad ogni incrocio. Una volta imboccato Viale Giulio Cesare ecco materializzarsi davanti a me l’“Atleti Azzurri d’Italia”. Uno degli stadi storici del nostro calcio. Tutto attorno a questo impianto sa di Atalanta, dai murales alle scritte alle bandiere con i colori sociali posti in ogni punto e su ogni balcone. Rimane una delle costruzioni più affascinanti, praticamente in pieno centro cittadino e ben incastonato tra le case. Motivo per il quale Osservatorio e compagnia bella si sono spesso lamentati a causa della difficoltà nel fare controlli e prefiltraggi. Ma si sa, ciò che non sta bene all’Osservatorio o, peggio ancora, che lo stesso ritiene nocivo è spesso per i tifosi salutare e sintomo di genuinità.

Manca circa un’ora al fischio d’inizio e già molti tifosi brulicano attorno al perimetro dello stadio. Non è una sfida qualunque. Atalanta-Roma non lo è mai stata. Una profonda rivalità divide le due tifoserie sin dai primissimi anni ’80 e, a prescindere da ciò che ognuno di noi possa pensare sulle due curve, è innegabile che questa sia una delle madri di tutte le partite del nostro amato movimento.

Si attendono circa 1.500 tifosi provenienti dalla Capitale, e ciò non può che contribuire a creare un clima di tensione misto ad attesa che, una volta tanto, ci fa tornare un po’ la mente ai bei tempi che furono. Dopo una breve coda davanti ai filtraggi della Tribuna Creberg supero il primo cordone di steward e poi il tornello. Salgo le scalette e davanti a me ho il panorama completo della Brumana, che minuto dopo minuto va riempiendosi. In Curva Nord c’è già parecchia gente e molti hanno in mano dei piccoli carri armati di polistirolo che lasciano presagire una coreografia contro i dirimpettai romani, con riferimento all’episodio di questa estate in cui, durante la Festa della Dea, il calciatore Migliaccio, a bordo di un carro armato, aveva goliardicamente schiacciato due macchine con i colori del Brescia e della Roma. Anche là erano piovuti sermoni ed articoli moralisti da parte della stampa di regime, la stessa che giustifica spesso i veri carri armati. Quelli mandati in paesi dove si combattono guerre non nostre ma in solo segno di vassallaggio, e dove si fanno morti e feriti veri. Altro che due automobili destinate agli sfasciacarrozze. In quell’occasione l’ex difensore di Palermo e Fiorentina aveva subito una forte ammenda e la società bergamasca era stata costretta ed emettere un lungo comunicato che stigmatizzava i fatti. In fondo si era solamente all’alba di una stagione che avrebbe visto l’affermarsi del politically correct a tutti i costi. Ma tant’è.

Anche il settore ospiti si sta lentamente riempiendo, a tal proposito da segnalare come alle tifoserie che vengono da fuori non sia più riservato il formaggino a fianco della Tribuna Autorità, per anni settore ospiti a Bergamo, ma un pezzo della Curva Sud, molto più grande a livello di capienza. Penso si tratti di uno dei pochi casi in Italia dove il settore ospiti è stato ampliato nel tempo anziché diminuito o soppresso. Per non parlare poi degli stadi di nuova costruzione (Juventus Stadium su tutti) che hanno settori ospiti incredibilmente piccoli e poco agevoli.

Quando mancano dieci minuti all’inizio della partita lo stadio presenta un buon colpo d’occhio, con una numerosa rappresentanza romanista. Da segnalare anche il gruppo di ultras nerazzurri posizionato nella Curva Morosini e composto da circa un centinaio di persone. Tra loro spiccano anche alcune bandiere rossoverdi, a rimarcare l’amicizia tra Atalantini e Ternani.

Le squadre scendono in campo, in Nord si alzano migliaia di piccoli carri armati e un telone nella parte centrale che raffigura sempre un carro armato sovrastato dallo striscione Vamos Tanque, astuta mossa per controbattere qualsiasi attacco mediatico. Tanque, infatti, è il soprannome di German Denis, possente centravanti della Dea. Nella Tribuna Creberg viene invece alzato un bandierone nerazzurro che prende tutto il settore, costringendomi a scattare dai seggiolini posti più in alto. Nella Curva Morosini si fa ampio sfoggio di bandiere e bandieroni, mentre è bello l’impatto dei tifosi giallorossi che accendono numerosi fumogeni, mettendosi subito in evidenza con belle manate e potenti cori contro i dirimpettai, in risposta alla loro provocatoria coreografia. Un avvio quindi di tutto rispetto in tre settori su quattro.

Comincia la sfida, che sin da subito si dimostra complicata per la Roma. I padroni di casa hanno bisogno di punti dopo la pesante sconfitta subita contro il Sassuolo, e, nonostante non riescano a pungere la difesa avversaria, tarpano le ali al gioco della squadra di Garcia. Ne esce così un incontro tutt’altro che bello, con rare folate offensive e molti contrasti sulla linea mediana. Sulle gradinate si alternano fasi di buon tifo a fasi di stanca. Forse l’eccessiva tensione accumulata dalle due tifoserie tira un brutto scherzo ad entrambe. Peccato perché sia Romani che Bergamaschi quando tifano lo fanno in maniera più che eccellente.

I sostenitori della Dea mostrano il loro classico e storico striscione “Atalanta folle amore nostro”, mentre in curva ci sono numerosi drappi e molti bandieroni di pregevole fattura, sventolati spesso all’unisono per dare colore al settore. Non mancano neanche torce e fumogeni, accesi con buona regolarità. Alla mia sinistra il gruppetto della Morosini si dà da fare, beccandosi in più di un’occasione con i vicini rivali capitolini. In balaustra sopra lo striscione Forever Atalanta risalta un messaggio per il capitano orobico: “Bellini mola mia” (Bellini non mollare), costretto ai box per almeno tre mesi da un infortunio. Nel settore ospiti poche le pezze esposte e tifo su buoni livelli. Si va negli spogliatoi sullo 0-0, mentre, in maniera alquanto subdola, il sole sta calando per lasciare spazio ad un freddo che da lì a poco si rivelerà a dir poco aggressivo.

Finiti i 15 minuti d’intervallo ecco le due squadre uscire fuori dal tunnel degli spogliatoi. Bordata di fischi e cori contro De Sanctis che si posiziona proprio sotto la Nord. Alla base di questo astio sembra esserci un atteggiamento provocatorio tenuto dal portiere della Roma quando militava nelle fila del Napoli. Forte risuona poi il coro “Noi non siamo Napoletani”, ed a proposito di ciò è davvero divertente sentire i commenti dei tifosi in tribuna: “Questo si può fare, non è offensivo. È vero che non siamo Napoletani. Se invece era il Senti che puzza sarebbe stata discriminazione”. Tra me e me penso che ci vuol davvero poco a forgiare la mente delle persone. Vai in Tribuna a Bergamo, storica roccaforte del tifo ad una certa maniera, senza fronzoli, e ti aspetti veleno ed astio anche dal pubblico normale, poi ti ritrovi a sentire certi discorsi ed allora capisci perché per il tifo sano e vero non ci sia più scampo. Ormai siamo arrivati al punto che sono gli stessi tifosi che distano da te poco più di cinquanta metri a giudicare quali cori sono offensivi e quali non lo sono. Altro che Tosel ed Osservatorio.

Le due compagini riprendono a giocare. Brivio porta la Dea in vantaggio direttamente su calcio di punizione, sfruttando proprio un’indecisione di De Sanctis. Bella l’esultanza atalantina fatta di torce e tifo intenso per almeno un quarto dora, ma ottima anche la reazione degli ultras romanisti i quali capiscono il momento di difficoltà della propria squadra ed alzano i decibel, producendosi in bei cori a rispondere ed in battimani stilisticamente perfetti. Con il passare dei minuti si intuisce che gli Orobici sono in debito d’ossigeno e subiscono il ritorno della Roma nell’ultimo quarto d’ora, aiutato anche dai cambi di Garcia che butta nella mischia Ljajic e Pjanic al posto degli evanescenti Marquinho e De Rossi. Così, dopo un paio di miracoli di Consigli ed un gol annullato a Bradley, è Strootman allo scadere a trovare la rete del pari, sfruttando una solitaria azione di Ljajic. Tripudio tra i tifosi giunti dalla Capitale, molto bella la loro sfrenata esultanza. Una vera e propria “cascata umana” seguita da momenti di tifo davvero potenti. Nonostante il forcing finale degli ospiti la partita termina in parità, forse il risultato più giusto per quello che si era visto in campo. Ultimi sfottò tra curve e poi il pubblico comincia a defluire.

Fa davvero freddo e non senza qualche difficoltà nel muovere le mani sistemo la mia attrezzatura e mi avvio verso le uscite. La mia giornata non è ancora finita, a pochi metri dallo stadio, infatti, si giocherà l’incontro di pallavolo femminile tra Bergamo e Forlì. Un’esperienza nuova ed utile inoltre a colmare il tempo che mi separa dal volo di ritorno, fissato per le 22:30. Nel 2013 è stato sicuramente bello poter assistere ad una partita con uno stadio pieno e le due tifoserie presenti e stimolate a confrontarsi. Rimane sicuramente il neo del terrorismo psicologico operato da giornali e televisioni nei giorni precedenti alla gara. Un qualcosa divenuto ormai inaccettabile ed incredibilmente fastidioso. Il nostro calcio, i nostri stadi e i nostri tifosi vivono probabilmente il peggior periodo di crisi da quando un pallone rotola su un prato verde all’interno del Belpaese, eppure non si fa nulla per invertire questa tendenza, anzi ogni settimana si studia come reprimere ed impaurire chi decide di frequentare gli stadi.

I calciofili stanno ancora abbandonando lo stadio quando entro nel palazzetto caldo ed accogliente. Non è il solo stacco climatico a colpirmi, ma anche quello ambientale. Il pallone è il sorvegliato speciale e, sebbene anche in altre discipline ci siano spesso repressioni ed abusi, è lo stadio il primo indiziato per qualsiasi genere di esperimento sociale o capro espiatorio. E forse il peggio di tutto ciò è che ci siamo solamente noi tifosi che continuiamo a credere in una passione su cui, da anni, hanno vomitato senza rispetto e senza vergogna.

Simone Meloni.