Considerando che mancavano pochi minuti alle due di notte e che il mio unico pensiero era quello di sistemare il letto per mettermi a dormire, direi che capito quasi casualmente su una pagina che parla di calcio abruzzese. Leggendo sommariamente mi accorgo che qualche ora dopo si giocherà la sfida di ritorno della semifinale di Coppa Italia d’Eccellenza tra Avezzano e Vastese. Faccio un attimo mente locale, le tifoserie seguono entrambe, ad Avezzano da un paio di anni a questa parte è tornato l’entusiasmo per il calcio, da Vasto vorranno certamente onorare l’impegno anche in nome di una vecchia rivalità che divide le due cittadine ed io, in questo mercoledì, non ho praticamente nulla da fare. Note contrarie: il treno partirà alle 10:40 e ciò implica poche ore di sonno dato che ormai le lancette dell’orologio, tra una cosa ed un’altra, puntano quasi sulle 3. Andare o non andare? In genere già quando mi pongo questo dubbio l’implicita risposta è quasi sempre affermativa. Si va. Programmo la sveglia e finalmente posso addormentarmi.

L’indomani, quando sono le 8, eccomi già in piedi. Con relativa tranquillità faccio colazione, controllo che nella borsa della macchinetta fotografica ci sia tutto e, dopo aver dato un’ultima occhiata agli orari dei treni, esco di casa, prima destinazione fermata dell’autobus. Come da migliore tradizione il mezzo si fa attendere e comincio a pensare di essermela presa sin troppo comoda, il treno infatti partirà tra poco più di un’ora. Salgo sul derelitto bus dell’ATAC e comincio a farmi vari calcoli su come tentare di accorciare i tempi, alla fine consultando gli orari Trenitalia opto per scendere a metà strada, alla stazione Togliatti dove incrocerò un treno proveniente da Tivoli e diretto alla Stazione Tiburtina. Fortunatamente non ci sono ulteriori ritardi ed anzi, quando arrivo al binario dove dovrebbe partire il mio convoglio per l’Abruzzo, scopro che questo è in ritardo di venti minuti. Un classico per la linea Roma-Pescara, probabilmente una delle peggiori d’Italia. Basti pensare ai suoi tempi medi di percorrenza che si aggirano attorno alle 4 ore, in barba ai soli 200 km scarsi che dividono le città. Ma almeno fino ad Avezzano sarà comodo, nonostante la puntualità non sia di casa.

Alle 11 in punto eccoci finalmente lasciare la seconda stazione, per ordine d’importanza, della Capitale. Molti i turisti russi e giapponesi diretti a Tivoli dove, come di consueto, la maggior parte dei passeggeri scenderà. Il paesaggio, con il passare dei chilometri, si fa sempre più verde e lo stacco con l’area urbana lo si ha definitivamente dopo la conurbazione tivolese. È qua che, a discapito della sua lentezza e della sua poca praticità, questa ferrovia “andina” diviene davvero mozzafiato, offrendo paesaggi sospesi sull’Appennino, cime imbiancate dalle prime nevicate e boschi che si fanno sempre più folti. Il sole tiepido che corona una bella giornata di sereno fa da degno accompagnatore a questa “scampagnata” decisa all’ultimo secondo.

Alle 13 sono ad Avezzano. È la prima volta che vengo in treno, quindi non so di preciso dove sia lo stadio. Chiedo e, dopo un paio di forestieri che ignorano dove i Marsicani disputino i propri incontri, un signore mi indica la strada. Percorro un paio di chilometri ed ecco prospettarsi davanti a me lo stadio “Dei Marsi”. Rispetto ad un paio di mesi prima, quando avevo messo piede da queste parti per Avezzano-Francavilla, noto subito che c’è un clima ben diverso. Nonostante manchi poco meno di un’ora al fischio d’inizio, intorno l’impianto sportivo ci sono numerose camionette di polizia e carabinieri, mentre una piccola gru si sta occupando di portare dei blocchi per separare la zona della Curva Nord da quella del settore ospiti. Devo dire che è la prima volta in vita mia che vedo un qualcosa di simile per una partita di Eccellenza, peraltro di Coppa ed infrasettimanale. Capisco che ormai i tifosi sono diventati il pericolo pubblico numero uno, ma davvero scomodare un simile numero di agenti per una partita dove si registreranno qualche centinaio di spettatori è un qualcosa di tragicomico.

Alle 14 decido di entrare. Ritiro la pettorina e calco il manto verde del terreno di gioco. La luce è ideale per scattare, tanto è vero che posso tenere la macchinetta al minimo di ogni sua opzione con la logica conseguenza di realizzare fotografie nitide e non eccessivamente pesanti. La curva avezzanese presenta già parecchi stendardi in balaustra e va man mano riempiendosi, facendo registrare alla fine una buona presenza. Gli ultras adriatici fanno il loro ingresso a ridosso dell’inizio. Una ventina abbondante, si fanno subito sentire con cori di scherno che, a quanto sembra, oltre a provocare la normale risposta dei padroni di casa, infastidiscono anche le forze dell’ordine presenti. Così, mentre addirittura un cordone di agenti con caschi, scudi e manganelli presidia il settore ospiti, il loro superiore si porta verso i tifosi ospiti dicendo loro qualcosa. Fortunatamente gli animi si placano e si comincia a giocare.

La curva marsicana si mostra subito in forma. Compatta, intensa e rumorosa. Complessivamente, seppur in numero inferiore, mi sono sembrati meglio quest’oggi rispetto alla prova offerta contro il Francavilla (comunque molto buona). A conferma di come non siano i numeri a fare la qualità. Da sottolineare peraltro il continuo sventolio di bandiere ed una bella sciarpata sulle note di Montagne verdi. Sicuramente a dargli una mano c’è anche la prestazione della squadra che gioca un primo tempo perfetto, andando negli spogliatoi con il vantaggio di 2-0 ed una seria ipoteca sulla finale.

Capitolo ospiti: cominciano bene i Vastesi disponendosi in maniera abbastanza compatta e facendosi sentire con battimani e canti prolungati. Dopo il secondo gol calano, esprimendo tutto il proprio dissenso nei confronti della squadra. Nella ripresa molto bella la sciarpata su “In un mondo che non ci vuole più canterò di più” e tifo altalenante per tutti i 45’. Va detto sicuramente che a livello numerico la loro presenza è di tutto rispetto, benché si tratti della stessa regione, infatti, sono ben 176 i chilometri macinati dai biancorossi per raggiungere Avezzano. Sotto il profilo canoro, con un po’ più di continuità, avrebbero potuto dare di più.

Nel secondo tempo, nonostante la Vastese provi in ogni modo ad impensierire i dirimpettai, i biancoverdi controllano con estrema facilità, rischiando in più di un’occasione di triplicare il vantaggio in contropiede. Gli ultras marsicani continuano a tifare, mettendosi in mostra anche con un paio di cori a rispondere e qualche coro vecchio stampo che rimanda indietro ai primissimi anni ’90. Al triplice fischio è così la squadra di Torti ad alzare i pugni al cielo in segno di vittoria, in finale se la vedrà contro il San Nicolò. Le due tifoserie continuano a beccarsi e, neanche a dirlo, i leitmotiv degli insulti sono i “pisciaiuoli” ed i “pecorari”, come si vuole nella classica contrapposizione tra Abruzzesi di terra ed Abruzzesi di mare.

Mentre fotografo i giocatori di casa che ringraziano la propria curva, mi accorgo che, da quando il sole ha pensato bene di andarsi a nascondere dietro ad alcuni palazzi, sul campo sia calato un silenzioso ma subdolo freddo, che in breve tempo ha congelato le mie mani. Partendo da Roma con una temperatura mite, non sono neanche vestito in maniera consona e questo mi induce ad accelerare la mia uscita dallo stadio.

Riprendo il documento e m’incammino verso la stazione. Di tempo ce n’è abbastanza, il treno partirà alle 17:20. Ma ovviamente la sua partenza sarà posticipata a causa del ritardo del treno corrispondente. Così dopo un’altra bella razione di freddo, con il sole che tramonta definitivamente, riesco a salire sul convoglio. In un orario in cui molti compiono il percorso inverso, tornando verso l’Abruzzo dopo una giornata di lavoro a Roma, i vagoni sono chiaramente vuoti e così posso accomodarmi liberamente. Il buio stavolta nasconde tutto il bel paesaggio appenninico dell’andata ed a me non resta che riguardarmi un po’ di foto e constatare come, una volta tanto, abbia fatto bene a non pensarci troppo e partire. Sarà perché giornate come queste si affrontano con lo spirito del “come va va” ma in fondo sono soddisfatto.

Si torna in una città a dir poco caotica con pendolari e romani che freneticamente corrono a destra e a manca per tornare a casa. Evito con accuratezza la metro e dopo altri 40 minuti di tragitto urbano anche io solco il portone del mio palazzo. È vero, mi piacerebbe scattare in campi di Serie A e togliermi qualche soddisfazione in eventi di “grido”, ma in fondo sono sempre stato convinto che l’essenza la si trovi proprio in queste partite. Di mercoledì pomeriggio, in uno stadio di Eccellenza e con i soli ultras a presenziare. La differenza non la fanno i numeri, ma la qualità.

Simone Meloni.