Lo stadio Sinigaglia di Como, visto nel suo contesto esterno, è uno dei più belli d’Italia. Gli ingressi del settore ospiti e della curva di casa guardano direttamente al lago mentre, per chi lo vede dall’esterno, lo stadio è un monumento che completa quella parte del lago tra Villa Olmo e il Tempio Voltiano. Ho lodato tante volte la bellezza dei campi del vicinissimo Ticino che si incastonano perfettamente nel paesaggio delle montagne, ma Como, sotto questo punto di vista, è irraggiungibile. Il problema è quello del traffico e dei parcheggi che mancano sempre ma, soprattutto ora che il Como arranca in serie C, la questione non è più di attualità. Anche perché, per buona abitudine, il Comasco, a meno che non abiti nelle periferie più lontane, preferisce farsi una bella passeggiata a piedi per arrivare al campo, magari tagliando per il centro storico. Io stesso, uscendo spesso per una passeggiata sul lungolago, non posso fare a meno di ammirare il Sinigaglia, complesso che, tra l’altro, ospita anche una piscina olimpica molto frequentata. La prima volta che vi passai davanti era il 2002, e a Como facevo il turista. Mentre camminavo proprio dietro la tribuna scoperta, si giocava un affollatissimo Como-Inter, col tifo di entrambe le curve che rimbombava nei dintorni. La voglia di entrare anche solo un attimo là dentro era tanta ma, per svariate circostanze, in quel caso non potei. Così come, pur avendolo vicino casa, per oltre un anno non mi è mai capitata una partita buona per recarmici. E poi, parliamoci chiaro, tutta questa storia della tessera del tifoso e delle varie restrizioni in terza serie è di una pesantezza inenarrabile, e non invoglia assolutamente a scattare sugli spalti, partendo dal presupposto che, il più delle volte, non ci saranno ultras ospiti al seguito.

Però, questa, è la volta buona. Intanto perché siamo alla seconda giornata di campionato, e quindi è la prima dei blu in casa. E, come ogni esordio casalingo, quando la stagione è ancora troppo precoce per regalare delusioni al tifoso, c’è sempre un’aura di entusiasmo alla sola idea di affollare le gradinate. Il freddo deve ancora colpire prima di fiaccare la voglia di seguire la squadra, e la fine dell’estate regala un surplus di energie che è difficile riscontrare più in là. L’unico “ma” è che, dopo tanti giorni di bel tempo, proprio oggi sono arrivati svariati temporali che hanno colpito la zona. E, ovviamente, il mio arrivo allo stadio coincide con uno di questi. Dal mio parcheggio sento una sirena della polizia, e non faccio fatica a vedere che è un’auto di scorta per il pullman dei tifosi vicentini. Mi avvicino e non ho nessuna difficoltà a ritirare il mio accredito, mentre invece ne ho un po’ di più a capire dove devo entrare. Munito di ombrello e impermeabile, faccio un giro fantozziano dello stadio che, se non altro, mi permette di passare sia davanti al settore degli ultras di casa, che si stanno riscaldando con un’abbondante scorta di birre, sia a quello degli ospiti, dove noto che la maggior parte delle persone arrivate, e già pronte ad entrare, sono ultras.

Il mio giro termina all’ingresso 1, quello per la stampa, dove entro proprio mentre la pioggia comincia a diventare una sorta di diluvio universale. Ne consegue una mia prima sosta forzata in tribuna coperta, dove noto, con mia sorpresa, che c’è un gruppo, i Panthers 1975, che ha piazzato i propri striscioni sulla balaustra verso la curva di casa. Va detto che la metà dello stadio Sinigaglia rimane purtroppo chiuso; chiusa è la tribuna scoperta che dà sul lago, chiuso è il distinto accanto al settore ospiti.

Nonostante l’acquazzone non voglia saperne di diminuire d’intensità, arriva il momento, duro, di andare in campo. Presa la pettorina, vedo le squadre che si riscaldano come niente fosse, mentre dal palmo dei piedi fino al ginocchio sono già completamente inzuppato. Nella curva di casa c’è un po’ di prudente affluenza, mentre nel settore ospiti le pezze sono già posizionate, ma senza nessuno dietro. No, anzi, qualcuno c’è: è una sola persona, vestita di bianco, che si sta facendo una bella doccia non programmata senza curarsi di niente, e urla a più non posso, anche se lo scroscio non permette di capire se ce l’ha con l’altra tifoseria, con la sua, con la squadra, o col creatore. Le condizioni del terreno sono pessime, in alcuni angoli si sono formate delle vere pozzanghere, ed è lecito chiedersi se si giocherà regolarmente.

La partita sta per cominciare, l’acqua scorre come non mai. Ciò nonostante, i Vicentini escono in gruppo dal loro rifugio e cominciano a cantare a più non posso, facendo anche dei notevoli battimani. Rimane spoglia, e con pochi adepti, la curva del Como, mentre l’unica nota di colore per l’ingresso delle squadre la regalano i Panthers, che possono cullarsi sull’agio di essere completamente al riparo. Da parte loro un bello sventolio di bandiere e qualche coro intonato.

La partita inizia, e da subito si capisce che, se si continua così, non si potrà giocare molto a lungo. Pian piano comincia a riempirsi anche la curva di casa, che solo dopo qualche minuto comincia prima timidamente, e poi, mano a mano, sempre più costantemente, ad incitare la propria squadra. Sono invece partiti carichi e a mille i Vicentini che uniscono la potenza dei loro cori a dei bei battimani, incuranti del maltempo. In tutto saranno un centinaio, con svariati stendardi appesi, e hanno il merito di compattarsi piuttosto bene.

La pioggia, finalmente, comincia a calare, per poi sparire, verso il ventesimo del primo tempo, completamente. Nella curva lariana sono stati posizionati diversi stendardi sulla recinzione, mentre il numero, rispetto all’inizio, è praticamente raddoppiato. Ovviamente ne gode anche il sostegno che, dopo una partenza in sordina, diventa continuo, e il risultato è che la partita sugli spalti comincia ad essere convincente. Non ricordo chi dei due abbia cominciato, fatto sta che ad un certo punto le due tifoserie cominciano a scambiarsi cori poco amichevoli. Era da tempo che non assistevo ad uno “scambio di cortesie” così fitto, che i Comaschi arricchiscono con un “Senza scorta quando volete”, fino al classicissimo “Vi romperemo il culo”. Che nostalgia! Quello che prima era un coro buono per ogni domenica, ormai, erano anni che non lo sentivo più. È proprio vero che, dal 2007 in poi, abbiamo perso quasi tutto ciò che eravamo prima: abitudini, usi, costumi, riti, comportamenti, creatività. Ma, ammetto, per ora questa stagione 2013/14 mi sembra che sia cominciata all’insegna di una certa ripresa. In tribuna intanto i Panthers si sono messi a sedere, ma, da quanto ho capito, non è un gruppo di connotazione ultras vera e propria.

Anche il rettangolo verde regala spettacolo, con una partita equilibrata e giocata a viso aperto da entrambe le squadre, che hanno le loro occasioni per sbloccare il risultato. Col finire della pioggia il campo torna più praticabile, e questo va ad appannaggio dello spettacolo. Alla mezzora è il Como che passa in vantaggio, con una bella triangolazione Perna-Cristiani-Perna che stordisce la difesa biancorossa. Il Sinigaglia esplode per il primo gol dei blu in questo campionato. Il volume in curva aumenta ulteriormente, visto che già prima del gol il tifo lariano aveva ingranato la quinta. A completamento dell’esultanza, anche l’accensione di una torcia che, nel buio dello stadio, risalta notevolmente, col fumo che rimane addensato per diversi minuti. Da parte comasca anche uno striscione con scritto “Avanti Lupo”, probabilmente destinato ad un ragazzo della curva. Da segnalare che, anche su sponda vicentina, nonostante lo svantaggio, l’incitamento rimane alto e costante. Il fischio dell’arbitro che segna la fine del primo tempo è un po’ una manna per tutti, giocatori e tifosi.

Il secondo tempo vede compattarsi abbastanza bene entrambe le tifoserie, però si vede che, almeno tra i Veneti, qualcosa si è inceppato: comincia a mancare la stessa continuità del primo tempo e i cori, che pian piano diventano più sporadici, cominciano a far spazio ad una sorta di malumore che, col passare dei minuti, si trasforma in una leggera contestazione, iniziata con qualche semplice invito, rivolto alla propria squadra, ad impegnarsi di più. A mio avviso comincia a diventare coinvolgente il tifo blu, dove spiccano i cori “Oh Comasco dal cuore ubriaco”(peccato per le poche sciarpe alzate), e un “e quando i blu” tenuto a lungo e scandito veramente bene.

Proprio quando la partita sembra essere tornata favorevole ai Veneti (al 61° espulso Marchi tra i Comaschi), e proprio nel momento di maggior pressione in area lariana, a 13 minuti dalla fine della partita, Schenetti, con la complicità del portiere avversario, insacca per il raddoppio del Como. La partita è virtualmente finita, il Vicenza si lancia in una pressione veramente sterile, e tanto basta ai tifosi ospiti per contestare, ora molto più vivacemente, la loro squadra, prima di dedicare i loro ultimi cori della giornata ai loro diffidati. Sulle rive del lago di Como, invece, si può far festa per la prima vittoria stagionale, che riscatta alla grande il capitombolo contro la Virtus Entella della prima giornata. Finita la partita, lo stadio si lascia esplodere in un boato spontaneo quanto sincero. I giocatori, sempre sbrigativamente e a debita distanza, ringraziano la loro curva e vanno via; calciatori che, pure in Lega Pro, fanno molta fatica a ricordarsi che senza tifosi al seguito non sono nessuno, indifferentemente dalle arie che si danno. Fortunatamente, loro andranno sempre, mentre resterà immutato nel tempo l’amore dei tifosi per la propria maglia, e questo è quello che conta.

Intanto mi posso allontanare dallo stadio con una certa soddisfazione, chiedendomi se e quando potrò ritornare con la certezza di vedere entrambe le tifoserie all’opera. Questa purtroppo è la serie C del 2013, ma, come detto, per ora si può non essere troppo pessimisti sul futuro.

Stefano Severi.

Video di Stefano Severi.