Il calcio svizzero chiude per la pausa invernale, e questa partita, giocata di Lunedì sera, è l’ultimo atto della scena calcistica elvetica fino a Febbraio. L’Inverno qua non è uno scherzo, e il clima che troverò a Locarno lo confermerà in pieno.
Anche se mi sono promesso di temermi il più possibile alla larga dal noiosissimo campionato di Challenge League, i motivi di interesse non mancano. Il primo è di carattere personale: pur avendo scattato al Lido in Vallemaggia-Grasshoppers di Coppa lo scorso anno, non sono mai stato in questo impianto per vedere giocare il Locarno in casa. In sintesi, è l’ultimo tassello che mi manca per dire che ho visto tutte le realtà del tifo ticinese nella propria tana. Poi ci sono quei motivi più materiali, come la rinnovata scalata del Servette a quel primato che vuol dire Super League, e che, fino a qualche settimana fa, sembrava appartenere soltanto al poco simpatico Vaduz; complice qualche pareggio di troppo della squadra del Liechtenstein, in caso di vittoria contro la terzultima Locarno i Ginevrini andrebbero a -4 dalla capolista. Roba impensabile per chi ha visto il Servette di inizio stagione.
Sull’altra sponda, invece, non si ride di certo: ennesimo campionato di sofferenza per il Locarno, terzultimo ma con buone possibilità, almeno quest’anno, di salvarsi, visto che ci sono due squadre come il Chiasso di Zambrotta (alla sua prima esperienza da allenatore) e il Wohlen apparentemente messe molto male. Ma c’è qualcosa di peggio per la tifoseria del Locarno di una retrocessione in 1.Liga Promotion. Infatti, in settimana, il contestatissimo presidente Gilardi ha affermato, in una animata conferenza stampa, che non sa se riuscirà ancora andare avanti col Locarno, spianando la strada a tre alternative: la prima è la vendita della società, qualora fosse interessato qualcuno; la seconda è la futura non iscrizione della squadra (sospetto il fatto che la proprietà abbia comprato recentemente un club in 3. Lega Ticinese, l’equivalente della Terza Categoria nostrana); la terza consiste nel raccogliere consensi per trasformare il Locarno in FC Ticino, progetto che inevitabilmente farebbe scomparire il Locarno e tutte quelle realtà del Cantone che in futuro potrebbero aderire.
Infine, dal punto di vista ultras, questa partita non è assolutamente trascurabile: nel 2009, complice la presenza dei gemellati luganesi, gli ultras del Servette si scontrarono con i Locarnesi, e il risultato fu di una decina di diffide per i ragazzi della Cirrosi Epathica. Anche oggi è scontata la presenza delle Teste Matte del Lugano con la Section Grenat ginevrina.
La mia agonizzante macchina diesel deve viaggiare, col sole ormai tramontato, nel gelo delle strade svizzere. Improponibile è il viaggio in treno, dato il costo esorbitante, e in qualche maniera devo pur arrivare. Fortuna che le scorte di sale non mancano mai da queste parti, e il viaggio è piuttosto scorrevole. Se non fosse per il traffico usuale creato delle micidiali rotatorie a raffica, il viaggio dal casello di Bellinzona Sud a Locarno durerebbe pochissimi minuti.
Locarno è una cittadina stupenda, situata all’estremità nord del lago Maggiore. Anzi, posso tranquillamente dire che, prima di vedere Lugano, prima di vedere Bellinzona od ogni altra zona del Cantone, è sempre stata la città che ha esercitato sul sottoscritto un notevole magnetismo. A misura d’uomo, scorrevole, con quel lago sconfinato che la completa. So a memoria dov’è lo stadio, e so persino dove parcheggiare per non ritrovarmi impelagato dopo. Ormai la fascia oraria delle strisce blu è esaurita, e mi posso incamminare verso lo Stadio Lido, di fronte a me. Qui si gela e sono sicuro che stiamo ampiamente sotto lo zero. Mancano una quarantina di minuti al calcio d’inizio e i gradoni appaiono ancora vuoti in ogni settore. Intanto supero il primo scoglio, quello dell’accredito: come sta accadendo troppo spesso ultimamente in Svizzera, il mio nominativo non risulta; tiro fuori la mia mitica stampata con ora e giorno dell’invio, e mi viene dato un biglietto, gratis, da CHF 30. Ringrazio ed entro.
Ho l’impressione che in campo possa entrare chiunque purché munito di macchina fotografica, compreso Pantalone travestito da Gianduia, vista la mancanza di controlli per entrare in campo e i cancelli spalancati sulla pista d’atletica. Anzi, di recinzioni vere e proprie non ve ne sono, e capisco quindi la facilità di alcuni “numeri” fatti in questo stadio di cui ho sentito parlare qua e là.
Più passano i minuti e più resto perplesso. Non è possibile che, nonostante il gelo, non ci sia nessuno. Si gioca in serie B, contro una squadra tra le favorite per la promozione e dal passato glorioso, e il Locarno è in piena lotta salvezza. Arriveranno tutti all’ultimo? I primi ad entrare, compatti, sono gli ultras del Servette, tra i 30 e i 40 ragazzi, accompagnati dalle Teste Matte del Lugano. Appese le pezze, fa ingresso, dalla parte opposta, la Cirrosi Epathica. Sono appena sei ragazzi dietro lo striscione, e tali resteranno anche quando entrano le squadre, infreddolite, in campo. Lo stadio è deserto, ci saranno tra le 200 e le 300 persone, qualcuno dice che la gente è rimasta comodamente a casa a guardare la partita in televisione. Sarà.
L’unica nota di colore, in un’estremità della Curva Ovest, è il Pardo Club, ovvero cinque signori di una certa età che sostengono la loro squadra con qualche coro e con un clacson montato dietro lo striscione, utilizzato anche durante l’annuncio della formazione del Locarno. Nel settore ospiti, anche se non c’è nulla da segnalare a livello coreografico, partono molto carichi e compatti i ragazzi della Section. Forse sono infreddoliti anche loro, fatto sta che l’unica pecca che posso riscontrare è quella di un tono di voce non troppo alto. Ma la differenza, tra le curve opposte, è evidente. La Cirrosi Epathica, pur raddoppiata di numero, elargisce un coro ogni cinque minuti in media, dalla durata massima di 30 secondi. Un po’ pochino. Il resto lo fa lo stadio completamente vuoto, imbarazzante per una serie B elvetica.
Il fortino del Locarno regge 25 minuti esatti, ovvero quanto basta a Roux del Servette per siglare la rete del vantaggio dei suoi. Esulta, giustamente, lo spicchio di curva dove si sono compattati i tifosi del Servette. Il loro tifo cresce, mentre non si può dire esattamente la stessa cosa per quanto riguarda la Curva Ovest. Quello che invece mi lascia da pensare è come mai non ci siano cori ostili fra le due tifoserie: ci sono stati scontri, diffidati, eppure non sembra esserci tutta questa acredine. Le mie mani cominciano a perdere sensibilità, e se ne stanno più in tasca che sulla mia macchina fotografica. Nelle due curve vedo come in molti spesso si staccano dal gruppo per andare a fare il pieno di birra in buvette. Il primo tempo finisce 0-1, e la sufficienza più che piena va solo agli ospiti.
Nell’intervallo cerco di scaldarmi in qualche maniera e decido di provare a sedermi in panchina. Constatata l’inutilità della mia scelta, mi sposto sul lato opposto per assistere al secondo tempo da un’angolazione diversa. Intanto, fuori dal settore, sono arrivati alcuni diffidati della Section, accolti dai cori e dall’ovazione di chi invece è potuto entrare.
Strano effetto del calcio svizzero, ma nel secondo tempo il numero di effettivi della Cirrosi è raddoppiato. I Locarnesi cominciano a tifare di più, anche se la partita sfuggirà loro sempre più di mano. Nel settore ospiti solita compattezza, qualche battimani, una fitta sciarpata seguita pure dai tifosi normali, e iniziano una sfilza di cori a favore di Lugano. Unica cosa capace di far alterare non solo i ragazzi della Cirrosi, ma anche il Pardo Club alle mie spalle, quasi una vera sezione della terza età per gli ultras. I Locarnesi cominciano a dargli giù con cori contro Lugano (ma non contro il Servette), poi iniziano anche quelli contro Gilardi e il suo FC Ticino, approvati anche dal Pardo. Su sponda ospite il tifo sembra continuo come nel primo tempo, ma stavolta si aumenta di intensità. Sarà che le birrette cominciano a girare, così come il risultato che diventa sempre più a favore dei Ginevrini: 0-2, 0-3, 0-4, i granata dilagano e il Locarno nulla può più di qualche semplice giocata.
Finisce la partita con l’ovazione del settore ospiti. E qui viene la parte più bella, quella che ripaga di tutti i chilometri fatti: mentre la squadra del Locarno va negli spogliatoi direttamente e a testa bassa, tutta la squadra ospite va a ringraziare i propri tifosi. Nel recinto che guarda fuori dallo stadio ci sono i diffidati. Da qualcuno della Section arriva l’invito “Tous des interdits”, ovvero “tutti dai diffidati”. E la squadra va. Scavalca in toto quella specie di roba che non è proprio una recinzione, e va a salutare tutti gli “Interdits”. Una bella scena veramente, mentre poi i giocatori si intrattengono a lungo a chiacchierare coi tifosi e coi gemellati del Lugano. Qualcuno in Italia giudicherebbe questo atteggiamento come sudditanza dei giocatori verso gli ultras, invece io la interpreto diversamente, e credo di essere nel giusto: qui c’è più simbiosi con la tifoseria, più coinvolgimento, e il fatto di interagire coi tifosi è un fatto di cultura; così come il rito, non isolato quando la tipologia dello stadio lo consente, di salutare i diffidati che sì, magari saranno andati un po’ fuori le righe, ma vanno sostenuti e non isolati, o peggio emarginati. Improvvisamente mi sono ricordato perché in origine ho cominciato a preferire i campi svizzeri. Svizzera che ora chiude i battenti perché fa troppo freddo. Chissà se alla ripresa non ne riusciremo a vedere delle belle persino in questo triste campionato di Challenge League.
Stefano Severi.