Che il mondo a volte sembra rigirato lo notiamo spesso durante lo svolgimento delle nostre giornate quotidiane. Anche il Ticino dell’hockey su ghiaccio sta osservando un fenomeno strano: fermo restando che difficilmente una squadra ticinese può vincere il campionato, almeno in questi ultimi anni dove le grandi città hanno ridotto il gap con le formazioni storiche e si sono affermate altre, più piccole, realtà rampanti, l’eterno campionato è quello tra HC Lugano e Ambrì Piotta. La costante è che i sette volte campioni svizzeri del Lugano sono, ogni anno, in orbita play-off, mentre l’Ambrì Piotta è perennemente condannato, nel migliore dei casi, ai play-out. Quest’anno non è proprio la stessa faccenda, e mentre i bookmakers non hanno minimamente calcolato la possibilità di un HCAP che quasi dieci anni dopo torni ai play-off, molti addetti ai lavori hanno cominciato ad averne qualche dubbio già da inizio Settembre. E alla Resega, col Lugano penultimo e i Leventinesi che volano, il malumore è tanto. Perché non si è abituati a fare un campionato “alla Ambrì Piotta”, e a guardarsi persino dall’ultima piazza occupata dal Rapperswil-Jona. Perché questo Lugano, coi suoi giocatori affermati, deve stare minimo nella colonna sinistra della classifica.
Il Lugano aspetta ogni partita come fosse quella buona per poter ripartire con slancio. Dall’altra parte, però, c’è una squadra, il Fribourg-Gotteron, che di fame ne ha tanta. Squadra arrivata in finale scudetto lo scorso anno, e altre tre volte nella sua storia (più una poule scudetto a girone nel 1983, quando il campionato non aveva la formula attuale dei play-off a eliminazione diretta), sta cercando a tutti i costi di vincere il primo titolo della sua storia. La squadra abbina il nome della città a quello del suo fiume, il Gotteron. Friburgo, coi suoi 35.000 abitanti appena, è capoluogo di un Cantone piuttosto denso, bilingue (anche se il francese prevale sul tedesco), che di popolazione raggiunge quasi 300.000 anime. Per questo la squadra di hockey, fiore all’occhiello della comunità (assieme a quella di basket, 15 volte campione di Svizzera e sodalizio più titolato della del Paese), è molto amata e seguita, in attesa di una prima, storica, vittoria in campionato.
Della tifoseria organizzata del Friburgo ne so poco. Ho visto qualche foto, ho toppato un appuntamento la scorsa stagione ad Ambrì, e ora eccomi qua, per veder soddisfatta questa mia ennesima curiosità sul variegato e prolifico mondo del tifo hockeistico elvetico.
La partita capita di Sabato, classico giorno per il campionato svizzero, alle 19.45. Arrivo con lauto anticipo, giusto per constatare che il mio accredito manca. Appena il tempo di una telefonata della cassiera all’addetto stampa del Lugano e l’equivoco, con rapidità svizzera, è risolto. Rispetto ad altre volte, noto un basso afflusso di pubblico, probabilmente una logica conseguenza dei risultati negativi della squadra. Entrando in sala stampa e scambiando qualche chiacchiera con l’addetto stampa Luca, scopro, con mia grande delusione, che nonostante i 300 biglietti staccati in prevendita per gli ospiti, a causa di un incidente abbastanza grave sulla rete autostradale svizzera, in molti hanno deciso, scoraggiati, di girare i tacchi e tornare a casa. D’altronde Friburgo non è propriamente dietro l’angolo, incastrata com’è tra Berna e Losanna. A questo punto la mia aspettativa, scendendo a bordo pista, riguarda solo la tifoseria di casa. La curva non è ancora piena, nonostante il riscaldamento cronometrato sia già iniziato, ma il messaggio appeso in balaustra suona abbastanza chiaro: “Solo per la maglia!!! Avanti con la battaglia”, firmato Curva Nord. Dalla parte opposta, appena una manciata di tifosi ospiti. Lo spettro della seconda partita in due giorni, dopo Ambrì-Losanna, senza una tifoseria degna di questo nome si sta materializzando di fronte ai miei occhi. Stavolta, dove non può il disaccordo tra le società, può la sfiga.
Negli ultimi minuti prima della partita la Resega non si riempie di certo, ma raggiunge la discreta cifra di 4.700 spettatori. La Curva Nord, invece, è piena. Gli ospiti, per ora (ma la speranza è l’ultima a morire) sono una trentina, sparpagliati nel settore, con qualche bandierina sventolante e alcune maglie dei giocatori appese in balaustra. Persino la presentazione a luci spente è più di basso profilo del solito, senza il tipico entusiasmo che accoglie l’ingresso dei giocatori sotto i riflettori. Ma ci sono comunque applausi e persino la Nord inscena un piccolo spettacolo, con delle strisce bianche, nere e gialle che calano dall’alto verso il basso, con in mezzo lo stendardo, piuttosto esplicito quanto emblematico, “Nati per morire in curva”.
Le luci si accendono, si comincia a giocare e lo striscione di sprono della curva sparisce per dare risalto allo storico “Ragazzi della Nord”. La curva si anima e comincia a sostenere i bianconeri come nulla fosse. Nessuna contestazione, nessuna invettiva, ma battimani a volontà e cori molto potenti. Il Lugano parte molto bene, mettendo in difficoltà i burgundi in fase difensiva. Ma, alla distanza, gli ospiti vengono fuori, rendendosi piuttosto insidiosi. Va da sé che, dopo quasi 9 minuti dei 20 effettivi a disposizione, Mauldin, sotto porta, batte il portiere bianconero. Però stasera il Lugano c’è e attacca a testa bassa, e sospinto da una curva tutt’altro che scoraggiata, trova, dopo appena tre minuti, il pareggio con Balmelli. L’esultanza della pista è liberatoria, come fosse il preludio alla fine di un incubo. E, a confermarlo, oltre all’entusiasmo del pubblico sugli spalti, c’è un Lugano che prova l’arrembaggio fino all’ultimo secondo. Ma niente da fare. Si rientra negli spogliatoi sull’1-1.
Nel secondo tempo i ritardatari del settore ospiti fanno sì che il numero originario sia raddoppiato. Non sono arrivati gli striscioni, ma qualche ultrà e due grancasse che rimbombano per tutta la Resega sì. È già qualcosa, ed un abbozzato tentativo di tifo prende fortunatamente forma, soprattutto verso il lato Curva Lago. La partita diventa infuocata sul campo, con due giocatori che non se le mandano di certo a dire e vengono buttati entrambi fuori, tra i fischi del pubblico. Si gioca prima in quattro contro quattro, poi col Lugano in superiorità numerica, in seguito stessa opportunità per il Friburgo e, sul finale del tempo, di nuovo bianconeri in power–play, ma il risultato non vuole saperne di sbloccarsi. Non bastano nemmeno i numerosi cori di sostegno che partono dalla curva di casa, che fa il suo dovere egregiamente. Novità della serata, anche i tifosi di Friburgo provano a tifare ma, grancasse a parte, non riescono mai a farsi sentire a causa del “baccano” creato dai dirimpettai.
La novità del terzo tempo è che la spedizione friburghese si infittisce. E arrivano i gruppi organizzati, comprensivi di due pezze, “Fribourg Fans”, affiancato da “GG’95” (che sta per “Generation Grenat”) del Metz, la squadra di calcio francese della Lorena. Ignoravo l’amicizia tra queste due realtà di paesi e sport diversi (fra l’altro neanche molto vicine in termini di chilometri), ma il movimento ultras non è nuovo a situazioni del genere. Certo che per i Francesi sarebbe stato il colmo farsi 550 km di sola andata per passare una giornata coi gemellati e non arrivare neanche alla partita. Nel settore non si arriva a neanche 150 unità, il che vuol dire che una buona metà degli ospiti non ha raggiunto la destinazione finale. Probabilmente anche qualche striscione avrà subito la stessa sorte.
Vedendoli come prima volta, e valutando che non sono arrivati tutti quanti, posso dire che gli ospiti hanno cambiato il volto della partita sugli spalti. Pur giovanissimi, sanno il fatto loro, e, oltre a tifare costantemente, qualche volta li riesco a sentire in maniera limpida. Affare non scontato, visto che mi trovo, come di consueto, più vicino alla Curva Nord, e che i bianconeri ce la mettono davvero tutta per spingere il dischetto in rete coi loro cori. Ma niente da fare, quando non va non va. Anzi, al minuto 46 è Pouliot che, su respinta dell’ottimo portiere luganese Merzlikins, riporta in vantaggio i biancoblu. Il Lugano potrebbe approfittare della successiva superiorità numerica, ma niente fa fare. Il pubblico è abbacchiato, la Nord continua a cantare come niente fosse. In campo saltano gli schemi e ci sono occasioni da una parte e dall’altra, anche se, a dire la verità, sono gli ospiti a sciupare di più. I tifosi del Friburgo sono gasati, sventolano e cantano senza sosta, anche se non sempre li riesco a sentire in maniera nitida.
Gli ultimi secondi sono infuocati: il Lugano ha una nuova superiorità numerica e poco tempo per sfruttarla. La Resega si fa sentire, l’ambiente diventa incandescente. Il Lugano ci prova ma sbatte contro la barriera difensiva del Friburgo che, allo scoccare dell’ultima sirena, può festeggiare con i suoi estatici tifosi, che oggi hanno già vinto per il solo fatto di essere riusciti a sconfiggere la malasorte, arrivare in tempo per vedere la rete decisiva e festeggiare con i propri giocatori. Va detto, ad onor del vero, che anche il Lugano esce a testa alta, e incassa l’applauso della propria curva, nonostante la quarta sconfitta di fila. Se si gioca alla pari con una delle squadre favorite ad entrare almeno tra le prime quattro, è lecito attendersi tempi migliori.
Stefano Severi.