Una volta tanto che gli impegni familiari non mi tengono legato come al solito, decido di sobbarcarmi qualche chilometro in più e sconfinare fino in Toscana. Si gioca Pisa-Termoli di Coppa Italia maggiore, mi spinge la curiosità di vedere all’opera i termolesi una vita dopo rispetto a quando li incrociai come militante, perché da quegli anni li vedo notevolmente cresciuti sotto il profilo ultras.
Meno motivi sono quelli offertimi dai nerazzurri di casa, non già perché loro siano meno interessanti, ma perché per me sono una certezza assoluta e assodata nel tempo, di cui non mi servono conferme per appurarne l’indiscutibile valore. Tra gli altri, e non meno importante, è l’amicizia e la possibilità di rivedere il buon Valerio a farmi decidere definitivamente per questa trasferta.

Come mia buona tradizione, riesco a mandare all’aria quel minimo di organizzazione pianificata degli spostamenti, un po’ anche per inconscia refrattarietà alla precisione, conseguente ad una settimana in cui, tra il mio lavoro e quello per la rivista, ogni attimo delle mie giornate è scandito da appuntamenti e scadenze. Perso il primo dei quattro Regionali che mi avrebbero dovuto portare fino a Pisa, saltata dunque tutta la serie di coincidenze, prendo la macchina e mi accingo a cavalcare la dorsale degli Appenini. Alla fine meglio così, anche perché, in tal modo, oltre alla maggiore indipendenza nei movimenti, potrò anche tornare a casa con un certo anticipo. Senza contare le bestemmie a Trenitalia e a Moretti che mi sono risparmiato, anche se qualcuna, in via preventiva, gliel’ho dedicata lo stesso e a prescindere già quando guardavo gli orari e la tipologia dei treni che avrei dovuto prendere (o che sarei stato costretto a prendere, in certi casi).

Con la maggiore mobilità offertami dall’auto, decido di allungarmi fino a Livorno ed incontrarmi con Valerio direttamente sul suo territorio. Allergici al delirio della costa e dei bagnanti della domenica, ci spostiamo in collina. Immancabile mangiata di pesce, un baccalà alla livornese per sostegno alla tipicità, il tutto spruzzato da buon vino e tante chiacchiere sulla passione comune per il mondo ultras.
Ci spostiamo quindi a Pisa con un certo margine di anticipo sul calcio d’inizio, con tutto il tempo (e lo spazio) a disposizione per parcheggiare e permetterci un giro in Piazza dei Miracoli, mischiati alla folla di turisti, intenti a fotografarsi con la famosa torre pendente nelle più stupide pose possibili. C’è chi finge di mantenerla sulla schiena, chi la stringe tra pollice e indice, ecc. Noi invece preferiamo passare velocemente e andare verso “la strada in cui passò il corteo di quella famosa fototifo”, “il bar da cui i pisani sferrarono l’attacco a quell’altra tifoseria”, ecc. Sì, siamo malati: di quella “malattia che non va più via” ma che non ci fa resistere lontano da lei, come dice qualcuno su base musicale dei Beach Boys.

È ora, guadagniamo l’ingresso (qui niente accredito, c’è una lista alla porta), la pettorina e siamo in campo. Già passando dalla tribuna, per entrare in campo, avevamo visto un po’ di ragazzi con la sciarpa giallorossa e quindi captato che i termolesi sarebbero stati fatti accomodare in quello stesso settore. Messo poi piede in campo, la prima (relativa) delusione: la curva nord, il tempio del tifo pisano, dedicata alla memoria del compianto Maurizio Alberti, è chiusa al pubblico. Alla fine non tutti i mali vengono per nuocere, visto che con le due tifoserie al fresco della tribuna, il tifo canoro ne guadagna senza dubbio in continuità e resistenza. Peccato solo che scattare in quella posizione, con il sole che filtra da dietro il settore e che sottoespone i soggetti in primo piano, è un po’ scomodo per noi, ma poco male, si scatta a raffica e qualcosa di buono dovrà pur venire fuori.

L’unico settore aperto è dunque la tribuna, dove i nerazzurri si sistemano nella sua parte centrale, mentre i termolesi sono nella parte alta alla nostra estrema sinistra. A separare le due fazioni solo il buonsenso, ma il clima è disteso e cordiale, per cui non ci sono rischi.

A beneficio di quanti ancora si impuntano alla superata domanda “tesserati?”, sottolineiamo l’ovvio, ossia che in Serie D, laddove milita il Termoli, non vi è l’obbligo della tessera e di conseguenza nemmeno oggi le autorità potevano esigerla.

Numericamente, i molisani sono forse qualcosa in meno delle 50 unità. Un pullman non proprio pienissimo direi. Certi discorsi lasciano comunque il tempo che trovano, dato che i giallorossi puntano tutto sulla qualità, non indugiando e partendo subito a spron battuto per tifare. Non hanno un qualche striscione rappresentativo, a parte “Kaos Korps” che è sistemato più defilato, ma tanti piccoli drappi in stile inglese con le diciture e i soggetti più vari, da uno con un volto di un ragazzo che immagino essere Marco Guida, l’ultras a cui è intitolata la loro Curva, finendo con un altro molto simpatico che ricalca il logo della birra Peroni ma, al posto del nome della stessa, vi è quello della loro squadra.

Già nelle primissime battute, sfoderano una bella sciarpata sulle note di “Gente di mare” di Umberto Tozzi e Raf, mentre con una piccola coriandolata salutano l’ingresso in campo della propria squadra, colore poi rafforzato, nel resto della gara, da un paio di bandieroni. I pisani, invece, se la prendono un po’ più comoda e solo a stretto ridosso del fischio d’inizio montano lo striscione “Mau Ovunque” affiancato da “No alla tessera”. Colore tutto compreso tra due bandieroni, uno degli “Sconvolts” ed uno dei “Rangers”, e alcune bandierine con la croce armena. Per loro la partita inizia senza nulla di rilevante dal punto di vista coreografico, solo tante braccia al cielo e rabbia contro la tessera del tifoso, che i rivali odierni sottolineano con un applauso.
Tra cori a sostegno delle rispettive squadre, qualche pensierino ai propri nemici, da quelli propriamente detti a quelli più oscuri che vestono la divisa o alla stessa repressione, le due tifoserie si rendono protagoniste di un primo tempo di assoluto livello.
Dal ricordo che ho (sinceramente, devo ammettere, non ottimo), vedendoli a distanza in questi ultimi tempi, sono arrivato a questo appuntamento aspettandomi una netta crescita da parte termolese. Non per ruffianeria ma con la stessa sincerità con cui ho detto che in passato non mi entusiasmavano, la loro prestazione odierna è davvero di altissimo livello. Continuità impressionante, nonostante il caldo disumano di questa giornata estiva, più che ottimi in potenza considerato il numero non elevatissimo e una varietà dei cori che non li rende mai noiosi da ascoltare. Bravi, sinceramente ed indiscutibilmente bravi.
Non da meno sono anche contento di quanto messo in mostra dai pisani, sì molto essenziali ed asciutti nel colore e nello stile, ma non nascondo che avevo anche temuto potessero snobbare l’evento o l’avversario di così poco fascino per loro abituati a ben altri palcoscenici. Eppure, nonostante le motivazioni diametralmente opposte rispetto ai termolesi, i pisani si mettono a testa bassa e, con molta umiltà, si approcciano alla sfida e al tifo come se stessero giocando una gara di campionato contro un avversario di pari rango e meritevole di uguale rispetto. Certo in teoria questa dovrebbe essere la regola, sempre e contro chiunque, ma nella pratica lo sappiamo tutti che non è così.

In campo il divario è netto, direi pure abissale, tanto che il Pisa riesce a domare l’avversario pur senza strafare, trovando il vantaggio a pochi minuti dalla fine del primo tempo e non rischiando mai tantissimo nemmeno quando i giallorossi si buttano avanti con molta buona volontà, ma con pochissimo frutto.

Sugli spalti, entrambe le fazioni proseguono con lo stesso spirito di sacrificio della prima parte di gara, anche se, tra primo e secondo tempo ci hanno messo un po’ a ricompattarsi, per recuperare giustamente fiato e qualche liquido al bar. Per quanto gli ospiti non mollino per nulla la presa, però è chiaro che cominciano a subire evidentemente i segni del caldo ed anche della stanchezza per il lungo viaggio. Certo anche i padroni di casa subiscono una leggera flessione, ma con i maggiori numeri a disposizione, riescono ad assorbire meglio il colpo e viene fuori un po’ di differenza in decibel con i giallorossi.

Gli stessi termolesi continuano però imperterriti per la propria strada, alzando spesso e volentieri le mani al cielo, intonando canzoni d’amore per la propria squadra e per il proprio ideale e sfoderando un’altra sciarpata, a cui partecipano larga parte dei presenti, rendendola molto bella a vedersi in tempi in cui nel mondo ultras, per gli occhi, è rimasto davvero poco.

Da par loro, i toscani inaugurano una sorta di piccola fiera dello striscione, piccola anche per le dimensioni degli stessi. Alcuni di questi hanno anche un certo retrogusto politico, anche se la connotazione ideologica dei pisani è nota e non è certo una novità, d’altronde già gli stessi bandieroni sventolanti ce lo ricordavano, visto che uno reca il volto di Che Guevara e l’altro richiama ai colori dell’anti-proibizionismo, tema caro ad una ben precisa parte politica. Il primo di questi striscioni è a sostegno di Marta, da quel che si capisce una militante “No tav”, il secondo alla memoria di Carlo Giuliani di cui, tra non molto, ricorre l’anniversario della scomparsa. Sempre di ricordo tratta il piccolo “11-08-2006 Ciao Scia’” a cui seguono un po’ di cori per lui, per Mau e per tutti i fratelli di Curva scomparsi.
In campo la gara si trascina stancamente, pur spinta dal proprio pubblico che la incita con tutte le ultime forze rimaste, pur con il campo lasciatole da un Pisa che per stanchezza tira i remi in barca e controlla solo d’esperienza, la squadra abruzzese non riesce ad impattare. Finisce con il Pisa che vince di misura, pur senza strafare, con il pubblico di casa appagato da questa prima vittoria in Coppa che vorrà dire derby in quel di Siena, Osservatorii e Questori permettendo, e quello ospite che applaude comunque ai propri ragazzi sì evidentemente e incolmabilmente inferiori, ma che ci hanno messo sul serio tutto l’impegno possibile per ripagare i tifosi dell’incitamento e della lunga trasferta. Altra sciarpata finale termolese, anche se meno uniforme delle due precedenti, con scambio di applausi tra loro e la squadra. Qualche applauso di stima anche verso i pisani, con un paio di cori contro la tessera e la repressione che guadagnano l’applauso di ritorno dai nerazzurri. C’è spazio persino per un temerario, probabilmente un collezionista, che si accosta agli ospiti e riesce ad ottenere in scambio una sciarpa.
Ripongo la macchinetta e faccio gli ultimi metri verso la macchina congedandomi da Valerio, salutandolo e ringraziandolo per la sua solita e grande ospitalità. Non resta che macinare km verso casa, appaiato per un po’ al pullman dei termolesi e pensando a quanto sia bello questo calcio, con i tifosi liberi di muoversi e di esprimere il proprio essere. Faccio rientro a casa poco prima dell’una, stanco ma felice e pieno di buoni auspici: certe giornate di ottimo tifo mi riempiono di entusiasmo per l’anno che viene, non resta che sperare che sia un buon auspicio e non solo un sogno di un caldo pomeriggio di piena estate.

Matteo Falcone.