C’era una volta Roma-Napoli. Sfida dalle mille sfaccettature, contraddistinta da uno storico gemellaggio prima e da un radicale odio poi. Colore, passione, violenza e storie che s’intrecciano. Lo chiamavano il Derby del Sud o il Derby del Sole. Il mio primo ricordo legato a questa sfida è datato 1996-1997. I giallorossi allenati dal tutt’altro che indimenticato Carlos Bianchi (quello “pelato che la Roma c’ha rovinato” come musicava ai tempi l’Olimpico) ebbero la meglio grazie ad un gol nel finale di Aldair sui partenopei, allora guidati da Gigi Simoni. Erano sicuramente altri tempi, senza divieti, senza perbenismo becero e latente dei media e con più rilassatezza nei nostri stadi.

Quello a cui assistiamo oggi pertanto non è che il surrogato di una delle sfide più belle d’Italia. Restrizioni, tessera del tifoso, divieti di vendita per i residenti di questa o di quell’altra regione hanno ovviamente distrutto questa partita e così mi scuso sin da ora se non sarò trionfalista nel commento. Ma per me Roma-Napoli era un’altra cosa. Ci si preoccupava e si parlava con sorpresa della possibile presenza di oltre 5.000 napoletani all’Olimpico. Si ha memoria corta, o forse si vuole a tutti i costi cancellare quella che sarebbe la normalità delle cose in un paese altrettanto normale e civile. Roma prima e Napoli secondo. Vogliamo giocare questa partita indietro di qualche anno? Penso che i presenti avrebbero doppiato l’attuale capienza dello stadio romano. Sia su sponda giallorossa che su quella azzurra. Ci si preoccupa per 5.000 napoletani? Allora i nostri padri che ne vedevano arrivare minimo 15.000 a volta, riempiendo spesso l’intera Curva Nord, cosa dovevano leggere sui giornali? I bollettini di guerra simil Radio Londra? Onestamente ho il voltastomaco ogni qualvolta si avvicinano questo genere di partite. È un evento di plastica, monco dei suoi principali attori. Un po’ come se volessimo recitare la Turandot senza la Principessa che ne è la protagonista. La fiera dell’assurdo. Ma a molti piace così, ed ormai ci hanno talmente fatto il lavaggio del cervello con il loro proibizionismo che spesso i primi a spingere per vietare l’accesso allo stadio dei tifosi ospiti sono propri i tifosi di casa. Quando un giorno, speriamo vicino, questo calcio imploderà su se stesso portandosi dietro la montagna di letame che ha eretto negli ultimi 20 anni, probabilmente ci sarà solo da esultare. “Dai diamanti (delle televisioni e della repressione) non nasce niente, dal letame nascono i fior”. E allora che ben venga questo fallimento pallonaro. Che si porti via l’Osservatorio, la Lega, la FIGC, la UEFA, le televisioni ed i tifosi lobotomizzati.

Roma-Napoli è per me uguale ad un qualsiasi Roma-Chievo. Si comincia. Lo stadio presenta un buon pubblico e nel settore ospiti sono circa 4.000 i presenti. Tra loro non ci sono i gruppi i quali non hanno sottoscritto né tessera del tifoso né la carta Fan Away. Si mettono in mostra accendendo qualche torcia che scambiano gentilmente con la vicina Curva Nord e cantando di tanto in tanto. Il pubblico romanista, visto il campionato esaltante disputato dalla propria squadra sin qui, è ovviamente su di giri. La Sud offre una bella sbandierata e qualche torcia accesa all’ingresso in campo e durante la partita, mentre il tifo si mantiene su buoni livelli durante tutti i 90’.
Molti gli striscioni esposti. Si comincia con un messaggio chiaro e forte a tutto l’ambiente: “C’eravamo, ci siamo e ci saremo sempre: vittoria o sconfitta mai schiavi del risultato”, a rafforzare un concetto già espresso nella passata stagione. C’è spazio poi per un pensiero sulla nuova moda del momento, la chiusura delle curve per discriminazione territoriale: “Negate i biglietti a tifosi della stessa città o regione e poi parlate di discriminazione? Buffoni!”. Semplice sintesi di come funzioni in Italia in tema di trattamento dei tifosi e dei loro diritti. Infine anche un frecciatina nei confronti di juventini, milanisti ed interisti ospiti in settimana della televisione Sportitalia in seguito alla chiusura delle proprie curve: “Girate scortati per l’Italia, lo sappiamo che siete VIP… non serviva Sportitalia!”. Anche il gruppo posizionato in Nord offre una buona prestazione di tifo, beccandosi spesso con i vicini dirimpettai partenopei e punzecchiando gli ultras campani con lo striscione: “1+1 e a Roma non viene nessuno”.

In campo la partita risulta spigolosa con la Roma che trova il vantaggio allo scadere del primo tempo grazie ad una magistrale punizione di Pjanic. Il suo gol fa esplodere di gioia l’Olimpico. A tal proposito è curioso sottolineare come l’intero stadio prenda parte ai cori contro i napoletani ma, in settimana, l’unico settore a venir squalificato con la sospensiva sarà la Curva Sud. Questo a chiara dimostrazione di come non ci sia la reale volontà di sanzionare il comportamento nella fattispecie, ma solamente la voglia di indebolire e sfaldare ancor più il movimento ultras italiano. In Italia funziona così, si è decisa la “linea parassitaria”. Piano piano si scava dentro lo stomaco di chi si vuole uccidere, lo si svuota di tutto fino ad arrivargli al cuore ed al cervello. E lo si fa con cautela ed in modo subdolo, facendola sembrare cosa buona e giusta, in maniera da riscuotere successi da parte dell’opinione pubblica attraverso una congrua collusione con i media di regime. Che poi nel secondo tempo ancora Pjanic fissi il risultato sul 2-0 grazie ad un calcio di rigore è solamente un dato da consegnare agli almanacchi. Dove magari nessuno racconterà di un calcio italiano ormai all’ultimo stadio di un tumore che riversa le sue metastasi ovunque. Alla prossima.

Testo di Simone Meloni.
Foto di Sauro Subbiani.