Dal mio modesto punto di vista, “Marassi” ha sempre rappresentato un luogo-culto per il calcio italiano. Oltre ad essere uno dei pochi stadi “all’inglese”, con gli spalti a ridosso del campo, ha sempre ospitato due tifoserie, Genoani e Doriani, da me apprezzate ed ammirate per il modo passionale di seguire le proprie squadre e tifarle anche nei tanti momenti bui e tristi delle loro rispettive storie. Quindi, ogni qual volta si ripresenta l’occasione di farci un giro, non mi faccio pregare due volte.

A proiettarmi verso l’impianto genovese c’è la quarta giornata del campionato di Serie A, che vede contro Sampdoria e Roma. Sfida interessante sotto tutti i punti di vista, con i padroni di casa che ci arrivano dopo un avvio di stagione tutt’altro che esaltante ed i capitolini con la classifica che recita primo posto a punteggio pieno. Come ero solito fare qualche anno fa, per un giorno decido di uscire dalla monotonia quotidiana e partire presto alla volta di Genova, per concedermi un giro della città prima della partita.

Alle 9 sono quindi già a Termini, pronto a salite sull’Intercity che in poco più di quattro ore mi condurrà a destinazione. Il viaggio corre tutto sommato tranquillo e stranamente senza ritardi. Alle 13,30 eccomi alla stazione di Brignole, mi vengono in mente alcuni ricordi legati a questo posto, innanzi tutto la mia prima volta in riva al Mar Ligure, un Sampdoria-Roma di parecchi anni fa, e poi anche il ritorno a dir poco caotico, assieme ad un allora compagno di “partitelle”, da Genoa-Napoli 2007 che sancì il ritorno in Serie A delle due squadre. Insomma, quando girare l’Italia al seguito delle tifoserie era un qualcosa di veramente appagante. A distanza di anni fa un po’ tristezza pensare che oggi mi ritrovo qui da solo e molti di quei compagni di avventure, viaggi e divertimenti sono svaniti nel nulla o hanno totalmente rinnegato le proprie passioni ed il proprio passato. Ma spesso i rapporti umani e gli umani stessi funzionano così, quindi mi tengo stretto ciò che mi piace e che per un giorno mi farà dimenticare tutti gli altri problemi che quotidianamente mi accerchiano.

Uscito dalla stazione mi fermo per fare mente locale, devo resettare il mio cervello per ripescare i ricordi topografici che ho della città. Ok, mi incammino prima in Via XX Settembre e passando per Piazza De Ferrari arrivo al Porto Antico, proprio là “…lungo le calate dei vecchi moli, in quell’aria spessa carica di sale e gonfia di odori…” , come cantava De André, oggi sorge una rinomata zona turistica che gira attorno al celebre Acquario. Francamente, come accade a Roma per zone tipo Colosseo o Piazza Venezia, la presenza di turisti più che di indigeni non mi esalta e l’unico motivo per cui decido di farvi tappa è per rimediare una mappa della città presso il centro informazioni. Adesso posso tranquillamente girare per i vicoletti della città vecchia, degustare ben tre tipi di focaccia e percorrere a piedi, nel giro di sei ore, la bellezza di 15 chilometri (regolarmente calcolati il giorno successivo su Google Maps).

Intorno alle 19, quando chiaramente la stanchezza comincia a farsi sentire, decido di avviarmi verso lo stadio. Manco a dirlo con una bella camminata. Dal Porto Antico la distanza non è poi molta ed in mezz’ora sono in riva al Bisagno e quindi nei pressi del “Ferraris”. Ciò che mi colpisce ogni qual volta metto piede a Genova è l’enorme quantità di bandiere rossoblu e blucerchiate esposte dalle finestre. Da queste parti forse il calcio si vive ancora in maniera minimamente genuina e con spirito di folklore. Il sole sta calando e le luci dello stadio mi indicano la via da seguire, il mio accredito è per il Distinto, in maniera da poter fare tutto il necessario: godermi le due tifoserie e, perché no, la partita in campo. Prima di entrare do uno sguardo agli esterni dello stadio, nonostante i lavori per adeguarlo alle cervellotiche normative vigenti riesco ad intravedere i vecchi accessi e le vecchie barriere le quali, assieme alla miriade di scritte dal contenuto ultras presenti nei paraggi e che il tempo ancora non cancella, mi danno una minima idea di come anni fa, questo gioiellino incastonato tra le case di un quartiere residenziale, dovesse essere un vero e proprio spasso per gli amanti del movimento.

Quando supero il tornello di entrata sono le 20 circa e dopo aver individuato il miglior posto dal quale scattare, mi siedo dando meritato riposo alle mie gambe. Il pubblico affluisce numeroso e qualche minuto prima del calcio d’inizio, la Gradinata Sud si presenta quasi piena, mentre nel settore ospiti si possono contare all’incirca un migliaio di tifosi con la netta suddivisione tra club (nella parte alta) e ultras (nella parte bassa). Complessivamente sugli spalti si registra un buon numero di presenti, considerando il momento no dei blucerchiati ed il turno infrasettimanale. Quando le squadre stanno per fare il loro ingresso in campo, gli ultras genovesi si prodigano in una bella torciata, colorata dallo sventolio di bandiere e bandieroni, e musicata da un bellissimo coro ripreso dalla curva del San Lorenzo. Immediatamente noto come la parte più attiva della Sud sia quella occupata dagli UTC: tutti a petto nudo, non smetteranno mai di cantare spronando l’intero settore. I Fedelissimi non sfigurano certamente, ma anche il loro posizionamento (nella parte più grande della curva e forse occupata anche da molti tifosi più “freddi”) non li aiuta. Nella loro zona, peraltro, da sottolineare la presenza, ormai quasi introvabile negli stadi italiani, di un tamburo. Di contro i Romanisti si fanno notare per battimani molto belli dal punto di vista stilistico e cori potenti scanditi da tutto il settore.

In campo la squadra di Delio Rossi ci prova, ma si nota subito come il reparto offensivo sia davvero povero e nonostante la buona volontà, De Sanctis non sarà quasi mai impegnato, per l’ira dei tifosi che siedono vicino a me. Come successole in questi primi incontri, la Roma disputa una prima frazione di gioco contenendo l’avversario e giocando di rimessa, mostrando grande ordine nella linea difensiva.  Il tifo delle due curve si mantiene buono e per una volta è davvero bello vedere, nella massima divisione, tifoserie con la voglia di cantare. I padroni di casa, inoltre, si mettono in evidenza con una continua accensione di torce ed esplosione di bombe carta. Si arriva all’intervallo sullo 0-0. Pausa panino anche per il sottoscritto.

Nella ripresa le curve ripartono subito forte, ricompattandosi e sostenendo a gran voce Samp e Roma. Tra le due fazioni non c’è grande rivalità ed il tutto si limita solo ad un paio di cori di sfottò (che qualcun altro definirebbe propriamente come discriminatorii). L’incontro cambia quando Benatia, al termine di una pregevole azione personale, batte l’estremo difensore doriano portando in vantaggio la Roma. L’esultanza degli ospiti è di quelle che meritano di essere immortalate, una “cascata” umana che dura qualche minuto. Tuttavia non si scompone la Sud blucerchiata, con gli Ultras Tito che suonano la carica. Ma la formazione di casa è totalmente nel pallone e le soventi sortite offensive di Totti e compagni, alla fine raggiungono l’effetto desiderato, trovando il punto del 2-0 con Gervinho in contropiede. Altra esultanza da brividi nel settore ospiti e fischi dalle tribune, dove in molti abbandonano lo stadio. Gli ultras, che fortunatamente sono fatti di tutt’altra pasta, capiscono che ormai la sconfitta è inevitabile e si esibiscono in una discreta sciarpata rimarcando il fatto che loro “non la lasceranno mai sola”. In particolar modo un coro che mi è sempre piaciuto è quello sulle note di “Io Amo” di Fausto Leali, un vero e proprio attestato di amore incondizionato al di là del risultato. Gli ultras capitolini adesso festeggiano facendosi sentire a gran voce con “La società dei magnaccioni” e “Roma, Roma, Roma”. Dopo le ultime annate disastrose in casa giallorossa sembra essere tornato il sereno e questo non può che esaltare il pubblico romanista, il quale, nonostante le disavventure sportive, non aveva mai fatto mancare il sostegno ai propri colori.

La partita volge al termine ed al triplice fischio ci sono applausi ed ovazioni per la quadra di Garcia, che va a festeggiare sotto il settore, ma applausi ed incoraggiamento anche per la Sampdoria. Rimango ancora un po’ per scattare le ultime foto e poi comincio ad avviarmi verso la stazione. Il treno partirà a mezzanotte, posso quindi prendermela con comodo. Il ritorno è tutt’altro che confortevole, se non altro per il caldo africano che costringe molti passeggeri a denudarsi benché fuori ci siano meno di venti gradi. Così, quando al di fuori del finestrino vedo passare la stazione di Ladispoli, tiro un sospiro di sollievo, l’arrivo è vicino. Alle 5,30 sono ad Ostiense ed in poco meno di un’ora a casa dove, dopo una doccia, crollo letteralmente sotto le coperte per concedermi qualche ora di sonno prima di andare a lavorare. Stanco ma soddisfatto della giornata passata.

Simone Meloni.