Per gli appassionati del tifo cestistico è uno di quegli eventi da non perdere. La gara tra Avellino e Roma dallo scorso anno, infatti, è diventata una delle più calde ed attese da chi, oltre a guardare i risultati che maturano sul parquet, non disdegna di dare un’occhiata all’ambiente circostante. In funzione di essa mi organizzo quindi una giornatina in Campania che prevede prima un salto al “San Paolo” di Napoli dove gli “azzurri” ospitano il Torino, per poi inoltrarmi all’interno della regione alla volta dell’Irpinia.

La giornata comincia, manco a dirlo, quando il sole non è ancora sorto. Autobus notturno e treno per il capoluogo partenopeo. Alla Stazione Centrale una vecchia conoscenza delle “partitelle” mi attende, è il buon Sascha da Zwickau. Dopo aver scambiato le consuete chiacchiere ci avviamo verso lo stadio dove alle 12,30 inizierà la partita tra napoletani e granata. Terminata la stessa è tempo di fare marcia indietro. Essendo ancora presto per lasciare Napoli optiamo per un giro ed intorno alle 17 le nostre strade si separano: il ragazzo germanico riparte per Roma per fare il proprio ritorno a casa ed io mi dirigo verso la stazione degli autobus, da dove con un torpedone dell’AIR raggiungo in poco più di un’ora Avellino. Sono le 19,30 e a differenza dello scorso anno, quando per la prima volta misi piede al “PalaDelMauro” contro Reggio Emilia, stavolta non sbaglio strada ed arrivo agevolmente a destinazione.

Anche qui non sono solo, il magico mondo di Sport People mi fa incontrare con il mitico Emilio Celotto. Inutile dire che i 45 minuti trascorsi all’esterno degli spalti sono basati su una sana chiacchierata ultras, rivangando vecchi gruppi dell’hinterland napoletano e fantasticando su come sarebbe bello rivedere derby del calibro di Nocerina-Paganese a porte aperte e senza divieti. Alle nostre spalle inoltre non c’è uno stadio qualunque, il “Partenio” infatti ha visto mille battaglie dei “Lupi”, dalla Serie A alla C, passando per le svariate promozioni in B e agli storici spareggi con il Napoli. Insomma, siamo nel cuore dell’Avellino sportiva. Quando manca un quarto d’ora alla palla a due ecco arrivare i pullman degli ultras capitolini, un imponente schieramento di polizia li attende e ciononostante si registra qualche scaramuccia tra le opposte fazioni, riportata alla calma non senza difficoltà dagli agenti presenti.

È ora di entrare, saluto l’amico pompeiano e m’inoltro in Tribuna. Il clima è già incandescente all’interno del palazzo, anche se nelle rispettive curve si nota ancora la mancanza della componente ultras. La gara è iniziata e dopo qualche minuto ecco sbucare dal boccaporto della curva avellinese i ragazzi degli Original Fans, che si mettono in mostra per l’accensione di una torcia con conseguente fumo che per qualche minuto crea una bella nebbiolina davanti al proprio settore.

Nello spazio riservato agli ospiti steward e polizia si danno un gran daffare, sembra non sappiano come far entrare i Romani. Finalmente a metà primo quarto ecco il loro ingresso, tutti a petto nudo saltano e gesticolando nei confronti dei dirimpettai. Sembrano tarantolati, innegabile che si tratti di un’entrata che fa effetto. Dopo aver sistemato le pezze di ROMA MCMLX e Gioventù cominciano subito a tifare. Battimani, cori a rispondere e tanto movimento. Molto belli da vedere. I padroni di casa non sono certo da meno ed il loro sostegno si mette in evidenza grazie alla continuità, al colore ed al calore. Molti i bandieroni, tra cui spicca quello con la scritta Sud Italia a rimarcare il senso di appartenenza alla propria terra ed alle proprie tradizioni. Tutto quello che oggi vorrebbero toglierci, additandolo come “discriminazione territoriale” o becero razzismo. Gli insulti tra le due tifoserie si sprecano e l’aria di tensione che avvolge gli spalti è un qualcosa che mi fa davvero essere contento di essermi alzato alle quattro. Una sensazione che ormai siamo abituati a provare con il contagocce all’interno dei nostri stadi e dei nostri palazzetti.

Polizia e carabinieri marcano a uomo i tifosi ospiti, mentre in campo la Virtus Roma dapprima si porta in vantaggio facendosi poi recuperare, regalando il vantaggio alla Scandone sul finire di secondo quarto, per la gioia incontenibile del pubblico irpino. L’intervallo serve anche al sottoscritto per risistemare le idee e mettere a caricare la batteria del cellulare, ormai arrivata agli ultimi istanti di vita.

Passano in fretta i quindici minuti di break e le danze si riaprono come si erano chiuse. Avellinesi contro Romani, senza tanti complimenti. La serata è di quelle giuste per chi come me ama le curve ed il movimento ultras. Siamo pur sempre nel basket dove, rispetto al calcio, è innegabile che tutto sia sempre più ridimensionato. Eppure posso tranquillamente dire che stasera al “PalaDelMauro” non si è quasi mai scesi sotto il livello di un qualunque evento di livello del pallone moderno.

Anche i secondi 20’ fanno registrare un tifo costante da ambo le parti, con i biancoverdi che si mettono in mostra con una bella sciarpata, molto simile a quelle in voga nella curva avellinese di calcio, con le sciarpe tirate su e subito riportate giù. C’è da dire che la partecipazione del pubblico normale è a tratti coinvolgente, e se i capitolini riescono a farsi sentire è solo grazie alla loro prova maiuscola.

Nel finale la gara si fa a dir poco tesa, con i due quintetti che si contendono la posta in palio punto a punto. Alla fine è la Scandone a spuntarla per la gioia degli Original Fans e la rabbia dei romani, stati d’animo che si trasformano in breve tempo in lancio di oggetti tra settore ospiti e curva adiacente. Basterebbero probabilmente al massimo un paio di spinte per calmare il tutto, ma gli agenti pensano bene di impugnare manganelli e scudi caricando selvaggiamente i giallorossi. Un qualcosa di pericolosissimo, vista e considerata la conformazione del settore ospiti, piccolo e stretto, ed il concreto rischio di schiacciare decine di persone addosso alle recinzioni. Scene che purtroppo mettono per l’ennesima volta in evidenza la poca preparazione, oltre che il poco buon senso, di chi in teoria dovrebbe gestire l’ordine pubblico. Se non fossimo in un clima di caccia alle streghe, dove anche un respiro sbagliato dei tifosi è punibile con Daspo e divieto di trasferta, probabilmente qualcuno riuscirebbe anche a commentare obiettivamente questo genere di comportamento. Chiaramente voluto ed osteggiato dalle alte cariche.

Potremmo star qui a dire e scrivere concetti che ormai ci portiamo dietro da anni ma, in un paese dove sistematicamente ragazzi (e non) vengono brutalmente picchiati e spesso uccisi da chi indossa la divisa, sembra ormai superfluo ribadirli. Sinché opinione pubblica e media, veri padroni di questo paese, altro che “cani da guardia della democrazia”, renderanno possibile queste barbarie bisognerà sempre avere mille occhi e temere il peggio quando si ha di fronte chi viene regolarmente stipendiato dalle nostre tasse e dai nostri, spesso umili e frustranti, lavori. Rimane la viltà e la poca ragione nell’aggredire ragazzi che tirano una bottiglietta armati di manganello, scudi e divisa. Per qualcuno è il gioco delle parti. Per me è terzo mondo e basta.

Il pubblico sfolla lentamente, il soggiorno dei Romani nel settore ospiti non è ancora finito e si prolungherà per un’altra mezz’ora. Evidentemente in Italia si è vietato, represso e chiuso impianti sportivi per talmente tanti anni che non si è più abituati a gestire neanche un centinaio di persone. Bisognerebbe rivedere il tutto ed affrontare il mondo del tifo per quello che è: divertimento ed amicizia nella maggior parte dei casi. Poi se ci sono degli eccessi, come succede del resto nella vita di tutti i giorni, si possono anche punire. Ma a memoria non ricordo nessuno che per aver buttato una sigaretta per terra è stato massacrato di botte da un vigile urbano o da un agente di polizia. Il paragone penso sia pertinente visto lo sproporzionato rapporto tra fatti e reazione.

Questo ovviamente nel nostro paese, come purtroppo nella maggior parte di quello che molti chiamano continente “Culla della civiltà”, spesso non vale solo per tifosi o manifestanti. E se tutti ci rendessimo conto del grado di violenza che la società ci spara dentro quotidianamente (quella vera, altro che una torcia lanciata in campo o uno schiaffone che vola tra tifosi) forse riusciremmo a ragionare con più lucidità e meno buonismo.

Lascio così Avellino con la soddisfazione di aver assistito ad una partita bella, emozionante e piena di contenuti dal punto di vista ultras, ma d’altro canto anche con la consapevolezza che io oggi la vera paura, quella difficilmente tamponabile, la provo quando vengo fermato in macchina da una pattuglia, quando vengo perquisito allo stadio o anche solo quando sento alcuni discorsi sul controllo sociale a cui siamo quotidianamente sottoposti. Non siamo liberi. Spero che di questo se ne siano resi conti anche i più intransigenti. O presunti tali.

Simone Meloni.