Non c’è spazio per annoiarsi nel mondo del calcio. Stanno via via scemando negli ultimi giorni le polemiche relative alla creazione della SuperLega, quando un nuovo boccone indigesto sta per venire servito sulle tavole dei tifosi. E di boccone, ahimè, questa volta davvero si tratta, visto come è stato soprannominata l’ennesimo parto mal riuscito: calcio spezzatino.

Ebbene sì, ci hanno provato sin da subito, già dai tempi di Telepiù, a spalmare il più possibile le partite. Immediata l’insurrezione dei tifosi, che ammisero che si potessero modificare gli orari, ma solo per un limitato numero di partite: almeno i primi tempi, era fortunatamente tutto fermo ad un paio di anticipi il sabato ed un posticipo, la domenica sera.

Invece, sembra proprio che ora l’opera sia ora prossima ad esser completata: orari diversi dal sabato al lunedì, per una sfasatura totale per la quale non ci saranno più partite in contemporanea. L’obiettivo è quello di consentire la visione di tutta la serie A al completo, senza mettere in crisi la piattaforma di streaming che s’è aggiudicata i diritti, che già lo scorso anno ha avuto non poche difficoltà a gestire il sovraccarico di utenti collegati sui propri server. Pazienza poi per chi si deve accollare il costo di più abbonamenti, per poter vedere anche solo la partita della propria squadra dal divano di casa.

La proposta, prima attribuita appunto alle esigenze del nuovo avente diritti (televisivi), sembra ora altrettanto sostenuta da alcuni club, che nello stesso tempo però chiedono anche un incremento di introiti, prima di votare a favore di questo scellerato cambio programma. Non risulta per niente nuovo insomma l’abbinamento “ti voto, mi paghi”.

Con buona pace di chi è il vero motore del calcio, i tifosi che assiepano gli spalti.

Appena spento l’eco dei potenti del calcio che si opponevano alla Superlega dicevamo, che in quell’occasione fingevano interesse verso i tifosi, che, a loro dire, la neonata competizione avrebbe tradito, ed ecco l’immediato voltafaccia. Sembra che a nessuno, a distanza di poche settimane, interessi già più nulla del parere dei tifosi e del rispetto verso di loro.

Non avendo argomenti seri da mettere sul tavolo per giustificare l’ennesimo scempio al gioco più bello del mondo, si tirano in ballo, come sempre, gli altri campionati europei.

In Spagna, ad esempio, non sono previste contemporaneità fra le partite di campionato, eccezione fatta per i turni infrasettimanali e le ultime due giornate. Ma qui, almeno il lunedì sera non è previsto nessun incontro (però non ditelo nessuno).

In Germania, il campionato inizia il venerdì sera, prosegue il sabato e termina la domenica. C’era anche un match previsto per il lunedì sera, ma le forti proteste dei tifosi sono state davvero prese in considerazione, eliminando, almeno, questo abominio.

In Francia la prima partita della giornata di campionato inizia il venerdì sera, ma la maggioranza delle restanti partite si disputa la domenica. Almeno questo fino alla scorsa stagione.

In Inghilterra invece, dove il tifoso è già da qualche tempo considerato un cliente facoltoso, si inizia il sabato alle 12.30 (!) per concludere con il monday match.

E in Italia quindi? Come sempre, si prende ad esempio il peggio di quanto viene fatto negli altri paesi, calpestando a piè pari le tradizioni nazionali.

I tifosi invece? Come solito nessuna voce si leva a difesa. Dai tempi delle proteste per i tornelli, che assimilavano lo stadio ad una base militare, passando per i biglietti nominali, al divieto di vendere tagliandi il giorno della partita e alla tessera del tifoso, sembra che l’obiettivo rimanga quello di allontanare le famiglie dagli spalti.

Dispiace, perché nessun insegnamento è stato recepito nemmeno dall’ultima stagione, dove con gli stadi desolatamente vuoti per cause che conosciamo bene, persino il prodotto televisivo ha perso di interesse. Di certo non il fascino, perché di fascino per una partita vista in televisione non si può nemmeno parlare.

Luigi Cantini