Mentre vado in stazione a prendere il FrecciaRossa che mi porterà a Torino, arriva il messaggio fatale, dalle cinque parole inequivocabili: “Ci Scusiamo Per Il Disagio”. In pratica, nella zona di Milano c’è un guasto alla linea, e i treni hanno ritardi anche di due ore. Cominciamo bene
Per la cronaca, il mio è uno di questi, il ritardo alla fine sarà anche superiore ai 120 minuti, ma che dire? Toro-Juve era uno dei tanti derby che volevo vedere da una vita, e la certezza che alla fine sì, dopo una lunga odissea riuscirò nell’impresa, è l’esito migliore di tutti.
Fa freddo, freddissimo sotto la Mole: e giocare alle 18, quando cioè il sole è già sceso da mo’, non aiuta. Lo stadio si presenta pieno praticamente in ogni ordine di posto, forse solo la Curva Primavera ha qualche buco vuoto, ma solo nelle posizioni dove vedere qualcosa è pressoché impossibile.
La Maratona si presenta con un grande striscione (“Solo per la Maglia”) e senza pezze, perché la contestazione ad oltranza continua, sia contro il presidente, che contro la repressione che da diversi anni (e anche in tempi recentissimi) sta colpendo una curva storica come quella torinista. A proposito di repressione, in Primavera i “Torino Hooligans” ritornati da qualche tempo in pista dopo un’ondata di diffide che li aveva di fatto azzerati, portano la loro pezza (TH) con al suo fianco anche quella di un gruppo della Fiorentina. Perché questa partita è un derby non solo per i granata.
Capitolo ospiti: come da tradizione, sono anche nei distinti. Molto originali i due grandi striscioni (“Storicamente Noi” e “Identità”) che assieme ad altri nel pieno superiore, consolidano il legame di Torino coi colori bianconeri. O meglio: lanciano un guanto di sfida in tal senso ai rivali. E una domanda a tutti i forestieri: ma Torino è più granata o bianconera? Risposte e spiegazioni offrono immancabilmente il fianco a polemiche e rivendicazioni immancabili.
Lo speaker nel pre-partita fa di tutto per accendere la sfida fin dai minuti antecedenti il fischio d’inizio: prima parte Gigi Dag, col pubblico di fede granata che si lancia nel famoso coro di sfottò per le tante finali europee perse dai rivali (“Co-come mai, la Champions League…” e via dicendo). Poi tocca allo speaker stesso, che almeno un paio di volte ci tiene a rimarcare che: “Torino è stata e resterà granata”.
E sul campo, questo clima da guerra civile si traduce subito in un scontro di gioco violento e acceso, proprio di fianco alle panchine, che per poco non fa scoppiare una mega rissa. Il preludio di quello che avverrà nel secondo tempo tra Motta e Vanoli, portando all’espulsione di entrambi. “Oh, un inizio così di un derby non lo vedevo da anni…” dice un collega affianco a me.
Sul piano canoro partono forte tutte e…tre le curve: la Maratona, la Primavera e il Settore Ospiti. Si capisce però che nella curva principale di casa, pur col derby, c’è altro a cui pensare: e cioè la recente nuova valanga di diffide, relative al derby d’andata oltre ad altri eventi più recenti. E così, alla fine del primo tempo, ecco il nucleo più caldo del tifo torinista uscire dall’impianto per rincarare la protesta. Per non tornare più indietro.
Qui si capisce l’importanza del tifo organizzato: senza la guida degli ultras, la Maratona non è la stessa. Solo la Primavera prova a tenere viva la contesa canora; sul fronte degli juventini invece, sventolio di bandiere continuo, e tifo che si fa sentire spesso e volentieri. Ma che forse avrebbe potuto avere più costanza.
Alla fine è pareggio, che delude un po’ tutti: soprattutto i bianconeri, che alla fine contestano anche i propri giocatori. Per quelli di casa qualche timido applauso, con la sensazione però che con una Juve in queste condizioni, si poteva anche fare il colpaccio. Poi ecco la conclusione coi classici cori contro Cairo, diventati famosi in tutta Italia.
Insomma che dire? Il derby della Mole ha sempre il suo fascino, ma gli anni d’oro sembrano per tanti e diversi motivi alle spalle. La speranza è prima o poi di rivedere al degno posto quella sfida che valeva piazzamenti europei e scudetti, con tutte le tifoserie sugli spalti; ma in un calcio sempre più repressivo e con proprietà che agiscono spesso contro la propria tifoseria, c’è anche la certezza che questo, sta diventando sempre più un sogno proibito. Se non impossibile.
Testo e foto di Stefano Brunetti