Cominciamo con il dire l’essenziale: chi stabilisce gli orari della Coppa Italia è evidentemente un tossicodipendente. Ma di quelli cronici. Roba di krokodil insomma, la droga sintetica lanciata dalle lontane e fredde campagne russe e giunta da poco tempo in Italia. La krokodil dà al suo utilizzatore un’aspettativa di vita che si aggira attorno ai due anni, divorandone letteralmente i tessuti corporei laddove viene iniettata. Pertanto ho quasi la certezza che tra i suoi estimatori ci siano gli stessi che dispongono di far giocare una partita alle 16 di un giorno feriale qualsiasi. Va bene la disoccupazione, ma da là a credere che nessuno lavori in quell’orario ce ne vuole. E invece, incredibile ma vero, si gioca.
Inutile dire che avvicinandomi all’Olimpico di pubblico ne noto ben poco. La Lazio ha provato in tutti i modi a favorire un afflusso quanto meno decente, abbassando i prezzi (curve a 5 Euro, tribune a 10) ma attirare allo stadio più di mille persone era quasi impossibile, anche regalando i tagliandi. Così degli spalti praticamente deserti fanno da proscenio a questo quarto turno di Coppa Italia, competizione definita a ragione “degli ultras”, visto che praticamente oggi, senza di loro, sarebbe stato come giocare a porte chiuse. E’ sempre la solita storia, si fa tanto vociferare per eliminarli e depotenziarli (a detta dei media, come se davvero i gruppi organizzati godano ancora di quel potere di cui forse potevano disporre fino a un ventennio fa) ma di fatto in occasioni come queste sono sempre loro a portare avanti la baracca dando al pallone quel minimo di senso che ancora conserva.
Lazio-Varese è una sfida che rimanda la memoria calcistica agli anni ’70 e ’80, vale a dire quando i prealpini militavano in Serie A (facendo peraltro esordire un certo Roberto Bettega) e quando, successivamente, i romani affrontarono il campionato cadetto. Attualmente le società hanno obiettivi ben diversi, con i biancocelesti impegnati nella lotta per un posto in Europa e i lombardi alla ricerca della salvezza in Serie B. Partite come questo avrebbe bisogno di ben altra collocazione. E non parlo solo di orario. E’ un qualcosa di immondo che la formula della Coppa Italia faccia giocare una gara unica in cui è sempre la più forte ad avere il favore del campo casalingo. Almeno fino a qualche anno fa c’era un’andata e un ritorno che lasciava un po’ di spazio all’immaginazione, ma oggi il risultato è scontato al 97%. L’optimum, secondo me, sarebbe far giocare in casa la più debole. Solo così si andrebbe incontro a sorprese che darebbero vitalità a una competizione trattata (almeno fino alle semifinali) come il peggiore dei tornei estivi. Ma così facendo sarebbe altrettanto vero che i grandi club vedrebbero vacillare la loro oligarchia, rischiando figuracce (perché, ad esempio, se vai a Varese o Avellino con una squadra di riserve in una partita secca, la figuraccia la rischi anche se sei la Roma, la Juventus o il Napoli).
Sta di fatto che la Curva Nord si raduna nella parte bassa del settore in qualche centinaia di unità, mentre da Varese giunge una presenza più che buona. Sono circa 200 infatti gli ultras biancorossi che si radunano dietro lo striscione da trasferta Curva Nord 1998 mostrando sin da subito molto entusiasmo. Manate, cori a rispondere e buon tifo per tutta la partita. Possono piacere o meno, ma bisogna dire che sono sempre presenti. Almeno a mia memoria da Nord a Sud ricordo sempre la loro pezza e provenendo da un lato estremo del Paese non è cosa da poco. Oggi certamente era un po’ un’occasione di “gala”, trattandosi di una trasferta storica. I varesini non hanno affatto sfigurato, belle manate, cori a rispondere e buon tifo anche quando la loro squadra era sotto per 3-0 e ormai eliminata. Da sottolineare poi lo striscione in ricordo di Gabriele applaudito dal pubblico di casa e i cori contro Livorno a cui si accodano anche gli ultras laziali.
Per quanto riguarda la Nord, a mio modo di vedere la prestazione è più che buona. In casi come questi, dove si è in poche unità è paradossalmente più facile tifare. Molti i cori vecchi riproposti per l’occasione, diverse torce accese, un paio di sciarpate e un trenino simpatico da vedere e significativo quando un padre, con il suo bambino, decide di scendere dalla parte alta della curva per unirsi e far divertire il proprio pargolo. Questo sempre per rientrare nel capitolo “cacciamo gli ultras e riportiamo le famiglie allo stadio”. Tantissimi i cori contro la Roma e altri rivali storici.
Come detto, in campo a passare è la Lazio. Anche se il 3-0 è risultato bugiardo, il Varese nella prima frazione di gioco infatti avrebbe più di un’occasione per portarsi in avanti ma non riesce a sfruttarle e alla fine il maggior tasso tecnico dei capitolini esce fuori proiettando la squadra di Pioli al turno successivo dove affronterà il Torino fuori casa. Un pungente freschetto comincia a calare sull’Olimpico e anche per me è giunta l’ora di tornare verso casa. Ultima appendice di questa giornata è il caos dovuto all’orario di rientro. Che grande idea giocare alle 16 nella città più grande e disordinata d’Italia. Viva le famiglie allo stadio, abbasso gli ultras!
Simone Meloni